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INDILIBR(A)I – Intervista a Rangrazi Fereydoun – Nima

Creato il 25 marzo 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

INDILIBR(A)I - Rubrica dedicata ai librai e ai lettori indipendenti

Libreria Nima
Circ. Nomentana, 552 (di fronte Stazione Tiburtina)
Tel. 0644233447

www.librerianima.com
[email protected]

INDILIBR(A)I – Intervista a Rangrazi Fereydoun – Nima

Fereydoun Rangrazi

La libreria Nima è una presenza inaspettata, stretta com’è tra un negozio di kebab e un alimentari polacco, proprio davanti alla stazione Tiburtina. Soffermandosi davanti alla vetrina si ha davvero l’impressione di avere a che fare con un avamposto della resistenza librario-culturale in terra nemica. Incuriosite, abbiamo fatto due chiacchiere con il proprietario, il signor Rangrazi Fereydoun.

Prima di tutto ci parli del nome che ha dato alla libreria: Nima
È il nome di un grande poeta iraniano contemporaneo, padre della poesia moderna. Ha creato uno stile nuovo, non più ritmico come quello del passato. Nima Yushij ha vissuto all’inizio del Novecento (è morto nel 1960).

Quando nasce la libreria e perché ha deciso di aprirla?
Nasce nel gennaio del 1994, venti anni fa. Nasce per due motivi. A quell’epoca in una città come Roma, che è diventata una città multietnica, mancava una libreria specializzata nella cultura orientale. C’è chi ha provato e non è riuscito. Per non fallire serve mestiere. Fare il libraio non è un’occupazione new age. L’altro motivo è la mia passione per la letteratura del mio paese. Certo, non sono sempre stato libraio e neppure pensavo di diventarlo. Io sono architetto, laureato a Valle Giulia nel 1981. Per un periodo ho lavorato con architetti, poi ho lasciato e ho aperto la libreria.

Se lei fosse solo un lettore cosa le piacerebbe trovare in una libreria?
Non mi piacciono le librerie che somigliano a supermercati. Dentro questi supermercati di libri ci sono commessi e se vai e chiedi un autore che non è un classico italiano, ma anche se fosse italiano… Se è addirittura orientale, prima di tutto devi pronunciare almeno cinque volte il nome, poi il commesso si affida al computer, a internet e finisce lì. Invece dovrebbe essere come una farmacia dove vai con la ricetta. Dopotutto i libri sono medicine per l’anima. È così che funziona: io parlo, discuto con il cliente, consiglio. Dopotutto una parte dei miei clienti sono studenti di lingue orientali, o vengono da altre città italiane. Ultimamente gli studenti sono diminuiti, forse perché l’università non funziona tanto bene. È successo da quando hanno messo il numero chiuso, non capisco perché, alla facoltà di lingue orientali. Buona parte dei miei clienti sono ricercatori ma anche persone che si interessano di induismo, di cultura cinese, giapponese.

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Ha una clientela nel quartiere?
Siamo davanti alla stazione. È un quartiere di passaggio. Riesco a procurare libri fuori catalogo, specialistici, per questo mi sono creato una clientela che viene da tutta la città e oltre.

Organizzate iniziative di incontro con i lettori?
Ci sono presentazioni di libri, eventi. Venerdì 7 marzo abbiamo organizzato una serata di poesia e musica sufi nel nostro spazio al piano di sopra. L’abbiamo dedicata a Bruno, il fondatore della Libreria del Viaggiatore che se ne è andato da poco. Era un grande amico.

Un libro che lei consiglia e il libro che vende di più.
Nel settore mistico orientale del sufismo, personalmente mi piacciono le Poesie mistiche di Rûmî (Rizzoli). Sono venti anni che lo consiglio. L’ultima edizione è arrivata alla tredicesima ristampa. Un altro libro è Il poema celeste di Farid al-Din ‘Attar (Rizzoli) un capolavoro del sufismo, due letture che non invecchiano mai. Poi c’è una giovane casa editrice, Ponte 33, che lavora con scrittrici iraniane. Per la narrativa consiglio La casa della moschea di Kader Abdolah (Iperborea). Ma non consiglio mai senza conoscere il cliente.

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