Sembrano appartenere a un'altra vita i giorni in cui Eragon era solo un ragazzo nella fattoria dello zio, e Saphira una pietra azzurra in una radura della foresta. Da allora, Cavaliere e dragonessa hanno festeggiato insperate vittorie nel Farthen Dûr, assistito ad antiche cerimonie a Ellesméra, pianto terribili perdite a Feinster. Una sola cosa è rimasta identica. il legame indissolubile che li unisce, e la speranza di deporre Galbatorix.Nono sono gli unici a essere cambiati, però: Roran ha perso il vilaggio in cui è cresciuto, ma in battaglia si è guadagnato rispetto e un soprannome, Fortemartello; Nasuada ha assunto il ruolo di un padre morto troppo presto, e porta sulle braccia i segni dell'autorità che ha saputo conquistare; il destino ha donato a Murtagh un drago, ma gli ha strappato la libertà.E ora, per la prima volta nella storia, umani, elfi, nani e Urgali marciano uniti verso Urû'baen, la fortezza del traditore Galbatorix. Nell'ultima, terribile battaglia che li attende rischiano di perdere ciò che hanno di più caro, ma poco importa: in gioco c'è una nuova Alagaësia, e l'occasione di lasciare in eredità al suo popolo un futuro in cui la tirannia del re nero sembrerà soltanto un orribile sogno.
La Recensione
Due lunghissimi mesi ci sono voluti per finire Inheritance, quarto e grazie al cielo ultimo capitolo della saga ideata da Christopher Paolini, e già questo dovrebbe essere sufficiente a farvi intuire qual è la mia opinione sul libro.Tedioso, monotono, barboso... quanti sinonimi conoscete dell'aggettivo noioso? Ecco, Inheritance ve li farà venire in mente tutti, compresi quelli che mai avevate sentito prima d'ora. Visto che siamo in tema di noia, mi vedo costretta ad essere noiosa anch'io e a ripetere quanto avevo già detto per Brisingr: era davvero necessario sdoppiare l'ultimo romanzo trasformando la trilogia in una tetralogia? Come già Brisingr aveva lascaito presagire, la risposta è, drammaticamente, no. La creatività di Paolini andava già vacillando ai tempi di Eldest, che pure si manteneva ad un livello narrativo medio alto, ma è con gli ultimi due romanzi che l'autore sembra aver smarrita la capacità di produrre un racconto veramente avvincente, annegata nei mal riusciti tentativi di trasformare la saga in un'epica. Per quel che mi riguarda, abbiamo l'ennesima vittima del "complesso di Tolkien", a causa del quale il desiderio dell'autore di inseguire la mitologia, il linguaggio e la tradizione delle terre di Alagaësia e dei loro popoli si avvinghia come un'edera ai pilastri della narrazione diluendo gli eventi oltre misura. Ciò che pregiudica la buona riuscita del romanzo è che l'autore, così come molti altri che come lui cadono in questo tranello, non possiede né la cultura né la poetica di Tolkien per cui ciò che ne Il signore degli anelli acquistava il fascino sognante del mito qui rimane prolissa e poco avvincente divagazione.
Lo stile narrativo che mi aveva entusiasmata in Eragon, complice anche la giovane età che aveva allora l'autore, ha perso in verve e dinamismo così da ridursi spesso ad una sterile, per quanto dettagliata, descrizione di eventi che si trascinano per pagine e pagine faticando a mantenere vigile l'attenzione del lettore. Questo è soprattutto vero nella prima metà del romanzo, quasi interamente composto da eventi di dubbia utilità per l'economia generale del racconto e che rafforzano il sospetto che Paolini stia banalmente tentando di "allungare il brodo" e giustificare la scelta di un quarto libro. Mi vengono in mente l'interminabile capitolo dedicato alla descrizione di una giornata tipo di Eragon e Saphira, le altrettanto interminabili sequenze dell'assedio di Feinster da parte di Roran e gli estenuanti e lunghissimi combattimenti di allenamento tra Arya e Eragon, nessuno dei quali aggiunge qualcosa di diverso a quanto già sapevamo di ognuno di questi personaggi e delle relazioni che instaurano fra loro. Lo scrittore confonde la ripetizione con l'approfondimento, nonostante i suoi sforzi la complessità psicologica dei personaggi spesso gli sfugge e questo è particolarmente evidente nella gestione del personaggio di Murtagh, i cui repentini cambiamenti di indole si accettano a fatica, così come lo sviluppo del suo rapporto con Nasuada appare un po' una forzatura studiata per dare un senso al rapimento e alla prigionia di quest'ultima, eventi che altrimenti non hanno la minima influenza sull'evoluzione della storia. Sebbene la relazione tra Eragon e Saphira rimanga il legame più sincero ed emotivamente coinvolgente del romanzo, si ha l'impressione che su di essa oramai sia stato detto tutto ciò che c'era da dire, mentre l'autore fatica a trovare altrettanta capacità espressiva nelle descrizioni delle relazioni uomo-donna, le cui (non)evoluzioni tradiscono una sorta di imbarazzo nell'affrontare l'argomento.
L'aspetto più deludente rimane, tuttavia, la parte della storia dedicata allo scontro finale con Galbatorix. Sarà che ho sempre faticato ad avvertire una qualche forma di terrore verso un cattivo che ha un nome a metà fra un gran capo Gallo e un formaggio morbido, ma quando egli finalmente appare sulla scena dopo migliaia di pagine in cui è restato nell'ombra l'effetto è piuttosto sconfortante. Non approfondisco il commento sul tanto temuto incontro fra i due per evitare spoiler, mi limito ad osservare che si tratta di uno degli scontri più privi di tensione e pathos che mai mi sia capitato di leggere. Peccato.Giudizio:+2stelle+
Articolo di Valetta
Dettagli del libro
- Titolo:Inheritance, o la volta delle anime
- Titolo originale: Inheritance
- Autore: Christopher Paolini
- Taduttore: Maria Concetta Scotto di Santillo
- Editore: Rizzoli
- Data di Pubblicazione: nov 2011
- ISBN-13: 9788817051965
- Pagine:834
- Formato - Prezzo: Copertina rigida- Euro18,00