L’8 marzo 2014, un Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines e’ letteralmente sparito dai cieli tra la Malesia e il Vietnam.
Il mistero che tuttora avvolge la sorte di questo aereo e di tutte le persone a bordo e’ ancora avvolto da una fitta nebbia, troppa per astenermi dal dire la mia. Da giorni leggo di ogni genere di speculazione, ma la verità e’ che i fatti accertati sono pochi per potersi formare un’idea convincente sull’accaduto. Nonostante cio’, le informazioni a disposizione sono sufficienti per eliminare con ragionevole confidenza alcune speculazioni, e per provare a smontarne o a montarne di nuove.
Prima di raccontare i fatti noti, e’ utile soffermarsi un attimo su due dispositivi chiave di cui sono dotati tutti gli aeromobili commerciali moderni:
- TRANSPONDER: si tratta di un dispositivo che, quando interrogato via radio, risponde con determinate informazioni. Tipicamente il codice identificativo di quattro cifre dell’aeromobile (si chiama squawk, e viene assegnato dall’Air Traffic Control prima del volo), la direzione e l’altitudine (basata sulla pressione atmosferica). E’ importante sapere che, in caso di tentato dirottamento da parte di qualcuno a bordo, l’equipaggio può modificare il codice identificativo con uno predeterminato che indica attacco terroristico in corso (squawk 7500). Il problema e’ che questo e’ ormai un fatto noto, quindi sapere che il volo MH370 non ha impostato questo codice non aiuta ad escludere la possibilità che fosse in atto un dirottamento, perché l’attentatore potrebbe aver imposto di non toccare il transponder, oppure di spegnerlo, come effettivamente e’ avvenuto (vedere in seguito). NOTA: il transponder si può facilmente spegnere e accendere dal cockpit, e nel Boeing 777 e’ posizionato sul tunnel centrale tra i due sedili della cabina di pilotaggio.
- ACARS: e’ un sistema che invia a terra, di solito automaticamente, una nutrita serie di informazioni. Dalle informazioni relative al volo alle anomalie e ai guasti. NOTA: l’ACARS non si può spegnere con un pulsante, ma richiede perizia. Un pilota oppure un tecnico esperto sanno dove mettere le mani per spegnere l’ACARS, o piuttosto sanno come togliere l’alimentazione all’ACARS. Cio’ che invece nessuno può fare a bordo dell’aereo e’ spegnere il collegamento satellitare, i cui circuiti, se non sbaglio, si trovano nella coda dell’aeromobile. Per capirci: se l’aereo fosse casa nostra, allora spegnere o togliere la corrente al computer che abbiamo sulla scrivania sarebbe possibile, disattivare l’ADSL no. E’ chiaro che, senza dati da inviare, l’ADSL (quindi il link satellitare) resta quasi muta. Il quasi e’ importante, perché in realtà il dispositivo di rete che gestisce il link comunica con i satelliti responsabili di veicolare i dati, ma si limita a comunicazioni di basso livello (ping). Da terra quindi e’ possibile sapere se il link e’ attivo oppure no, ma non si possono conoscere altre informazioni nei riguardi della situazione dell’aeromobile. Studiando pero’ attentamente i satelliti interessati dalla comunicazione si possono fare delle stime su possibili rotte intraprese dal velivolo. Questo e’ gia’ stato fatto (vedere in seguito).
Veniamo ai fatti noti, in ordine:
- ore 00:41: il volo MH370 decolla dell’aeroporto di Kuala Lumpur ed e’ atteso a Pechino per le ore 06:30. La Malaysia Airlines riporta di aver perso contatto con l’aereo poco meno di un’ora dopo il decollo, senza aver ricevuto alcuna segnalazione.
- ore 01:07: l’ACARS invia la sua ultima segnalazione di routine. Quella successiva, prevista per le ore 01:37, non perviene, per cui qualcuno o qualcosa deve aver disabilitato il sistema in questo intervallo di tempo.
- ore 01:19: il secondo pilota comunica via radio con il Controllo Aereo della Malesia, e testualmente dice: “tutto bene, buona notte”. Messaggio non particolarmente formale, avrebbe almeno dovuto citare la sigla del volo, ma ci può stare. A volte, i piloti non utilizzano il fraseggio formale, almeno in certe circostanze. Pochi minuti dopo il transponder smette di rispondere, proprio nella fase in cui l’aeromobile sta passando dal Controllo Aereo della Malesia a quello del Vietnam.
- ore 01:21: il Controllo Aereo del Vietnam riporta che il volo MH370 non ha fatto il check-in (la prima comunicazione radio che avviene quando si passa da un ATC all’altro).
- ore 02:15: un radar militare malese traccia la posizione dell’aereo a sud dell’Isola di Pukhet, nello Stretto di Malacca, a ovest dell’ultima posizione conosciuta. L’informazione e’ confermata anche da un radar militare tailandese.
- ore 08:11: sette ore dopo l’ultimo contatto, un satellite posizionato sull’Oceano Indiano rileva il link dell’aereo. Questo dato (pubblicato solo una settimana dopo la scomparsa dell’aeromobile) suggerisce che il volo MH370 potesse trovarsi in due corridoi: uno diretto a nord, tra la Thailandia e il Kazaksthan e un altro diretto a sud, tra l’Indonesia e la parte meridionale dell’Oceano Indiano.
Tutti questi fatti sono riassunti in modo egregio nell’immagine che segue:
(clicca per ingrandire)
Quindi, in sintesi, abbiamo un aereo che decolla regolarmente, viaggia a quota, direzione e velocità previste in condizioni meteo perfette. Dopo meno di un’ora, vira a sinistra in contraddizione con la rotta impostata e comunicata, e sparisce nel nulla. Salvo essere tracciato (o rintracciato) nuovamente da un satellite, circa 7 ore dopo, al limite del range possibile con il carburante imbarcato.
Nel frattempo, le Autorità cinesi affermano di aver individuato dei rottami nell’Oceano Indiano, in un’area compatibile con la rotta verso sud elaborata dopo aver rilevato il link satellitare (vedi ancora immagine sopra). I rottami si trovano a circa 2000 miglia nautiche da Perth, a sud-ovest delle coste australiane, in un’area dove c’e’ solo mare, e dove le condizioni meteo sono spesso avverse (il Circolo Polare Antartico non e’ lontano). Le ricerche sono partite da alcuni giorni, ma la distanza e le condizioni meteorologiche non aiutano, anzi rendono la ricerca particolarmente ostica. Anche le condizioni del mare sono di ostacolo, sia perché rendono difficile la navigazione ai vascelli presenti in zona, e sia perché i rottami potrebbero affiorare solo in alcuni momenti, oppure affondare del tutto dopo alcuni giorni.
In ogni caso, finché nessuno sara’ in grado di recuperare almeno uno di questi pezzi ed associarlo in modo inequivocabile al Boeing 777-200ER protagonista della vicenda, non potremo dire di più.
Sta di fatto che l’aereo non si trova ancora. Ma cosa può aver determinato questa “sparizione”? Prima di tutto e’ necessario dire che il Boeing 777-200ER e’ un aeromobile moderno e super affidabile. Dispone di un palmares invidiabile in termini di sicurezza. Pochissimi altri aerei, forse nessuno, possono vantare quasi vent’anni di immacolato servizio. La tabella qui sotto e’ molto esplicativa:
data tipo registrazione operatore vittime luogo foto cat
20-JAN-1997 Boeing 777-281 All Nippon 0 Fukuoka Airp…
H214-OCT-2000 Boeing 777-268 HZ-AKH Saudi Arabian 0 Baghdad
H205-SEP-2001 Boeing 777-236ER G-VIIK British Airways 0+ 1 Denver Inter…
A226-FEB-2007 Boeing 777-222ER N786UA United Air Lines 0 London-Heath…
A217-JAN-2008 Boeing 777-236ER G-YMMM British Airways 0 London-Heath…
A117-APR-2011 Boeing 777-F6N B-2078 China Cargo Airlines 0 København-Ka…
A229-JUL-2011 Boeing 777-266ER SU-GBP EgyptAir 0 Cairo Intern…
A124-MAY-2013 Boeing 777-340ER AP-BID PIA 0 London-Stans…
H206-JUL-2013 Boeing 777-28EER HL7742 Asiana Airlines 3 San Francisc…
A108-MAR-2014 Boeing 777-2H6ER 9M-MRO Malaysia Airlines near Malaysia
C1In quasi venti anni di servizio attivo (il primo volo risale al 12 giugno 1994), il Boeing 777 (nelle varie versioni) ha avuto “solo” 10 incidenti. Ma ciò che conta davvero e’ il numero di vittime prossimo allo zero. Intendiamoci: non che anche una sola vita umana non sia preziosa, ma quando ci si esprime in termini statistici la crudezza del dato e’ prendere cosi’ come viene. Di fatto, a parte l’incidente del 5 settembre 2001, quando durante il rifornimento si sviluppo’ un incendio in cui lo stesso addetto al rifornimento perse la vita, solo lo schianto (recentissimo) del 6 luglio 2013 all’aeroporto di San Francisco ha portato alla tragica morte di tre passeggeri. Esito che, se paragonato alla dinamica, avrebbe potuto essere di ben altra consistenza (qui una ricostruzione video dell’incidente).
Dunque, il B777 e’ un aereo moderno, robusto, tecnicamente all’avanguardia, che va letteralmente incontro alla morte prima di portarsi dietro gli occupanti. E’ quindi statisticamente da escludere che il mezzo possa aver subito un incidente fatale durante il volo, un incidente tale da causarne la caduta e lo schianto. E’ altrettanto vero che, se finora non sono mai accaduti incidenti gravi, non ci si può aspettare che questo stato di grazia duri per sempre. Infatti, proprio il rilevamento dei radar militari potrebbe suggerisce che il velivolo abbia operato una manovra non prevista dal piano di volo e che abbia volato in direzione ovest per circa un’ora verso lo Stretto di Malacca.
E’ possibile che si sia verificata un’emergenza a bordo tale da costringere i piloti a cambiare direzione e cercare una pista per un atterraggio di emergenza? Si, e’ possibile. Ma che emergenza? In un contesto del genere, l’evento più compatibile sarebbe un incendio a bordo. Che incendio? A bordo sono possibili due tipi di incendio: elettrico e per combustione di materiale infiammabile. Se si fosse trattato di un incendio elettrico, la prima operazione da compiere sarebbe stata quella di spegnere progressivamente i sistemi per isolare la situazione e poi, se possibile, riavviarli. Lo spegnimento del transponder e, chissà, forse anche dell’ACARS, potrebbero essere compatibili con tale situazione. Potrebbe forse essersi reso necessario staccare una nutrita serie di fusibili per interrompere l’alimentazione elettrica dei vari dispositivi. Cio’, purtroppo, non garantisce la risoluzione del guasto, perché magari il fuoco può svilupparsi lungo il percorso di un qualsiasi cavo che corra lungo la fusoliera, nell’abitacolo o nel vano bagagli. Aeree nascoste alla vista ma quasi sempre accessibili, ma e’ possibile che il fattore tempo abbia remato contro.
Un altro incendio possibile e’ quello che consegue all’accensione di materiale infiammabile. Che, su un aereo moderno come il 777, praticamente non c’e’. Fatta eccezione, tanto per dire la più probabile, degli pneumatici. Qualcuno ha azzardato l’ipotesi che, a causa del clima caldo al decollo e del carico dell’aereo (era a pieno carico) e magari anche a causa di una pressione non corretta, uno degli pneumatici possa essersi surriscaldato durante la corsa di decollo e che, una volta rientrato nel proprio vano, possa aver preso fuoco. Il fuoco di gomma e’ scuro e denso, e rende rapidamente l’aria irrespirabile. Naturalmente esistono le maschere dell’ossigeno, le quali pero’ non durano più di dieci minuti. Infatti, in caso di perdita di pressione, l’equipaggio manovra l’aereo per portarlo ad una quota più bassa, dove l’aria esterna e’ respirabile, rendendo le mascherine non più necessarie in un breve lasso di tempo. Ma in caso di fumo? Le maschere non garantiscono la sopravvivenza, ne’ all’equipaggio e ne’ ai passeggeri, se non si trova il modo di rendere l’aria respirabile. Se l’incendio e’ estinto, il fumo magari va via, se l’incendio continua e la temperatura sale, l’aereo e’ perso e cade. Di recente si e’ anche saputo che l’aereo trasportava un carico di batterie al nichel. Queste batterie, se non impacchettate e stivate con criterio, possono causare fuoco ed esplosioni. Anche un danno grave ai motori o una decompressione improvvisa possono aver causato un disastro inseribile nello stesso quadro. Ma in una situazione del genere, l’aereo sarebbe esploso in aria, oppure sarebbe precipitato in tempi molto brevi, a pezzi o tutto intero, piu’ o meno nell’aerea in cui si e’ perso ogni contatto.
E allora, come la mettiamo con la virata a ovest e l’ulteriore ora trascorsa? Non la mettiamo. Se si fosse sviluppato un incendio pericoloso a bordo, o un qualsiasi grave danno, le cose sarebbero andate diversamente? C’e’ da precisare pero’ che i radar militari hanno anche rilevato una salita fino a quota 45.000 piedi (oltre la quota di tangenza massima prevista per il Boeing 777 di 43.100 piedi) e una discesa fino a 13.000 piedi. Manovre difficili da spiegare, soprattutto la prima salita. Perché andare cosi’ in alto, sapendo di rischiare l’asfissia e anche lo stallo (la densità dell’aria e’ molto bassa e genera pochissima portanza)?
Forse per spegnere un incendio privandolo dell’ossigeno? Oppure per cercare di sfuggire ai radar? Difficile che possa essere la seconda opzione, perché un pilota con trent’anni di servizio, come il comandante del volo, sapeva benissimo che non poteva andare cosi’ in alto da sfuggire ai radar militari. E sapeva altrettanto bene che un comportamento sospetto del genere avrebbe potuto portare le autorità a mettere in aria un paio di caccia per andare a vedere (il tempo c’era, perché non e’ stato fatto? Oppure e’ stato fatto e non ce lo dicono?). Ma se davvero c’era un incendio o un altro guasto grave a bordo, perché non dirigersi verso terra, in prossimità di una pista compatibile con le specifiche del B777, o comunque verso un’aera dove tentare un atterraggio di emergenza? Certamente, se non ci sono piste raggiungibili rapidamente, e’ meglio provare l’atterraggio in acqua che sulla dura terra. E allora perché andare verso lo Stretto di Malacca, quando l’aereo, al momento del presunto problema, si trovava già sul mare? Per raggiungere un aeroporto? Nemmeno! Infatti, trovarsi da quelle parti significava aver già lasciato dietro di se’ qualche pista utile per provare a salvare capra e cavoli (vedere immagine qui sotto). Insomma, difficile ritenere che sia stata un’emergenza a bordo a causare tutto questo. L’immagine se segue mostra tutte gli aeroporti che l’aereo avrebbe potuto sfruttare per un atterraggio di emergenza:
(clicca per ingrandire)
Ma soprattutto, perche’ non tentare alcuna comunicazione? La regola e’: aviate, navigate then communicate. In altre parole, pensa prima a pilotare e a gestire l’emergenza. Se poi hai tempo, informa l’ATC. Che non ci sia stata alcuna comunicazione e’ un a fatto. Dovuto a cosa? All’impossibilita’ di occuparsene per gestire l’aeromobile, oppure per un guasto che ha interessato anche lo spegnimento delle radio? La prima e’ improbabile, perché alla fine, dopo un’ora, il tempo doveva esserci. La seconda entra bene nell’ipotesi dello spegnimento dei dispositivi elettronici a causa del fuoco. Ma allora, l’aereo dove e’ caduto?
Un dirottamento, dunque? Di fatto, alla luce di tutto, questa resta l’ipotesi più plausibile. Qualcun altro ha azzardato che il dirottatore possa aver navigato verso il corridoio nord (compatibile con i segnali rilevati dal satellite) per intercettare un altro Boeing 777 (se non sbaglio della Singapore Airlines), nascondersi nella sua ombra radar (quindi volare in prossimità dell’altro aereo, magari un po’ più in alto o un po’ più in basso) fino ad un certo punto, per poi sfruttare un’altra zona non coperta da radar civili e sparire da qualche parte. A parte che sparire, vista l’onnipresenza di radar militari, sarebbe stata un’impresa certosina da condurre, oltretutto, con un bestione di 300 tonnellate, la stessa manovra di “aggancio” resta piuttosto fantascientifica, anche se non impossibile. D’altro canto, che l’aereo della Singapore non si sia accorto della presenza dell’MH370 e’ accettabile. Infatti, i sistemi anti-collisione di bordo funzionano sulla base del transponder. In altre parole, rilevano il segnale degli altri aerei presenti in zona e, calcolando direzione e quota, stabiliscono se vi siano pericoli per la navigazione. Come sappiamo, il transponder dell’aereo scomparso era spento, quindi non vi era modo di rilevarlo. E perché compiere un’impresa cosi’ ardita e cosi’ dannatamente difficile da realizzare? Per rubare un Boeing 777 e utilizzarlo in seguito in qualche attentato terroristico? Ma allora perché non utilizzarlo subito, contestualmente al dirottamento? Forse perché questa azione terroristica richiede ulteriore pianificazione, oppure deve essere compiuta in un momento specifico in futuro? Sinceramente mi sembra tutto assai improbabile semplicemente perché eccessivamente complesso.
Il Rasoio di Occam mi suggerisce l’ipotesi di un gesto dimostrativo, magari andato terribilmente male. Sappiamo che il comandante del volo, tale Zaharie Ahmad Shah, era un uomo di lunga e grande esperienza, quindi sicuramente in grado di compiere tutte le operazioni e le manovre fin qui descritte oppure ipotizzate. Ma perché? Gli inquirenti stanno scavando a fondo nella sua vita, cosi’ come in quella degli altri membri dell’equipaggio e dei passeggeri, ma finora e’ emerso solo un dato significativo: a quanto pare, il signor Shah era un fervente seguace del leader politico dell’opposizione malese che, cinque giorni prima, era stato condannato alla prigione per omosessualità. Pare che Shah fosse addirittura presente all’udienza e che la sua famiglia abbia lasciato la casa un giorno prima del fattaccio. Che costui, che tra le altre cose si era anche costruito un simulatore di Boeing 777 in casa, abbia voluto in qualche modo sfogare la sua frustrazione compiendo deliberatamente un gesto dimostrativo di tale gravita’ nei confronti del governo del suo paese? Certamente questo e’ possibile, e come di vede ci sono elementi che supportano questa teoria. Ma Shah avrebbe dovuto prendere il controllo dell’aereo, liberarsi del primo ufficiale, e poi avrebbe dovuto “fare qualcosa”. Schiantarsi da qualche parte a terra? Non e’ successo, per quel che ne sappiamo. Schiantarsi in mare? E a che pro? E senza nemmeno lasciare qualcosa che potesse far intendere che si sia trattato di un gesto politico? Rubare l’aereo per consegnarlo a qualche gruppo terroristico per poi sparire e godersi i soldi? Sinceramente, l’unica ipotesi che sta in piedi e’ proprio che sia stato il comandante ad architettare e compiere il misfatto, e che le sue azioni abbiano condotto ad un esito non atteso. Che costui, cioe’, avesse in mente altro, ma poi, preso alla sprovvista dagli eventi (quali non si sa), sia stato costretto a lasciare che l’aereo esaurisse il carburante e cadesse da qualche parte.
In ogni caso, se l’MH370 ha davvero virato a sinistra verso sud, e ha davvero volato per altre sei ore sul mare di nessuno per restare senza carburante e precipitare, allora prima o poi qualcuno troverà almeno un relitto in mare e lo collegherà in modo certo all’aeromobile. Se le cose sono andate cosi’, allora qualcuno a bordo e’ stato troppo stupido oppure troppo pazzo (sempre che la pazzia si possa suddividere in gradi), e ha compiuto un gesto che e’ solo servito ad uccidere degli innocenti e raccontare null’altro. Se l’aereo e’ andato a nord, allora troveranno dei relitti in mare tra lo Stretto di Malacca e la costa piu’ vicina (dove NON stanno cercando), oppure un domani, fra mesi o anni, qualcuno scaglierà uno scalcinato Boeing 777 verso qualche obiettivo sensibile.