Innocenti Evasioni

Da Lundici @lundici_it

casa dolce casa

11 vie di fuga dalle costrizioni quotidiane.
Conoscete il detto “L’uccellin che canta in gabbia, se non canta per amor, canta per rabbia”? Pensate sia così anche per voi? Per quel che riguarda me è proprio così e credo che tante persone della mia generazione fra famiglia d’origine e famiglia propria, la gestione della casa, impegni vari e lavoro pensino, almeno una volta al giorno, di sentirsi in gabbia, vincolati, prigionieri di orari, organizzazioni da sviluppare, incastri di tragitti ed esigenze da far collimare. Finisce che la routine, che si è costretti ad affrontare, ci  minacci come una spada di Damocle.

Allora per sentirsi liberi, leggeri, fuori, ci inventiamo vie di fuga, anche stupide, semplici o complesse, sciocche o profonde apparentemente senza scopo, ma che ci aiutano a sentirci meglio.

Ognuno trova la sua via d’uscita, personale e più o meno segreta, più o meno condivisibile. Quello di cui parlerò non vuole essere niente di prescrittivo o universalmente utile. Anzi spesso il mio problema è coglierla realtà e non andar via di testa, rimanere concentrata, non estraniarmi.

Ma se sto troppo sul pezzo, alla fine mi è indispensabile fare almeno una qualcuna o tutte le 11 cose che mi fanno evadere ogni giorno.

1 – Il mio canto libero

Una delle mie espressioni più libere e al contempo più osteggiate è il canto. Sarà che mi esprimo non proprio ai massimi livelli e spesso in situazioni inopportune? Fatto sta che quando guido, quando mi lavo, quando porto le figlie a scuola, quando cucino o rassetto, quando cammino per strada o vado in bicicletta, quando faccio la spesa, quando aspetto anche nella sala d’attesa del Pronto Soccorso, da sola, in famiglia o in mezzo alla gente, basta una parola o un gesto e subito mi si presentano testi musicali e li intono, spesso in inglese, perla NONgioia degli astanti, soprattutto se parenti e consanguinei. Come si suol dire: “Non canto perché son felice, son felice perché canto”.

Scrivere, leggere, liberi.

2 – Un bel tacer non fu mai scritto?

Quante volte il silenzio, il non voler, poter o riuscire a dire, vuoi per mancanza di prontezza, vuoi per quieto vivere, vuoi perché quel che vorresti dire non interessa a nessuno, vuoi perché, effettivamente non è sempre il caso di voler condividere per forza quello che si pensa, ci blocca, come se la voce ci rimanesse inchiodata. Io mi sento in preda ad una sorta di stitichezza espressiva. Per uscire da questa congestione, le cose che mi son rimaste lì, le scrivo. Una liberazione.

3 – Galline in fuga – Il pollaio, il gruppo Whatsapp con le amiche

Avete presente le chiacchiere da spiaggia, quei momenti in cui si parla di tutto e di niente, si sfogliano quotidiani impegnati e riviste un po’ frivole, si parla di scarpe e viaggi, di farmaci e di educazione scolastica, si controllano i figli che fanno il bagno e si discute dello ius soli. Ci si scambia libri e creme doposole. E alla fine ci si accorda per andare alla Sagra della cozza o comprare insieme un regalo di compleanno, fino all’ora classica della birretta o dell’aperitivo. Ecco questa atmosfera è riprodotta nella chat con le amiche. La sorellanza aiuta, anche in pratica. Fra un consiglio e una battuta, a breve la prima fuga nella Francia del Sud.

4 – Il cinema al cinema

Non si interrompe un’emozione. E in casa le interruzioni son superiori in quantità e qualità all’emozione di un qualsiasi film. Ecco che lasciar la casa, la tv ma anche le faccende da fare per finire al buio chiuso di una sala cinematografica è un’evasione completa. Il cinema al cinema mi coinvolge e allontana da tutto. In sala, anche un brutto film è meno brutto – spesso. Meglio di uno bello a casa, dove le incombenze domestiche e gli spot impoveriscono tutto.

Logan e Briscoe i detective di Law & Order.

5 – Law & Order

In casa oltre a cantare e scrivere, per staccare accendo la televisione. E l’unica cosa che mi garantisce uno stacco totale dalla realtà, pur permettendomi di essere multi-tasking, cioè adempiere alle mansioni domestiche, è il mitico police procedural, legal dramma Law and Order. Una serie di venti stagioni, 20 anni dal 1990 al 2010, per un totale circa 500 episodi. Sì, non puntate, ma episodi autoconclusivi. In 40 minuti (più pubblicità) riusciamo ad assistere al rinvenimento di uno o più cadaveri, un’indagine in più direzioni, interrogatori alla centrale di polizia, colloqui con ispettori, psicologi e medico legale, decisione dei pubblici ministeri di procedere contro i presunti colpevoli, attivazione del procedura di incarcerazione, preparazione e svolgimento del processo. E sentenza.

Come non affezionarsi ai detective Briscoe e Logan, Robinette e Green, Cerreta e Curtis, la mitica Van Buren, capo della polizia, donna e di colore, i pubblici ministeri Stone, McCoy ela Kincaid, e il loro capo Adam Schiff? La soluzione di casi giudiziari nel lasso di tempo di una puntata mi fa sentire soddisfatta e a posto. E ogni tanto sogno che lo zio Lanny Briscoe, invece di arrestarmi, mi aiuti ad evadere.

6 – Insonne per lettura

Anche leggere è un momento di fuga. Ma quando si trova il tempo? Rinunciando a dormire. Cosa c’è di più proprio e intimo di una lettura nel silenzio e nel tepore del proprio letto alla luce dell’abat-jour, a notte fonda, mentre tutti dormono? Meglio che rimuginare sulle cose fatte e quelle da fare. Buonanotte (al secchio).

7 – Due lacrimucce

Quando ci vuole, ci vuole. A volte non ci resta che piangere. Come per le parole, a forza di mandar giù, di gestire rabbia, stress o mettere insieme cose che ci stancano, feriscono o addolorano, ecco a un certo punto che spunta una canzone alla radio o col telecomando, cambiando canale, vedo una scena di un film, anche stupido e mi commuovo. Libera di lasciarci andare. E se non trovo nulla per caso, c’è sempre un cofanetto di Gray’s Anatomy, in particolare la serie in cui muore George.

8 – 20 – 30 minuti al mattino

Al mattino, dopo che le figlie sono andate a scuola – spesso accompagnate da me, che viaggio così avanti e indietro fra le 7,30 e le 8,30 – qualche volta è la mia volta. Posso starmene in bagno senza che nessuno entri o mi chiami, far colazione da sola leggendo un giornale o controllando la posta o se c’è il marito finalmente sentirci coppia e non solo genitori. In questi momenti, quando capitano, non canto.

Guidare, oh oh, cantare, oh oh oh …

9 – Driving with the daughters

Embè, anche Bruce Springsteen ce lo ha insegnato, guidare per non pensare. E se lo si fa con le figlie a bordo, l’occasione è ghiotta. Giriamo senza meta, chiacchierando, ascoltando musica – io provo anche a cantare, a volte lo facciamo insieme – ridendo. Ad ogni incrocio a turno le ragazze decidono: destra, sinistra o dritto? In genere scelgono la svolta imprevista che ci allontana dal rientro, dalla casa, dalla spesa da mettere via, dallo studio, dalla doccia coi capelli, dall’andare a letto. Poi dicono che uno si butta a sinistra.

10 – L’utente chiamato non è al momento raggiungibile

Non mi sento mai così libera e in fuga come quando sono giustificata per aver il telefono spento.

e L’Undici

L’ultimo ma non per importanza è L’Undici, decisamente la mia oasi ecologica della mente: sì, è vero le scadenze esistono. Ma anche se c’è il direttore, ci sono i padri fondatori, per me e per tutti coloro che partecipano, c’è una libertà rilassante e costruttiva. Non c’è occasione in cui non mi senta fuori dalle costrizioni e libera di raccontare e raccontarmi, di dire la mia. Gli unici vincoli, oltre alle date di uscita? La gabbia grafica, e, a volte, riesco a non farmi limitare anche da quella.

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