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Era dal mio "incontro" letterario con gli scritti di Don Milani che non leggevo delle testimonianze pedagogiche così forti.
Ripenso a tutta quella spazzatura che stampano, vendono e fanno studiare i pedagogisti delle università che fra i giovani della scuola non ci sono mai stati.
Quella raccontata nel libro, è invece una pratica sul campo; infatti, l'autrice insieme ad un gruppo di maestri e insegnanti di strada, è stata fra le animatrici del progetto "Chance", che dalla metà degli anni novanta, ha scelto di lavorare con i ragazzi che nelle nostre scuole non trovano più posto: i ripetenti e i poveri, quelli che il nostro sistema scolastico espelle in fretta.
La difficoltà di educare e istruire nei quartieri più degradati di Napoli, Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, sono raccontate con una prosa diretta, efficace e che pone interrogativi, sferrandoti spesso numerosi pugni allo stomaco.
Per molti di questi ragazzi, che la camorra e il degrado hanno segnato con un marchio d'infamia che ti porti dietro per tutta la vita, l'opportunità di conseguire la terza media o un diploma professionale ha rappresentato una via d'uscita, la salvezza.
Un altro elemento importante è il tempo. Nella scuola di tutti i giorni noi insegnanti non consideriamo mai il fattore tempo, o meglio se lo facciamo è solo per scandire compiti, interrogazioni e scadenze burocratiche, non ci rendiamo conto che invece sul tempo dobbiamo investire ed ogni ragazzo ha i suoi tempi di crescita, quanto più i nostri obiettivi saranno alti, tanto più avranno bisogno di tempi lunghi.
A scuola invece ci si accontenta di obiettivi minimi, perchè le risposte sono immediate, ma che alla lunga depotenziano la forza di cambiamento che ha l'EDUCARE.
Ma per fare questo bisogna scegliere!
Una scelta Carla l'aveva fatta già durante il '68, militando nel movimento studentesco alla Normale di Pisa e diventandone una delle leader più carismatiche. Una rarità, visto che storicament il '68 fu fortemente maschilista e le ragazze erano solo "l'angelo del ciclostile".
Carla no! La sua attività instancabile e il suo "dire" colpivano da subito.
Ricorda Beppe Slaviero, all'epoca militante di Lotta Continua: "Il giorno della strage di Piazza Fontana eravamo a Pavia con il mio gruppo torinese per un'assemblea studentesca; sentendo parlare una ragazza rimasi colpito, chiesi a uno studente pisano: - Chi è quella lì????- lui prontamente mi rispose:
"E' Carla Melazzini: il nostro faro!!".
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