È stata riportata da alcuni organi di stampa di Roma la notizia che il Comune di Roma ha deciso di spendere 11,8 milioni da saldare tramite una permuta di beni patrimoniali per acquistare dal Tesoro lo stabile di via Napoleone III, fin qui di proprieta’ del Demanio nel quale si è comodamente collocata da anni la spensierata brigata dei neonazisti di CasaPound.
Il cambio di proprietà non li turba, ne hanno passare tante e non per nulla sono irriducibili: al catasto quando lo abbiamo occupato, dicono, risultava ancora di proprietà dell’Enims, un ente fascista discolto nel 1945.. e via via hanno coabitato con alcuni uffici del ministero dell’Istruzione e con alcuni “occupanti”, a differenza di loro davvero abusivi in quanto famiglie sfrattate quindi meno meritevoli di accoglienza, un termine che al sindaco Alemanno fa proprio venire l’orticaria.
Il Comune non ha reso nota la forma con la quale assicurerà la munifica ospitalità ai ragazzi irresistibili ben protetti dal capogruppo del Pdl Luca Gramazio, cavallo di razza del sindaco che infatti li ha voluti rassicurare: resta da vedere quali saranno i prossimi atti amministrativi. Nessuna ipotesi può essere scartata, certo si verificherà la possibilità che resti a CasaPound.
E certo c’era da aspettarsela questa magnanima concessione da un governo e una città che hanno fatto dell’iniquità, dello scambio di favori tra affini discutibili e di famigerati patti sottobanco con affiliati ubbidienti e esigenti, i caratteri dominanti della deriva democratica verso il più esplicito autoritarismo. Nessuno si illudeva che nel bel maniero di via Napoleone III trovasse ospitalità qualcuno degli sfrattati e senza casa che stanno ancora aspettando i 20 mila alloggi promessi da Alemanno e anche il milione di posti di lavoro assicurati dal premier che è riuscito intanto a garantirne nove ma prestigiosi.
Una classe dirigente ricattatrice è condannata a essere ricattata da chi la sostiene in assenza di principi idee obiettivi comuni in nome dell’interesse generale. E infatti, «Noi certo – dichiarano da Casapound – non lasceremo lo stabile dove siamo da 7 anni».
Proponiamo questa vicenda simbolica a chi continua a perseverare nell’obliqua e menzognera convinzione che non esistono più destra e sinistra, travolte dalla modernità, da nuove spazialità anche ideologiche, da quella liquidità che ha il sinistro effetto di acquietare coscienze annegandole nella deresponsabilizzazione, nell’omologazione, nell’oblio.
Si è una vicenda simbolica dello spirito del tempo. Meno sfrontato del premier – che dichiaratamente fa concessioni illegali all’illegalità, spalancando le porte già dischiuse alla criminalità, alla malavita organizzata e concedendo licenze inique a un popolo che lui vuole condannare allo stato di lumpenproletariato spaventato e disperato che si muove come vermi sul corpaccione di una città più disperata ancora – pur indossando il doppiopetto di caraceni sopra l’orbace di teppista e picchiatore, la classe dirigente di Roma interpreta la vocazione della destra, che c’è eccome. C’è e perpetua i suoi valori tradizionali: iniquità, erosione della coesione sociale in favore dell’individualismo e dell’egoismo, prepotenza e sopraffazione dei deboli, misure illiberali coniugate con l’esercizio della xenofobia e del razzismo, restrizione delle libertà collettive e individuali. Insieme con il primato del familismo, dell’affiliazione, della corruzione intrapresa anche su scala ideologica, del sessismo e dell’omofobia. E sull’oblio. E la loro opera non è stata sterile, se tanti neo volteriani ci impartiscono ancora la loro inquietanti lezioncine sul dovere di garantire diritti di parola e manifestazione a questi inguaribili ceffi che testimoniano un vergognoso passato ma minacciano di popolare anche la disperata “solitudine della ragione” del nostro futuro.