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Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni

Creato il 06 gennaio 2011 da Leragazze

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni

Woody Allen ricordiamolo da vivo. E quindi evitiamo questo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, un film noioso che non dà emozioni, ma solo una sensazione di già visto e già sentito.

Nessuna traccia del regista brillante, dei dialoghi intelligenti, sorprendenti e divertenti, delle situazioni originali e delle riflessioni profonde cui ci avevano abituato i suoi precedenti film.

D’altra parte, la lettura che ne dà lo stesso Woody Allen è illuminante:

“Tutti i personaggi si affannano per dare un senso alle loro vite, e trovano ambizione, successo e amore. Non fanno che correre, scontrarsi tra di loro, farsi male, fare errori in un caos costante. Ma alla fine, dopo cento anni, tutti coloro che sono stati sulla terra insieme a loro, saranno morti e sepolti e dopo altri cento anni, ci sarà una nuova generazione di persone. E dopo tante ambizioni e aspirazioni, plagi e tradimenti, ciò che un tempo sembrava avere tanto senso, non ne avrà più alcuno”.

Senza speranza. Tutto è inutile, tutto è illusione, gli amori e le relazioni non durano, le storie con le donne giovani non fanno ringiovanire gli uomini anziani (strano no?), la morte spazza via ogni cosa. Ultima spes forse la reincarnazione, addirittura. Non è più un’ancora di salvezza nemmeno la psicanalisi: l’analista è rimpiazzato dalla veggente, anche questa già vista.

Il regista appare ormai così ossessionato dall’età che avanza e dalla morte ventura da aver perso l’ironia, l’autoironia e la capacità di far ridere e pensare.

Anche gli attori nelle sue mani non sembrano far faville, persino Anthony Hopkins, nella parte del vecchio Alfie che lascia la moglie per sposare Charmaine, una giovanissima, stupida e rozza escort, è deludente.

Due parole sul doppiaggio di Charmaine. Da brividi. Chi l’ha detto che una escort parla in questo modo? Se non ne hanno una conoscenza diretta chiedano a chi è esperto…

Salverei solo la locandina, dove si vede una lei che abbraccia un lui in un gioco di alternanza figura-sfondo in cui le due figure non possono essere percepite contemporaneamente. Ben rappresenta, dunque, la tesi del regista riguardo l’illusorietà di qualunque relazione uomo/donna.



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