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Ineluttabilità VS Prevedibilità

Da Anima Di Carta

Ineluttabilità VS Prevedibilità

Immagine tratta dal film "Notorious"

Una delle affermazioni che uno scrittore teme di più a proposito del suo romanzo è: "La storia è prevedibile". Fa paura, vero? Dopo aver tanto amato i personaggi, dopo esserci sforzati di ideare una trama interessante e un intreccio accattivante, l'idea di sentirsi dire che tutto appare scontato suona come un vero e proprio fallimento.
La prevedibilità è temuta perché significa che il lettore riesce facilmente a intuire il seguito della storia, indovina facilmente cosa c'è nelle pagine successive, e di conseguenza perde interesse. Più che normale, chissà quante volte è capitato anche a noi, con libri, film e serie tv. Io e mio marito spesso scherziamo sulle trame, quando ci sembrano banali, e giochiamo a indovinare qual è la prossima mossa del protagonista o cosa gli capiterà. Forse il fatto che certe svolte e soluzioni siano così facilmente individuabili dipende dal fatto che davvero qualche volta gli autori si sforzano poco di rendere originali le trame e si appoggiano troppo spesso su situazioni ormai entrate nell'immaginario collettivo.
Quanto è bello invece quando qualcosa riesce a sorprenderci, quando facciamo un salto sulla sedia o quando un colpo di scena ci risulta proprio inaspettato. Per combattere il rischio della prevedibilità è utile per esempio non fermarci alla prima soluzione che ci viene in mente, ma scavare, aspettare anche del tempo finché arriva un'idea non scontata. Potremmo chiederci: a questo punto un lettore cosa si aspetta? E ovviamente scegliere qualcosa di alternativo, come un giocatore di scacchi che depista l'avversario con mosse non prevedibili.
Tuttavia, andare a caccia di soluzioni inedite, ricercare l'inaspettato e tentare a tutti i costi di sorprendere chi legge non sono le uniche strade possibili. La prevedibilità ha un antagonista molto forte: l'ineluttabilità.
Se il protagonista si mette a giocare con il fuoco, chiunque può prevedere che prima o poi le fiamme lo bruceranno. E vorremmo dirgli: smettila di stare tanto vicino al camino, allontanati, non lo vedi che è pericoloso? Ma lui non lo fa, continua ad attizzare il fuoco e noi stiamo sempre più in ansia. Sappiamo che qualcosa di brutto accadrà, ma non sappiamo quando né come. Stiamo in tensione, continuiamo ad assistere a una scena dopo l'altra temendo per la sua sorte. Un po' come accade per la protagonista del film di Hitchcock Notorious (uno tra i miei preferiti) che corre rischi sempre più grandi per amore.
Ci sono trame basate sul senso di ineluttabilità molto efficaci. Ultimamente ho visto Magic City, una serie ambientata a Miami nel 1959. Il protagonista è Ike Evans, proprietario dell'hotel super lussuoso Miramar Playa, che per portare avanti i suoi affari e risolvere alcuni problemi ricorre a un boss mafioso. Lo spettatore in questo caso sa bene che restare impelagati con quel losco individuo avrà un prezzo salato, si rende conto che per risolvere i suoi problemi il personaggio si ritroverà in guai ben peggiori da affrontare rispetto a quelli iniziali. Sono situazioni facilmente ipotizzabili. Si sente il sapore dell'ineluttabilità, di un destino che non si può evitare perché è insito nelle situazioni in cui si trovano i personaggi. E sentiamo ancora di più il bisogno di conoscere cosa accadrà, di sapere come ne verranno fuori. La pressione diventa sempre più grande, quasi insopportabile, fino all'esplosione finale.
Questo tipo di schema fa perno soprattutto sull'ansia che viene scatenata in chi assiste. Ed è per questo motivo che l'accento viene posto molto sui personaggi: sono loro stessi, con le loro azioni, desideri, passioni il motore di tutto; non ciò che accade intorno a loro, anche se all'inizio potrebbe essere un fattore esterno a dare il via. Sono i protagonisti a scatenare la crisi iniziale e a far camminare la trama, per questo è importante dar loro motivazioni solide a tutto ciò che fanno e chiedersi fino a che punto sono disposti a spingesi per ottenere ciò che vogliono. Si potrebbe far perno, in particolare, sui loro punti deboli e sui rapporti interpersonali.
Il senso di ineluttabilità viene essere trasmesso in modo particolarmente evidente nelle storie in cui il protagonista attua una specie di discesa agli inferi, per esempio quando commette un errore ed è costretto, per coprirne le tracce, a fare cose sempre peggiori. Ma credo che si possa applicare a moltissime situazioni, che hanno questo presupposto: "il destino se lo creano i personaggi".
In questo caso, anche il cambiamento dei personaggi deve sembrare ineluttabile, una conseguenza naturale delle scelte e delle sfide affrontate, su un terreno di disagio crescente.
Ma si può ottenere lo stesso effetto anche in altri modi. Per esempio mostrando al lettore più di quanto conosce il protagonista. Questo è un approccio molto usato in alcuni generi, come il thriller. Veniamo a sapere di un pericolo incombente – un nemico che si avvicina, per esempio – e temiamo per il personaggio, che invece è del tutto ignaro di ciò che sta per accadergli. Così si genera un senso di forte inesorabilità. Questa tecnica viene adottata soprattutto per rendere partecipi i lettori di situazioni ad alto rischio, ma nulla vieta di usarla anche in caso di pericoli incombenti più soft.
L'unica condizione per poter usare questo strumento è non concentrarsi su un punto di vista unico, ma mostrarne anche altri. Più informazioni e prospettive forniamo, in questo caso, più coinvolgiamo chi legge.
In definitiva, a volte per costringere il lettore a restare incollato alla sedia non serve inventare trame complicate, ma semplicemente fargli capire che dietro l'angolo c'è un mostro che lo sta aspettando.
Avete mai usato l'ineluttabilità nelle vostre storie?

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