Sulla questione kosovara dovrà pronunciarsi, il prossimo settembre, l'Assemblea generale dell'Onu. In vista di quell'appuntamento Belgrado nei giorni scorsi ha depositato al Palazzo di vetro la bozza di una nuova risoluzione sul Kosovo, senza raccogliere l'offerta europea di elaborare un testo comune sottoscritto insieme da Serbia e Ue. Un passo che non è per niente piaciuto a Bruxelles dove l'iniziativa serba ha provocato molta irritazione. Il testo presentato da Belgrado apre al "dialogo (con Pristina) come strumento per trovare soluzioni mutualmente accettabili su tutte le questioni aperte", ma non fa nessun riferimento diretto alla rimessa in discussione dello status internazionale del Kosovo. L'obiettivo serbo sembrerebbe quindi essere un tentativo di salvare il salvabile, mantenendo una qualche forma di controllo sul nord del Kosovo, dove i serbi sono in maggioranza e non riconoscono l'autorità di Pristina. Ma la spartizione di territori su base etnica non è un principio che l'Ue che ha abolito le frontiere al suo interno possa accettare a cuor leggero.
Consapevole delle proccupazioni di Bruxelles, nel fine settimana il presidente serbo, Boris Tadic, ha voluto precisare che "la Serbia non ha alcun intenzione od interesse ad entrare in conflitto con la Comunità internazionale", facendo sapere che le autorità di Belgrado sono "in costante contatto con i nostri amici europei". Dopo la sconfitta incassata all'Aja, il governo filoeuropeista guidato dal Partito Democratico (Ds) di Tadic non è in una posizione facile. Nonostante ciò è riuscito a ottenere dal parlamento il via libera sul testo di risoluzione presentato all'Onu. Nella maggioranza, ma anche nelle file dell'opposizione nazionalista, nessuno sembra avere l'intenzione di tirare troppo la corda sul Kosovo mettendo a rischio il già accidentato percorso di integrazione nell'Ue. All'opposto a Pristina si cerca di sfruttare il momento favorevole prima che l'Assemblea generale dell'Onu (dove Belgrado può contare su appoggi di peso come quelli di Russia e Cina) affronti la questione magari ribaltando il parere della Corte Internazionale di Giustizia. Per questo le autorità kosovare hanno chiesto alle Nazioni Unite di sostituire l'attuale risoluzione 1244 del 1999, che ha posto il Kosovo sotto l'autorità delle Nazioni Unite ma senza mettere in discussione la sovranità della Serbia, con un altro documento che permetta all'ex provincia serba di aderire all'Onu. Come ha spiegato il ministro degli Esteri kosovaro, Skender Hyseni, dopo aver incontrato a New York il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, "l'obbiettivo del Kosovo è quello di divenire Paese membro dell'Onu".
La partita kosovara è dunque tutt'ora apertissima. E' un caso "sui generis" che non può valere per altre situazioni analoghe nel mondo in cui ci sono popolazioni che ambiscono all'indipendenza (come ripetono in molti, kosovari compresi). Ma proprio questo la rende ancora più importante e significativa. Personalmente non condivido quanto hanno scritto in questi giorni da alcuni autorevoli commentatori, secondo i quali la dichiarazione di indipendenza del Kosovo prima e il parere della Corte Internazionale di Giustizia poi hanno aperto nessun "vaso di Pandora" dagli effetti potenzialmente incontrollabili. Ma anche senza il crepitare delle armi, quella che si combatte in questi mesi e che proseguirà anche nei prossimi è una battaglia dura e destinata a lasciare un segno importante e indelebile nel corposo libro delle relazioni internazionali.