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Indulto o amnistia: che risolvono, a parte i problemi di Berlusconi?

Creato il 10 ottobre 2013 da Laperonza

 

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Poniamo per un attimo come assunta (non senza una certa fatica) la buona fede del nostro Presidente della Repubblica quando si commuove di fronte alla situazione carceraria e invoca una soluzione. Facciamo finta che non esista la questione Berlusconi e che questi non vada a beneficiare di un eventuale provvedimento di clemenza generale quale possa essere un indulto o un’amnistia. Analizziamo il provvedimento in sé.

 

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È sacrosanto che la situazione dei detenuti in Italia sia riprovevole e indegna di un Paese che voglia chiamarsi civile. Il problema è noto da tempo, siamo sotto giudizio da parte della Corte di Strasburgo ed è evidente che sia necessario trovare urgentemente una soluzione. Ma è difficile pensare che un atto di clemenza estemporaneo possa in qualche modo risolvere.

 

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L’ultimo indulto risale al 2006 e fu deciso dal Governo Prodi sulla scorta di un accorato appello di Papa Giovanni Paolo II. Il risultato del provvedimento apparve subito effimero: in breve le carceri tornarono a riempirsi. Cercando di capire il motivo potremmo pensare che sia necessario un intervento più risolutivo, che affronti il problema della detenzione in maniera radicale.

 

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Il carcere deve essere inteso solo in estrema ratio come una forma punitiva. Una società civile deve prima di tutto rieducare e poi punire. Il sistema detentivo italiano, seppure sulla carta tenda a questo, nella realtà effettua solo una dura repressione del detenuto che non viene rieducato e al quale non viene data alcuna possibilità di redenzione e di reinserimento sociale pilotato al termine della pena. È evidente che molti detenuti tornino, una volta fuori, a delinquere per inerzia e per mancanza di alternative.

 

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Risolvere la questione, quindi, dovrebbe passare attraverso una riforma totale del sistema, che deve formare il detenuto verso un cambio radicale dell’impostazione della propria vita, dandogli l’opportunità concreta di reinserirsi nella società in maniera costruttiva. Solo in questo modo si può limitare il ritorno a delinquere dell’ex detenuto.

 

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Nel contempo le strutture vanno modernizzate, ampliate, rese più umane. Esiste la possibilità di recuperare strutture inutilizzate e sfruttarle a scopi detentivi, alleggerendo il carico di persone rinchiuse nelle attuali carceri. Ma di questo non si parla, né si parla di riforme. Ora l’oggetto dell’attenzione è soltanto un provvedimento di clemenza generalizzata che non risolverebbe nulla riguardo ai problemi delle carceri, anzi, li potrebbe aggravare. Chiedersi per quale motivo si forzi tanto la mano in questa direzione e proprio in questo particolare momento storico è automatico. E dubitare anche per un attimo della buona fede di chi s’indigna nel momento più opportuno è legittimo.

Luca Craia


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