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Anzi, c'è la tua nuova agenda che mi guarda.Quella del vecchio anno, quella blu, è riposta gelosamente nel cassetto dei ricordi che sfoglieremo avidamente tra qualche anno.
Su quella blu, io ho scritto per un bel po'.Un anno circa. Scrivevo di te, ancora nel pancione, scrivevo di quello che non vedevo.
Scrivevo di quello che (ti, ci) accadeva fuori.
Poi sei venuto al mondo. E io per un po' ho continuato a scrivere.
Scrivevo di come stavi, dove andavamo, cosa facevamo.
Poi un bel giorno, ho smesso di scrivere.
Tua madre, invece, continua a scrivere tutto meticolosamente come sempre.
Date, ricordi, persone, eventi.
Scrive dei tuoi passetti, delle tue pappe, dei tuoi sorrisi.Scrive dell'amore che ti circonda. Lei scrive. E io no.
Come se fossi bloccato.
Come quel libro enorme che, appoggiato sullo scaffale fino a pochi giorni fa, non avevo neppure il coraggio di guardare.
Due giorni, per essere precisi.
Quel libro che "Quando lo avrai finito, lui avrà il motorino...".E' rimasto lì un anno, ad aspettare le tue notti insonni, le mie notti insonni.
Ma tu hai sempre dormito. E allora quel libro è rimasto lì.
I giorni passano e quella cavolo di agenda mi guarda in cagnesco, perchè è la mia coscienza che, in un similpelle bordeaux, mi richiama all'ordine.
E poi c'è la mia pigrizia.
Quella delle poche giornate senza lavoro, quelle dei momenti in cui gioco con te (sempre pochi, ahimè), quella delle serate di relax nelle quali spegnere il cervello e restare lì sul divano diventa un piccolo miraggio.
E così, l'agenda non la riempio di tutte le parole e di tutte quelle emozioni che ogni giorno mi regali.
E così, per svoltare, prendo quel libro, e piano piano scalo il monte Everest della letteratura contemporanea.
E così, con la scusa, mi addormento per ultimo, e vengo a guardarti dormire, anche solo per un minuto, sperando che la notte passi veloce, aspettando il mattino per vedere il tuo sorriso.
Certi momenti non li puoi descrivere.
Non li puoi scrivere su nessuna agenda.
E mentre mi cresce un po' di barba, che non ti fai nemmeno avvicinare perchè pungo, mi guardo riflesso nello specchio con lo sguardo ebete e trasognato.
Poi mi giro e ti cerco.
Tu, il tuo sorriso e i tuoi occhi.
E la mia giornata comincia e finisce così, con un sorriso.
Il mio. Il tuo.
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