Magazine Cinema

Incantesimo napoletano

Creato il 05 settembre 2011 da Robydick
Incantesimo napoletano2002, Paolo Genovese, Luca Miniero.
M'è costata parecchie insistenze ma alla fine ce l'ho fatta ad ospitare una recensione dell'amico Nico (al secolo Domenico, ma solo per chi sa risolvere integrali differenziali del settimo grado della scala Richter). Il film l'ha scelto lui, ci tengo a dirlo con ponziopilatesco spirito ma anche con lo spirito di un "Lacryma Christi del Vesuvio", che è eti(li)camente da preferire. A ben leggere, in qualche modo i 2 spiriti citati si piacciono a vicenda.
Gli passo la parola.

Napoli! Non si finirebbe mai se si volesse parlare di questa splendida città e di tutto il bello e, purtroppo, anche il brutto che le ruota attorno. Non per niente da sempre esiste il famosissimo detto “Vid' Napul e po’ muor”, che sta a significare che non si può assolutamente morire se non si è prima avuto a che fare in qualche modo con Napoli e con i napoletani! Tante realtà, spesso chiamate luoghi comuni ma che vanno ben oltre quest’espressione riduttiva, che si intrecciano giorno dopo giorno dando origine a figure e personaggi di ogni genere, a famiglie patriarcali dove a comandare sono invece le mamme, a modi di fare come dare la precedenza in una rotatoria che magari non rispettano la legge ma che sono dettati solo dal buon senso che tutti dovrebbero avere (se tu arrivi prima ti faccio passare, anche si nun t’attocca, è incredibile ma è realtà), ma soprattutto a forme di accoglienza che in nessun’altra parte del mondo esistono!
Fra tutte le realtà di questa splendida città ce n’è una, quella delle credenze popolari, che è impossibile, e lo sarà sempre, sradicare dalla cultura di questa gente, ed ecco che compaiono maghi, fattucchiere, e personaggi poco raccomandabili a cui molti napoletani si rivolgono e da cui spesso si fanno fare le carte! Se un napoletano tipico crede che qualcuno gli stia facendo il malocchio, non c’è verso di farlo ragionare, ne resterà convinto vita natural durante fino a quando il fattaccio che gli rompe le scatole non termina di morte naturale!
E’ proprio così che nasce questa splendida pellicola del 2002, "Incantesimo napoletano", dei due geniali registi, allora esordienti, Paolo Genovese e Luca Miniero, che si sono inventati una situazione grottesca e assolutamente impossibile, ma a cui un napoletano sicuramente crederebbe se gli venisse raccontata, per enfatizzare queste credenze popolari, mostrando come si comporterebbe ogni personaggio legato a questa singolare vicenda, da quello più coinvolto a quello più marginale.

Incantesimo napoletano
Questa straordinaria scena del film, che compare dopo circa 5 minuti, si può dire che è il vero punto di partenza di tutta la storia. Ci sono una strepitosa Marina Confalone (la ricordiamo anche per la sua eccellente interpretazione di Lina in "Parenti serpenti" di Monicelli), che interpreta Patrizia Aiello (la madre) e che si è meritata il David di Donatello per questa straordinaria interpretazione, e un ottimo Gianni Ferreri, guarda caso milanese di origine ma napoletano di adozione (probabilmente la scelta non è stata casuale), che interpreta Gianni Aiello, il padre, pescatore come da tradizione familiare.
Il viso di Patrizia, che sta prendendosi il suo sacrosanto caffè, è cupo mentre rivela con tono sommesso a Gianni che “'A piccirilla ha parlat!”. Eh già, come mai una cosa (la prima parola di un primogenito) che farebbe impazzire dalla gioia ogni famiglia, ancora di più se napoletana, potrebbe aver causato tanto disappunto nella madre? Bisogna capire come ha parlato! Questa bimbetta, dal nome Assuntina tipicamente napoletano, rivolgendosi a sua madre per la prima volta ha detto "Mami", anzichè di dire "Mammà" come ci si sarebbe aspettato! Una tragedia si era abbattuta nella famiglia Aiello, questa “piccirilla” cominciava a parlare milanese!!! Lo sconforto fu talmente tanto, che gli Aiello, contrariamente a quell’enfasi che una famiglia napoletana darebbe con tutti, parenti, amici e conoscenti, alla prima parola del proprio figlio, non vollero dire a nessuno di questa cosa che era successa, rifiutando qualsiasi visita in casa, persino al parroco, con la scusa che la bambina fosse malata e avesse la tosse. Ma nel frattempo le scene di Patrizia che continua a dire “mammà, mammà, mammà” e di Assuntina che invece ripete “mami”, e successivamente dice anche “papi” a un disperato Gianni che gli ripete invece “papà, papà”, si susseguono durante la visione del film.

Incantesimo napoletano
Assuntina adolescente (Chiara Papa) nel frattempo cresce, e il suo “essere milanese dentro” aumenta a dismisura, visto che per esempio vuole il risotto allo zafferano anziché la “impepata di cozze”, o non le piace la pastiera ma preferisce il panettone (come si può vedere dall’espressione disgustata della piccola), o non è superstiziosa come i suoi genitori per i quali se non spegne tutte le candele porta male, e che continua a parlare con uno smaccato accento milanese.
Incantesimo napoletano
A fare da narratore al film è la stessa Assuntina ormai anziana (Clelia Bernacchi, mancata qualche anno fa alla veneranda età di 96 anni), che di tanto in tanto racconta le parti di unione fra una scena e l’altra! Durante la crescita della ragazza Genovese e Miniero ci mostrano come ciascun personaggio, più o meno coivolto, vive questa tragedia, dandoci anche diversi squarci della tradizione napoletana!
Incantesimo napoletano
Primo esempio è il ragù, che a Napoli è un’istituzione e che ha bisogno di una preparazione lunga e attenta, come quella che gli zii (Riccardo Zinna e Lello Giulivo) cuochi di Assuntina fanno in questa scena, così come in diverse altre, raccontandone tutte le fasi e lamentandosi dell’offesa mortale ricevuta dalla stessa Assuntina che ha osato rifiutarlo.
Secondo esempio è il fatto di non riuscire ad avere figli, vissuto dalla maggior parte delle coppie napoletane come una tragedia insormontabile, rappresentata nel film da una coppia, Renata e Ciro, altri zii di Assuntina interpretati da Luciana De Falco e da Danny Zullino. I due compaiono solo mentre scopano, nella speranza di fare un figlio, parlando ovviamente dei segreti legati ad Assuntina.
La maestra di Assuntina è sempre più incredula, viene chiamato anche un luminare per vedere se si può fare qualcosa per insegnare ad Assuntina a parlare napoletano, ma la situazione peggiora giorno dopo giorno, anche per manifesta incapacità del professore (ma probabilmente nulla sarebbe cambiato anche con i migliori dottori esistenti), nonostante Assuntina si eserciti con il registratore dicendo ovviamente parole napoletane con accento milanese e, infine, nonostante venga mandata per un po’ da due zii ultranapoletani di Torre Annunziata (Giuseppe Misticone e Clotilde De Spirito) a “disintossicarsi”.
I genitori arrivano quasi a rassegnarsi, senza purtroppo perdere la loro infinita tristezza e senza riuscire ovviamente a evitare che tutto si sappia in giro. Ed è a questo punto che comincia la seconda parte della storia. Assuntina diventa adulta e, a 20 anni (Serena Improta), ha una storia senza futuro con un uomo che non si vedrà mai e rimane incinta. Tragedia nella tragedia! Quando Assuntina lo rivela succede l’irreparabile! Ma anche qui Miniero e Genovese riescono a rappresentare benissimo il comportamento delle persone. Gianni si sente tradito, e alla fine scoppia urlando a tutti che sua figlia è ’na zoccol, chiudendosi poi in sè stesso e decidendo di vivere perennemente in casa sotto le coperte, rifiutando qualsiasi contatto col mondo esterno, senza che né sua moglie, né Assuntina e nemmeno il suo amico di sempre, pescatore anche lui, riesca a farlo ragionare.
Incantesimo napoletano
Patrizia invece dimostra la solidarietà che, in una situazione così dura, una mamma napoletana è in grado di dare alla propria figlia in modo naturale, difendendola in qualunque situazione davanti al marito, ma non risparmiandole qualche scapaccione in privato, fino alla nascita del bambino.
Incantesimo napoletano
Tale nascita dà a Genovese e Miniero il colpo di genio finale per chiudere il film, ovviamente in maniera altrettanto grottesca quanto il resto della storia. Una nascita che ridà a Gianni la voglia di vivere e ricominciare. Infatti, al tentativo disperato di Patrizia di farlo ragionare mettendogli il piccolino sul letto, Gianni reagisce tirandosi il bimbo sotto le coperte e cominciando a dire “mammà, papà, mammà, papà, mammà, papà, ...”.
Incantesimo napoletano
Anche Assuntina entra dentro, e l’affetto così ritorna a regnare nella famiglia, Gianni esce dalle coperte e si riaprono tutte le finestre a testimoniare l’inizio di una nuova vita, che darà vita a un nipotino che sarà molto probabilmente un autentico scugnizzo napoletano!


Bravo Nico!, film proprio "suo". E' nato in Abruzzo, s'è laureato in Sicilia da dove il padre proviene, ha vissuto a Milano, ora vive a Roma, con moglie napoletana, quindi non gli manca nulla al curriculum per poter apprezzare una commedia interculturale come questa. E' piaciuto anche a me, come trama e per alcune trovate veramente originali e divertenti, oltra a quanto già detto da Nico.
La scena della pastiera rifiutata fa il paio con una "prova del nove" al ritorno dell'ormai maggiorenne Assuntina da Torre Annunziata, quando il padre le porge una sfogliatella (forse il pasticcino che preferisco al mondo) e lei la rifiuta, fatta riprendendo solo le mani sul tavolo.
Momento che ho trovato irresistibilmente comico è stato quando ad Assuntina fu imposto un registratore a bobine con le lezioni di idioma partenopeo. Quei nastri che dicono le frasi e poi uno le ripete. E che frasi erano? "'A penn sta 'ncopp o tavule" - "'a ro' sta' a penn?" - "'ncopp o tavule". Per chi non capisse era la trasformazione della "nota" frase scolastica "The pen is on the table", ecc... .
Di troisiana memoria il dialogo che la mamma di Assuntina fa con un quadro rappresentante Gesù appeso al muro e di lumini tempestato. La donna lamenta la condizione femminile di permanente sudditanza verso gli uomini, con un discorso che è un misto di comico e drammatico, un po' simbolo di tutto il film.
Una metafora al contrario di come siamo abituati a vedere e a sentire riguardo al "razzismo etnico-culturale" che da sempre, ancora oggi diciamolo pure, tiene a debite distanze il Nord dal Sud. Oggi le cose sono migliorate, ma il film è ambientato a partire dagli inizi del secolo scorso più o meno.
E poi che vi credete, "voi" del Nord, che al Sud non vi sfottono? Io da piccolo, che ero sempre a Salerno per intere estati, ero noto in quartiere come "'O Polentone", il mangiapolenta per tradurla in austriaco. Ho passato un'infanzia al limite dell'apolide: terrone al Nord e polentone al Sud, non andavo bene da nessuna parte però ero anche una scheggia impazzita in entrambi i poli d'italia, indipendente, mai nel branco e imprevedibile: s'avevan 'a sta' accuort i polentoni, e facevan bala' l'oeuch i terùn! Ora da grande godo consapevoli benefici del mio saper mischiare mostarda e friarelli (non assieme eh! pasti diversi...), ma da piccolo qualche momento duro l'ho passato, lo confesso.
Un difetto c'è, devo proprio dirlo: dura troppo poco. Non che i film sono belli se durano tot e se invece durano tot-x non lo sono. E' proprio che la storia, che aveva un alto potenziale, non è secondo me scavata come avrebbe potuto essere. Mi riferisco soprattutto alla seconda parte ben citata da Nico. Se quando Assuntina è bambina il film è giustamente e a lungo grottesco e divertente, quando "assuntona" torna incinta da Torre Annunziata tra mancanza del padre, milanesità, e drammi vari indotti si poteva cavare ancora molto in termini drammatici e, perché no?, anche in quelli comici volendo, sfruttando la comicità partenopea che, pur addolcendo "il panaro" col dialetto, spara certe battute feroci che ti tolgono il fiato (pensate anche solo al testo di una canzone come "Tamurriata Nera"). Insomma, al termine della visione ci si alza dal desco con ancora molto appetito.
Sicuramente consigliato anche da me.
p.s.
Il mitico Ragù Napoletano, tormentone del film coi 2 cuochi, è veramente una leccornia rara dai tempi di preparazione biblici. Se volete provare a farlo seguite i consigli di Gennarino.
Nico e Robydick
Robydick:
Qualunque pezzo, dalla sterminata ed infinita produzione musicale partenopea, sarebbe andato bene per questo frameshow. Per questa occasione ho scelto un omaggio alla città fatto senza sdolcinature, il pezzo è "Napoli" dei "99 Posse".

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :