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Incantesimo di George Cukor. Un dì, quando le Veneri il tempo avrà fugate
Creato il 08 agosto 2011 da SpaceoddityIncantesimo (1938, tit. or. Holiday) racconta, come solo gli Americani, a volte un po' stucchevoli, sanno fare di Johnny Case (Cary Grant). E Johnny è bellissimo, forte e ribelle: sembra fatto per far innamorare tutte le donne. Un giorno, tra una capriola e l'altra, comunica ai suoi fedelissimi amici Nick e Susan Potter (Edward Everett Horton e Jean Dixon) di essere innamorato, stavolta davvero, anche se non sa quasi nulla della sua splendida Julia (Doris Nolan). Per esempio, scopre subito dopo, e lo spettatore lo scopre con lui, che il cognome di Julia è quello di una delle sessanta famiglie più ricche degli U.S.A. Tutta questa ricchezza viene elargita con affettuosissima prodigalità dal padre di Julia, Edward Seton (Henry Kolker), sebbene ci siano in casa altri due figli lungi dall'essere allineati a ciò che la posizione sociale comporta: l'anticonvenzionale Linda (Katharine Hepburn) e l'amabile, fragilissimo Ned (Lew Ayres). Sanno loro due a introdurre e a guidare il lavoratore Johnny in una situazione che lui non si aspettava e che non lo interessa affatto. L'uomo, infatti, ha un sogno: mollare tutto, lavoro, impegni, obblighi e capire come va il mondo, cosa pensi lui, cosa sia la vita.
Holiday di George Cukor è una storia di passati e di futuro: di un futuro che si riceve poco meno che come un affronto, un futuro ricco quanto si vuole, il futuro a cui il pubblico americano - e non solo - anela o non sogna neanche di anelare, trattato come una pietra lavica ancora bollente. Film di gioia, emozioni e paure che trasudano a ogni scena, Incantesimo è la quintessenza di ciò che si potrebbe definire una storia romantica. Ragioni dei sentimenti, d'onore e di finanze si scontrano con la convinzione che i melomani come me trovano ne La traviata di Verdi: e, come nella storia, di Alfredo e Violetta, quando la forza dei rapporti sociali sembra aver la meglio, l'amore trionfa. Ma, a differenza che nell'opera, è allora che cominciano le vere vacanze, la vera vita del protagonista. Melodramma ribaltato - un po' da Haendel e un po' da Rossini - in festa per un pubblico femminile, Incantesimo offre all'immaginario americano qualcosa di più a portata di mano e insieme di superbo: un eroe genuino, buono, energico ed estraneo all'incanto della ricchezza.
Come spesso accade per questi film, il merito maggiore, coltre che nella regia sapiente, sta nell'interpretazione: oltre al gigione Cary Grant, giganteggia una Katharine Hepburn capace di strappare la scena a chiunque e a sedurre, con Johnny, qualsiasi spettatore attratto dal suo inestiguibile amore per la vita e dalla sua maliarda infelicità. Mattatrice superba, con la sua voce arrochita e il suo sguardo franco, ha buon gioco a dominare la scena: contraltare del Ned dolcissimo, ma pavido e irrisolto dell'eccellente Lew Ayres, con cui costruisce un'apologia del rifiuto di questa vita opulenta e luccicante, ma intimamente falsa e noiosa. Holiday di George Cukor spende ogni arma - intellettuale, affettiva, esistenziale - per preservare l'american way of life da un capitalismo aristocratico e disattento, dalle sue finzioni, dai suoi errori. E, come ogni favola, si configura sotto forma di vacanza, di fuga da un modo unilaterale di intendere ricchezza e benessere.
E a chi rimprovera che la vita non è solo sogno, sembra rispondere: e quando sognare, se non in vita?
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