Quasi si perde, nel piumino nero che la avvolge col pesante collo di pelliccia. In tasca tiene solo una mano: l’altra le serve per sostenere un libro di una vecchia edizione un po’ rovinata e due buste pesanti che lascia penzolare nell’incavo del gomito. Rilegato, stropicciato, tagliuzzato qua e là sugli angoli, il libro tradisce altre epoche, molta polvere e qualche viaggio, forse non sempre di carattere metropolitano.
La signora, nella massa di viaggiatori in attesa sulla banchina di Termini ha trovato il suo spazio. Quando la metro arriva, neppure ci fa caso. Non bada nemmeno alla scritta che compare sul display, “prossima metro: 1 minuto”, che per la nota legge pendolare dello spostamento delle masse sul primo treno utile, le garantirebbe un percorso più comodo fino a casa. Non appena il mezzo si ferma e le porte si aprono proprio davanti a lei, la lettrice accende i suoi radar pendolari. Per farsi strada nel vagone pieno non le servono gli occhi, quelli restano incollati al libro. Un passo, due passi, la signora è dentro il vagone zeppo, e, mirabile dictu, non ha mai interrotto il suo viaggio con Charley.
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