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Inediti di Rosaria Iuliucci

Creato il 11 dicembre 2014 da Wsf

Mi chiamo Rosy, ho 40 anni e sono nata a Napoli.
Nessuno mi ha indirizzato verso la scrittura, nessuno mi ha invogliato a farlo e nessuno mi dice che potrò farlo per sempre.
In questo trovo il coraggio di scrivere, costantemente e mettendomi a nudo. Diversamente non saprei.
Imparare a trovare il coraggio di scrivere mi ha messo al mondo con un gran bagaglio di gioie e dolori pronti per il viaggio. Un viaggio che mi insegna ogni giorno a trovare le parole giuste per quello che sono, che sento e che voglio essere. Per me scrivere e leggere è una sorta di esorcismo per l’Anima, una preghiera in continua guerra fra fede e essenza, come ascoltare la musica, mi riempie e mi svuota se serve.
Sono coredattrice di un salotto letterario web, grafica e autrice dello stesso sito.
Ho un blog personale dove pubblico le sensazioni più svariate di una donna in continua evoluzione. Partecipo a concorsi letterari che mi danno l’opportunità di farmi leggere nelle varie antologie, non ho ancora una pubblicazione personale, non so se resterà solo un sogno ma questo non mi limita le parole.
La mia non è vera Poesia, è un incontro intimo fra ciò che è Lei ed Io.

Rosy

[ nasco.sta ]

inizio daccapo /
con una croce rovesciata sul cuore
.un pugnale di fuoco che mi reclina la memoria
dal grembo e in fuori
come un cantico partoriente che mozza il sangue
e il suo fluire a foce

posso ricordarmi di essere nata in questa vita
.con possessione avvinghiarmi alla sua terra
e programmare la mia stessa dipartita
da un luogo che mi si apre sotto
e mi inghiotte
come fossero polsi aperti voraci d’aria

inizio dal punto in cui ho perso /
scricchiolando con ossa affrante verso
le spalle di un muro di carne
che non placa questa mia irragionevole voglia
di essere una chiesa profanata da Dio
di essere un Dio _nascosto alla morte

***

[ un cuore a picco ]

si rifugia sulla linea rossa della ragione
la scomposizione astratta che mi lucida le idee

il mio è un furore d’amore
un lampo di cuoio che mi vibra fra le dita
come il tatto morente di un turbinio di sale

divampa e poi ghiaccia
l’impronta necessaria a questo mio cuore

un suono che si fa gestazione nel ventre
e che a gomitoli di miele prende forma
di un amore che a picco prosegue nel suo compito
[ verso il dolore ]

***

[ della mancanza e di tutto il resto ]

tutto ha una forma d’accusa
una lega piegata sull’estensione caparbia
di un falò d’acciaio che acceca la notte

tutto si perde e si squama in diretta
con una visione castigata d’orgoglio
in una sciame di perdite che ne diviene poi fuoco

tutto è mancanza /
un rovescio di latte quotidiano che si fa forza a piegarmi nel suo impulso a colmarmi come ad attraversarmi con un taglio netto che va da una gota all’altra / senza frenare le risa sminuzzate da una corteccia di pelle che si castigano ancora per il supporto del pianto

tutto / è quanto

***

[ mi sfugge il mare ]

le sento a malapena le unghie
salate da una fitta sensazione di sfuggita
dalle cose / e dal mare che ho avuto sopra
nel quale ho saputo incamminarmi senza rinnegarmi
di essere un’agonia profonda
come un tonfo nel fondo
di un sonno perenne

***

[ L’Utopia della Follia ]

Si dirige la memoria verso quei giorni dalle schegge esplose
dove la follia è solo un Utopia andata contro mano
dritta al petto , dritta dove non c’è foce di ritorno
ne voce d’ombra per potersi accarezzare nel momento dell’abbandono
quando tutto colpisce , quando tutto è controvento
e non ti ritrovi che i polsi a tenerti strette le mani .
Fa freddo in quegli spazi d’inverno che non riesci neanche a serrarti le parole
per tenerle al caldo in un palato ormai serrato
da ciò che temevi fosse paura , patinata e plagiata
da un distacco dal collo e defilato dal cuore .

Predicare il dolore è un ambizione che sopraggiunte lenta senza richiesta .

***

[ inappetenza ]

Pensile di rispiri a ciondolare in silenzio
in quel dondolio notturno che non mi sposta le membra
ma che si sbarazza di ogni procedura di vento
che mi recherebbe aria alla pelle , e ai pensieri
che di notte mi avvolgono
di quel lenzuolo di garza che non traspira
di ogni mio calore
messo a terra , dove non può far rumore .

C’è inappetenza in questo corpo mio .
Sono come una fossetta d’espressione ricucita
una metafora per gli arpeggi sulla lingua
una dicitura di versi che non cola dalle labbra
e non si spacca se ha sete
ma che lascia liscia la parte della voce
quella mancante
che si partorisce con il cuore .

E’ inappetente e senza righe sulle gote quel che resta della vita mia .

***

[ accanto _ nuda ]

Mi pervade come un lembo di carne di confine
l’implicito sogno che mi si riproduce accanto
come un tocco seguace che si nutre purpureo
d’assonante senso dissonante d’assenso .

Mi scuote soffiandomi dentro
e con leccate d’organza mi veste
di un mutismo che mi afferra la gola
e sulla schiena si china
per sentirsi Padrona
di un corpo guarito
da una mente redente .

Mi traduce a morsi la sorte e il volere
con oscillanti palpeggi che mi esiliano il cuore
in quel gioco d’ardore
che non chiede alla testa
di strisciarmi accanto
e di avanzare serrando
verso una morte che si fa terra rossa
o un calvario che si ripete fra le ossa .

***

[ a te ]

con mano tesa
ti tengo stretto
come un sigillo
marchiato sul petto
flessibile sul cuore
senza recarti dolore

Io peso il tuo nome dalle labbra
Ti indosso d’ambivalente amore
Sei un brivido che freme e brucia
di una fiamma alta
che placa l’inferno che ho dentro


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