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Inquinamento e pelle dei bambini, quali rischi?

Creato il 26 novembre 2013 da Informasalus @informasalus

pelle bambino
A causa dell'inquinamento aumentano le malattie della pelle dei bambini

A causa dell'inquinamento aumentano le malattie della pelle dei bambini. Negli ultimi dieci anni, infatti, è aumentato del 10% il rischio di  irritazioni cutanee, eczemi, eritemi e desquamazioni, segni tipici della dermatite atopica.
In particolare fra i 2 e i 5 anni d'età, gonfiando ulteriormente numeri già triplicati negli ultimi 3 decenni. I sintomi colpiscono ora il 63% dei piccoli. Sebbene nella maggior parte dei casi si risolvano spontaneamente entro il terzo anno di vita, oggi in quasi il 20% dei bambini il problema persiste fino ai 7 anni.
Sotto accusa, in particolare,  emissioni di metalli pesanti dalle marmitte catalitiche, specialmente di palladio; acqua del rubinetto troppo dura e calcarea.
A lanciare l'appello per una maggiore attenzione alla prevenzione e alla cura della dermatite atopica è Paidòss, l'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza, dalla VII conferenza dell'International Network on Children's Health, Environment and Safety (Inches) tenutasi a Gerusalemme.
Gli esperti avvertono che il rischio riguarda soprattutto i bambini che vivono nelle aree industrializzate e nelle grandi città, con traffico intenso, alti livelli di smog, inquinamento, fumo, escursioni climatiche, vento, pioggia e umidità.
Gli specialisti non escludono tuttavia che a minacciare la pelle delle nuove generazioni siano anche fattori indoor: polveri, acari, contatto con animali e cibi meno salutari e più ricchi di allergeni, che sommano il loro effetto a quello della mutazione e perdita di funzionalità del gene per la filaggrina (Flg), principale fattore di rischio noto per la dermatite atopica.
Come spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss ancora oggi “le mutazioni con perdita di funzione del gene per la Flg sono il fattore di rischio più elevato per sviluppare la dermatite atopica, una malattia con prevalenza in età pediatrica del 10-15%. “Ma i più recenti studi attestano che nel 40% dei bambini che ne sono portatori la patologia potrà anche non manifestarsi. Un segnale che indica che la malattia è sempre più dipendente da fattori correlati all'ambiente esterno, agli stili di vita e ai cambiamenti dell'ambiente domestico attuatisi nel corso degli ultimi 50 anni. Si ipotizza dunque che proprio l'interazione fra questi fattori ambientali e genetici possa portare al riacutizzarsi della dermatite atopica".
"Laddove possibile – raccomanda Mele - è importante prevenire la malattia evitandone le cause scatenanti". "La prima azione – ha precisato Giuseppe Ruggiero, coordinatore scientifico di Paidòss - è prevenire o lenire i maggiori disturbi della dermatite, rappresentati da prurito, eczemi, secchezza diffusa, perdita di compattezza e turgore, comedoni e punti neri, brufoli, specie nelle zone a maggior rischio quali le mani e il viso (i più esposti agli agenti irritanti) o le gambe e le ginocchia (maggiormente soggette allo sfregamento degli indumenti)".
Accanto alle indicazioni terapeutiche e comportamentali, Mele evidenzia  l'importanza dell'impostazione di una 'dietoterapia' specie d'inverno quando la pelle è privata dei benefici del sole e la dieta è più ricca di carboidrati e grassi. “L'alimentazione in questa stagione deve prevedere un maggiore apporto di frutta e verdure per assumere vitamine e sali minerali, pesce, grassi di origine vegetale, fibre e cereali, arricchita da molta acqua e da un limitato consumo di bevande zuccherate. Infine, sarebbe importante istituire programmi educazionali utili a prevenzione e curare la dermatite topica allo scopo di consentire al bambino e alla sua famiglia di avere una vita quasi normale, evitando misure non necessarie e costrizioni inutili".
La dermatite atopica è la più diffusa delle malattie dermatologiche in età pediatrica. Essa  è di origine congenita e genetica (se ne soffre un solo genitore il figlio ha il 60% di probabilità di soffrirne a sua volta, che salgono all'80% se entrambi i genitori hanno la patologia) ma, spiegano gli esperti, può svilupparsi per sensibilità a vari fattori.


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