Umberto Mangiardi scrive: Buongiorno Andrea. Abbiamo sempre detto che Tagli esiste per essere un punto di incontro dialettico, magari capace di fornire qualche chiave di lettura in più su quel che capita in giro per il mondo. E quindi, visto che di dialettica si parla, impostiamolo proprio come un dialogo. Magari ne viene fuori una rubrica discreta.
Io inizierei da una notizia forse marginale: il Presidente della Sampdoria Ferrero è di nuovo andato su tutte le prime pagine, non solo sportive, perché ha dato del "filippino da ricacciare a casa" al Presidente dell'Inter, che peraltro è indonesiano.
Sicuramente il buon Ferrero è un personaggio greve e quasi disturbante, ma non è eccessiva la levata di scudi di fronte a un'uscita che alla fine è soltanto sgradevole?
Andrea Donna scrive: Quando Ferrero dice "L’avevo detto a Moratti di cacciare il filippino” sa benissimo che Thohir è indonesiano e non proveniente dall'arcipelago che ha come capitale Manila. Perché, allora, apostrofa il presidente nerazzurro con un sostantivo di nazionalità differente da quello vero e conosciuto? Perché, nella concezione nazional-popolare, un indonesiano è semplicemente un abitante dell'Indonesia, mentre un filippino appartiene a una nazione da cui provengono tanti lavoratori che trovano impiego come domestici nelle case degli italiani.
Come dire: "Manda a casa quel tizio dai tratti somatici così simili a quelli delle persone che si guadagnano da vivere facendo un lavoro umile come pulire le nostre case". A un termine neutro e corretto ("indonesiano") ne sostituisce uno pregnante e inesatto ("filippino").
Il razzismo - al netto delle intenzioni probabilmente solo (beceramente) goliardiche della battuta - consiste nell'utilizzare come insulto la parola "filippino".
L'ingenuità (ingenuità?) sta nel non mettere in conto che, inevitabilmente, un'uscita del genere troverà spazio su tutti i media.
UM: Quindi, in definitiva, è stato giusto lo scandalizzarsi dell'opinione pubblica?
AD: C'è chi si scandalizza, chi pensa che tutto sommato non sia successo nulla di così grave e chi approfitta della situazione per accusare di razzismo, in pubblico (cioè sui social), er Viperetta.
Sai, non ho ancora trovato un modo più efficace di dire "sono antirazzista" che accusare di razzismo un'altra persona.
UM: Secondo me invece il punto è un altro, e cioè la diversa sensibilità che ha maturato questa generazione, quella che è produttiva in questo decennio. Insomma, quelli tra il 25 e il 45 di oggi. Costoro parlano, vivono, ragionano in un modo molto diverso dagli over 45.
Gli over 45 arrivano da un mondo completamente diverso, dove c'era una netta distinzione tra privato e pubblico. Oggi c'è una compenetrazione, tanto è vero che anche nelle serate tra amici appena si dice qualcosa di sgradevole per farsi una risata bisogna subito sincerarsi che tutti i presenti abbiano condiviso quel codice di comportamento.
C'è un perbenismo diffuso, figlio del pensiero unico. Questo perbenismo parte dal presupposto che siamo tutti persone spregevoli, e dunque dà per scontato che chi prende in giro una donna che parcheggia sia un malmenatore seriale. E così via.
AD: Non sono sicuro che i nati dal '70 in poi abbiano dovuto fare i conti con una società più perbenista rispetto al passato. Piuttosto, è la categoria del politicamente corretto la grande novità degli ultimi decenni. Ma forse intendiamo la stessa cosa.
@twitTagli