Magazine Pari Opportunità

#IndipendenzaSenzaMissItalia: Silvana Amati ci risponde.

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Dopo le dichiarazioni della Senatrice Amati del PD in merito alla necessità di salvare Miss Italia, abbiamo deciso di scriverle una lettera a nome di tutte noi autrici del blog, inorridite all’idea che proprio in questo periodo, storicamente e politicamente parlando, si possa davvero disperdere energia istituzionale in simili direzioni.

La Senatrice è stata estremamente disponibile e ci ha risposto in tempi brevissimi. Ecco quello che ci ha scritto:

Carissime,

ho passato molti anni della mia vita politico/istituzionale ad occuparmi di parità di genere/di pari opportunità/di valore della differenza.
Ho passato un’infinità di ore in incontri e dibattiti, non nel chiuso delle stanze, ma nella piazze d’Italia a difendere il lavoro e i diritti delle donne.
Chi avesse voglia di guardare la mia storia nel mio sito potrà verificare le proposte di legge (in particolare negli ultimi giorni  quelle contro il femminicidio, a sostegno delle donne invalide del lavoro, a favore di un più efficace finanziamento delle case -famiglia, solo per ricordarne alcune) oltre che il percorso politico ed istituzionale sul fronte dei diritti e della difesa della Carta Costituzionale.
Proprio partendo da questo presupposto, ho deciso di potermi spendere anche nella difesa della trasmissione  televisiva delle ultime fasi del Concorso Miss Italia, nella piena consapevolezza che questo mi avrebbe esposto a critiche, alle quali voglio comunque rispondere.
Sono convinta che la Rai, servizio pubblico, non abbia il diritto e non sia in grado di decidere quale immagine della donna vada veicolata.
Anzi, credo che bisognerebbe rifarsi alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 3 settembre 2008 nella quale si chiedere agli Stati Membri di intensificare gli sforzi affinché la pubblicità sia resa a favore della valorizzazione femminile e del ruolo delle donne nella società ed a provvedere con mezzi idonei a garantire il rispetto della dignità umana e dell’integrità della persona affinché la pubblicità non veicoli messaggi discriminatori né elementi che, valutati nel loro contesto, approvino o esaltino o inducano alla violenza contro le donne.
Tanto è che presso il Dipartimento delle Pari Opportunità la Ministra Fornero aveva pensato di progettare un tavolo tecnico/ paritetico (Istituzioni, utenti e operatori della comunicazione)  per l’elaborazione della proposta di un codice di autoregolamentazione, recante le linee guida del rispetto della figura femminile nei media.
La nostra televisione a tutt’oggi fornisce immagini femminili assolutamente discutibili e nessuno può lavarsi la coscienza solo eliminando la serata finale di Miss Italia, un concorso che negli ultimi anni è stato profondamente trasformato da quando è una donna a dirigerlo.
Non credo sia giusto poi banalizzare il tema delle campagne sociali che il concorso ha veicolato nell’ultimo periodo, è noto a tutti, infatti, che  nel nostro Paese i cambiamenti culturali sono assai lenti a procedere e spesso seguono le vie più diverse.
Quello più noto è certamente l’impegno contro l’anoressia e l’imposizione del modello di estrema e pericolosa magrezza.
Voglio però sottolineare il valore del sostegno alle donne invalide del lavoro, alle donne mutilate, che forse voi dovreste conoscere meglio per poter comprenderne non solo i disagi materiali, ma anche quelli psicologici, nati dal venir meno dell’integrità del proprio corpo di donna. Le belle immagini del calendario “Donne che vincono”, della fotografa Luxardo, mostrano quanto questa condizione sia apparsa mitigata dal sentirsi finalmente belle delle protagoniste anche quando le menomazioni risultavano veramente terribili. Questa è stata anche l’occasione per far seguire una proposta di legge di cui sono prima firmataria e che mi auguro consenta di garantire maggiori tutele previdenziali alle donne invalide del lavoro, secondo le indicazioni dell’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro.
È dello scorso anno la campagna contro l’abbandono e il randagismo. Un fenomeno molto presente nella nostra Nazione, in particolare nella stagione estiva, soprattutto nei periodi di crisi come l’attuale, al quale i nostri migliori sindaci non riescono  spesso a far fronte in modo adeguato e che rivela ancora  oggi un’Italia nettamente divisa in due con un Sud in condizioni assolutamente complesse, dove abbondano canili-lager e branchi di randagi, e un Nord con realtà assolutamente diversificate.
Infine, nell’edizione di quest’anno è stato annunciato l’impegno nella battaglia contro il femminicidio.
È proprio di questi giorni la notizia di un fidanzato violento, che ha picchiato selvaggiamente la sua compagna perché “fidanzata/miss”, come se essere miss, cioè bella, fosse una giustificazione alla violenza, una scusa pari a quella che voi ben conoscete della donna provocante che in sé diviene causa della violenza, assumendosene quindi la colpa in luogo dell’aggressore.
Per questo, credo  che ridurre tutto il tema dell’immagine della donna da veicolare alla censura su Miss Italia sia ingiusto e riduttivo. Sia una semplificazione assolutoria che, come troppo spesso avviene nel nostro Paese, si accontenta di prendere un capro espiatorio, possibilmente minore, per non affrontare i veri problemi che purtroppo noi donne ben conosciamo, per risolvere i quali continuerò sempre a spendere il mio impegno.

cordialmente
Silvana Amati

La sua risposta però, purtroppo, non è di alcun conforto, non ci solleva dal pensare di dover ancora specificare qualcosa.
Scriviamo dunque di nuovo, collettivamente.

Alla Senatrice del Partito Democratico Silvana Amati,

la ringraziamo per la celerità della sua risposta, tuttavia sono molti i passaggi che ci lasciano perplesse.

Non mettiamo in discussione la sua carriera politica o l’onesto interesse per i diritti delle donne che hanno portato Lei e molte altre oggi anche tra i banchi del governo. Purtroppo però non è sufficiente nominare la parola “femminicidio” in Parlamento per essere assolte da qualsiasi contraddizione, magari anche da qualche errore di comunicazione o di intenti.

Noi non siamo per le politiche securitarie, non amiamo la retorica della sicurezza e poco crediamo alla sola magia dell’inasprimento delle pene per “femminicidio” perché, senza un’azione politica più capillare, questa legge non crediamo muterebbe la cultura machista e oggettivante che influenza le donne italiane. Può farlo forse solo se unita a politiche mirate all’educazione di genere, al finanziamento reale dei centri antiviolenza, alla lotta alle rappresentazioni stereotipate, tra cui, prima su tutte, quella della donna oggetto da guardare e giudicare costantemente.

La nostra TV oggi, lo dice anche Lei, diffonde rappresentazioni femminili soprattutto di questo tipo e non vogliamo certo “lavarci la coscienza” chiedendo l’eliminazione di Miss Italia. Ogni giorno, sia con il lavoro del blog che nella realtà quotidiana del nostro personale e del nostro politico, lottiamo strenuamente contro questo tipo di discriminazioni e stereotipi, perché crediamo che sviliscano l’identità femminile e partecipino alla cultura che è alla base proprio di quei meccanismi di molestia e violenza che combattiamo. Inoltre, ci occupiamo anche di tutto quello che gravita intorno alle discriminazioni di genere, attraverso un’analisi attenta delle connessioni tra le diverse dimensioni del fenomeno, dallo studio della comunicazione giornalistica e del grado di reale parità nei contesti privati, sociali e lavorativi, fino al rapporto con le altre realtà mondiali.

Nel nostro Paese i cambiamenti culturali sono assai lenti a procedere”, ci scrive Lei. Noi siamo d’accordo e proprio quest’attaccamento a un concorso che ci auguriamo superato per i modelli che propone, proprio questa sua iniziativa ci sembra un lento procedere che ignora la necessità di un cambiamento culturale.

Quando lei ci scrive delle campagne sociali che Miss Italia ha portato avanti, quando cita il randagismo o il calendario delle donne mutilate ad esempio, ci viene spontaneo percepirlo come una motivazione poco realistica per difendere un evento televisivo. Lei saprà meglio di noi quante associazioni, di volontariato o meno, si occupino di contrastare l’abbandono degli animali, e non prevedano necessariamente che queste giustissime campagne di civiltà vengano portate avanti sui corpi delle donne, o di quanto potrebbe essere più utile per le disabili una vita senza barriere architettoniche e discriminazioni, invece che inseguire un canone estetico che comunque, al di là dell’esperienza del calendario, le esclude dai contesti sociali.

Quando poi cita “l’impegno contro l’anoressia e l’imposizione del modello di estrema e pericolosa magrezza“, ci scappa un amaro sorriso.
Un concorso come Miss Italia si basa sul giudizio di una giuria sull’aspetto di un gruppo di ragazze tutte molto giovani e simili, secondo alcuni canoni estetici contemporanei prestabiliti. Il fattore della bellezza, e quindi dell’adesione a tali canoni, è fondamentale in questo come in tutti i concorsi di bellezza.  Lei saprà che i disturbi alimentari derivano anche dall’introiezione della paura del giudizio sul proprio corpo, a cui è scientificamente provato possa essere anche correlata l’esposizione mediatica costante a corpi-oggetto di donne sotto lo sguardo giudicante di soggetti altri.
Un concorso di bellezza come Miss Italia può anche sperticarsi in belle parole contro l’anoressia, ma promuove sempre e comunque il giudizio sui corpi.
La donna che lo dirige può anche spingere ufficialmente le donne taglia 44 a partecipare al concorso, come se fosse un evento rivoluzionario, come se una ragazza con una taglia superiore alla 42 facesse parte di una “specie protetta” e non sia semplicemente una donna sana, ma si continua a propagandare uno e un solo canone a cui omologarsi. L’alternativa è sparire, stigmatizzate, dal mondo della televisione, delle rappresentazioni mediatiche e della serenità fisica e psicologica nella vita di tutti i giorni.

La nostra dunque non è una richiesta di censura. E’ una richiesta di responsabilità.
La responsabilità di staccarsi dal mondo delle rappresentazioni stereotipate, dai luoghi comuni sulla bellezza e la femminilità, di non strumentalizzare le vicende di cronaca che riguardano le donne per giustificare ancora una volta questi ambienti come “emancipatori”.
Si tratta infatti di rappresentazioni ben lontane dalla “liberazione dei corpi”, ormai mercificate ad uso e consumo del pubblico televisivo;  l’emancipazione delle ragazze, delle donne, va ben oltre.
Dice che non è la RAI ad essere in grado di “decidere quale immagine della donna vada veicolata”, ma insieme alla televisione commerciale ha supportato proprio la costruzione mediatica di un modello di femminilità che ha su una faccia della medaglia una sessualizzazione costante e sfacciata, dall’altra un conformismo morale quasi bigotto.

Non crediamo che questa operazione possa esserLe sfuggita, ma se così fosse, se davvero fossero solo le campagne sociali ad interessarLe del concorso – notiamo infatti che molte delle nostre precedenti argomentazioni sono state tralasciate nella sua risposta - e se davvero considera che queste battaglie debbano combattersi con il medesimo modus operandi, potremmo suggerire a Lei e alla RAI di investire in un nuovo format: Mister Italia. Dove aitanti giovanotti potranno mostrare pettorali e bicipiti a una giuria specializzata in colpevolizzazione estetica, una presentatrice annuncerà la sfilata in costume, tutti applaudiranno il “reuccio” incoronato, che sicuramente dedicherà la sua vittoria a qualche campagna, come ad esempio la lotta al randagismo.

Speriamo riesca a cogliere la differenza nel mutare il punto di vista.

Cordialmente,

le blogger di Un Altro Genere Di Comunicazione.



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