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Ineleggibilità, questa (s)conosciuta

Creato il 05 marzo 2013 da Catreporter79
In questi giorni, sta rimbalzando da un emisfero all’altro del pianeta internet  un link che segnala e denuncia l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi in base alla legge 361 del 1957 (per sommi capi, incompatibilità con ruoli di tipo politico per i detentori di concessioni pubbliche). Inoltre, esiste una petizione in tal senso che ha già raccolto 160 mila adesioni. Mi (dis)piace ricordare come proprio la sinistra, la stessa sinistra che adesso protesta e strepita per la mancata osservanza di quel testo di legge, abbia salvato il Cavaliere dal baratro dell’illecito. In due occasioni, infatti, in ben due occasioni, nel 1994 e nel 1996, il Comitato per le incompatibilità e le ineleggibilità fu chiamato a pronunciarsi sulla questione, e tutte e due le volte, la normativa del 1957 fu aggirata per un cavillo (Berlusconi non beneficia delle concessioni televisive in proprio ma tramite Mediaset, quindi l’ineleggibilità riguarderebbe solo Fedele Confalonieri, top manager dell’azienda). Ma vediamo i casi nello specifico:

Nel 1994, il Comitato è presieduto dall’ Onorevole Elio Vito, forzista. I ricorsi contro Berlusconi sono ben 3, e tutti e 3 vengono respinti con 14 voti a favore, 4 contrari e due astensioni. L’assise presieduta da Vito consta di 30 deputati, così distribuiti: 8 Progressisti, 6 della Lega, 5 di AN, 5 di FI, 2 Popolari, 2 PRC, 1 CCD, 1 Gruppo misto. Al momento del voto, però, i presenti sono soltanto 20. Pecoraro Scanio fece notare come i ricorsi sarebbero passati, se tutti i membri del Comitato, Popolari compresi, avessero presenziato e votato per il SI.

Nel 1996, il centro-sinistra vince le elezioni ed avrebbe, teoricamente, tutti i numeri per far valere la legge 361 (e per vararne una sul conflitto di interessi,) ma le cose andarono ben diversamente. La norma non passa, e tra i voti contrari si segnalano quelli dei deputati pidiessini Giuseppe Rossiello e Luigi Massa.

Secondo alcuni, fu D’Alema, ancora lui, a porre il veto sulla questione, e ciò al fine di preservare il clima di “appeasement” venutosi (per breve tempo) a creare con Berlusconi durante i lavori della Bicamerale. Curioso come proprio Oscar Mammì, ovvero il carneade fautore della legge che consegnò il monopolio dell’emittenza privata al Cavaliere, avesse così profetizzato: “Berlusconi non è eleggibile, ma cercherà di far passare la tesi che il padrone non è lui ma la società”.

Ieri, l’idolo totemico era D’Alema, oggi è Bersani. Bravi.



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