Sembra evidente, ormai, che a pagare la crisi economica siano le fasce più svantaggiate della popolazione. Se c’è da tassare, si tassano i redditi dipendenti, ma è già tanto se qualcuno soltanto pensa di toccare le rendite finanziarie. Se c’è da tagliare, si taglia lo stato sociale: la sanità, le pensioni, le tutele, la scuola. Allo stesso modo è evidente che i giovani e le donne sono parte consistente, se non preponderante, di quelle fasce svantaggiate della società, sulla quale si abbattono in modo più devastante le conseguenze di questa crisi.
Fino a qui, nulla nuovo. La novità è che c’è chi ha pensato di dare una mano a questa inevitabile tendenza e, dovendo licenziare dei dipendenti, ha scelto di licenziare le donne perché il loro è sempre “il secondo stipendio” in famiglia. I dipendenti, unanimi, hanno scelto di protestare contro l’azienda, salvo che all’ultimo gli uomini si sono tirati indietro e sono entrati in fabbrica, lasciando le donne con un palmo di naso. O con l’aspirapolvere ad attenderle, insomma. I dettagli qui.