> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="Inseguendo la balena: un ricordo di Enzo Baldoni >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-33367" />
La parabola è alta, tesa, fulminea. Il foglio A4 che avevo appena piazzato nel cono di luce della lampada da tavolo di fronte a me è appena rattrappito in una pallottola di carta.
La guardo sorvolare lo spazio aereo dello studio di Piazza Sant’Agostino 16 e infilarsi nel cestino alle mie spalle con un “crunch”. Tiro da tre punti. Preciso al millimetro.
Poso lo sguardo sull’omone acquattato nella penombra della sala.
Sto per azzardare una faccia di circostanza, ma lui comincia a sghignazzare, spazzando via ogni ombra di tensione con una risata sottile ma robusta che sfuma in un “eeeeeehhh…” lunghissimo.
Il silenzio dura un secondo, ma a me sembra un secolo. Poi il cetaceo più grande di Milano allarga i fanoni e si scrolla via il mio compitino di scrittura con un colpo di coda.
“Era una merda”, sbadiglia, grattandosi la nuca. “Però secondo me la stoffa ce l’hai. Facciamo così: Io ti do un po’ del mio tempo. Tu mi dai il tuo metaforico culo. Ci troviamo qui una volta alla settimana e facciamo un po’ di moonlighting”.
“…”
“Vuol dire che si lavora di sera. Ogni martedì”. Poi si alza, mi poggia una mano sulla spalla, e accompagnandomi alla porta mi sussurra “Dammi pochi mesi, e farò di te un vero uomo”. È l’autunno del 1988.
Flash Forward. Sedici anni dopo. Ne è passato di inchiostro digitale sotto i ponti.
È il 22 agosto 2004. Io ed Elena siamo in Sardegna, a casa di amici. Ora di cena. Sto preparando lo stomaco a un’abbuffata di gamberoni con un bicchiere di vermentino fresco, quando squilla il cellulare. È mio padre.
“Hai saputo di Baldoni?”, chiede. Baldoni chi? Non sento Enzo dal giorno in cui abbiamo interrotto la nostra collaborazione, all’inizio degli Anni novanta. Una scelta condivisa: io avevo troppa ansia di camminare con le mie gambe, lui troppa tenacia nel tenermi al guinzaglio. Non ci eravamo lasciati benissimo, e da allora non ci siamo più sentiti.
Il silenzio dura un secondo, ma a me sembra un secolo. “Era in Iraq. L’hanno sequestrato i jihadisti. L’ho sentito alla radio”. Fine delle vacanze.
Il 25 del mese rientro a Milano. Ovviamente la storia fa notizia. Io ho un groppo allo stomaco. Non perché sia preoccupato per Baldoni. Ma perché non riesco a conciliare il cavaliere senza macchia della Tv e dei quotidiani con il simpatico figlio di puttana con cui collaboravo. Ma in fondo, che ne so? Nella vita si cresce. Magari, in questi anni, Enzo si sarà reso conto che certi eccessi stonavano con la sua anima guascona e generosa. E magari io ho capito che sul lavoro nessuno ti dà niente per niente. E che lui, sì, mi ha spiegazzato un po’ l’anima. Ma mi ha insegnato il mestiere, spalancandomi un sacco di porte. I sensi di colpa mi danno la nausea.
La notte stessa, in un brutto sogno che non dimenticherò più, sono il primo a sapere che Enzo non farà ritorno. Lo scopro vagando nei meandri di una casa semidiroccata e spoglia, colma di detriti come dopo un terremoto. Lui mi aspetta in una stanza male illuminata, coperto di sangue da capo a piedi, e ha una faccia terribile, inespressiva, gli occhi velati come le trote sulle bancarelle del mercato. Vivo, ma allo stesso tempo morto. Roba da farsela sotto. Invece, non faccio una piega: tanta era l’ansia di rivederlo che mi va bene anche così. Mi slancio verso di lui per abbracciarlo, ma si schermisce. Si limita a stringermi la mano e dirmi che è tutto a posto, e che è passato a salutarmi ma deve andare. Poi svanisce.
Negli anni successivi, ci saranno altri sogni. Sogni molto vividi, Enzo insaccato in una tuta nera come negli sketch dei Gufi, acciaccato dalla solitudine. Enzo vestito di bianco Liberace che si pavoneggia in un paradiso stile Armando Testa. E poi l’ultimo, il più recente, il più bello, qualcosa come due anni fa: Enzo finalmente trasfigurato in una balenottera azzurra che vola via nel cielo. Ce ne sarebbe d’avanzo per tirarci fuori una bella storia a fumetti, ma ai familiari l’idea non va giù: “Troppe persone hanno parlato e scritto di Enzo senza saperne molto”, mi manda a dire Giusi, sua moglie. È dolorosamente vero. E dolorosamente importante. Abbastanza da rinunciare.
Già, i fumetti. Baldoni li leggeva, li capiva, li amava. Ma era un amore adulto, temperato da anni di esperienze che col fumetto non avevano niente a che spartire, lontanissimo dall’integralismo fine a se stesso dei geek Marvel e DC che sprecavano tempo a sparargli addosso sulla pagina della posta di “Corto Maltese” e “Batman“.
Forte di una tecnica di scrittura affinata in tonnellate di letture ed esercizi di stile e convinto com’era che una buona traduzione stesse più nella sostanza che nella forma di un testo, fuggiva le ovvietà come la peste. Per lui, ridurre Harvey Dent a un “Due Facce” qualsiasi era una diminutivo: “Doppia Faccia” avrebbe espresso molto meglio il dualismo del personaggio, con buona pace di chi conosceva a menadito la rogue gallery del Dark Knight.
Piuttosto che passare il tempo a farsi le pippe sul sesso degli angeli con il sottoscritto, preferiva passarlo al telefono con gli autori per uscire dai passaggi “impossibili”, o immerso fra le tonnellate di reference che aveva accumulato alla bisogna – da Wodehouse, a Liala, a The Comics Journal.
Così per Doonesbury, con i suoi continui riferimenti alla politica Usa. Così per “Signal to Noise”, rititolato “Apocalisse Personale” dopo una chiacchiera con Neil Gaiman himself.
Così per lo slang mutante di “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”, i deliri del pazzoide di “Batman: Anno uno” e il numero da Vaudeville del Joker in “The Killing Joke”, interiorizzati, digeriti e riscritti con diabolica efficacia.
Per non parlare delle sue introduzioni: dove non arrivava con la cultura specifica, arrivava con il pensiero laterale. E le sorprese non mancavano mai.
Io, per dire, non mi sono ancora stancato di seguire le sue peregrinazioni. E chi lo sa: non è detto che prima o poi non riesca a rivederlo. Questo sì che sarebbe un lieto fine.
Enzo amava leggere e farsi leggere e leggerlo è il miglior modo per ricordarlo.
Il blog del suo soggiorno in Iraq: bloghdad.splinder.com
a Timor Est: www.balene.it/enzo/timor/mail-timor1.html
in Colombia: ribelli2.splinder.com
a Cuba: kubakuba.splinder.com
Il Blog del collega e amico Pino Scaccia: scaccia.splinder.com
Anocra oggi gli amici di Enzo Baldoni si ritrovano sempre su Zonker Zone, il gruppo di Yahoo ispirato a Doonesbury e fondato dal nostro su Linus per poi trasmigrare in Internet: it.groups.yahoo.com/group/Zonker_Zone
Lospaziobianco in passato ha dedicato alcune interviste ed articoli ai fumetti di Trudeau; di seguito potete trovarne i link così come della “brevisione” relativa al volume di Linus “Speciale dedicato ad Enzo Baldoni”:
Brevisione sullo speciale Linus dedicato a Enzo Baldoni: www.lospaziobianco.it/?p=11913
Recensione di Doonesbury: www.lospaziobianco.it/?p=3364
Lo Speciale Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/?p=4676
Intervista a Omar Martini: www.lospaziobianco.it/?p=4675
Doonesbury. L’integrale: un’impresa storica: www.lospaziobianco.it/?p=4677
L’informazione USA e il “Mike Doonesbury journalism”: www.lospaziobianco.it/?p=4678
Guida per scoprire Doonesbury (da Il Post): www.ilpost.it/2010/10/25/guida-doonesbury
Copertina numero di Linus speciale: www.lfb.it/fff/giorn/aut/b/baldoni/bald_linus.jpg
La pagina dedicata ad Enzo Baldoni su Wikipedia: it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Baldoni
Pagina di Wikipedia dedicata a Doonesbury: en.wikipedia.org/wiki/Doonesbury
Pagina di Wikipedia dell’autore Garry Trudeau: en.wikipedia.org/wiki/Garry_Trudeau
Il funerale nel racconto di Pino Scaccia: scaccia.splinder.com/post/23663866/il-lungo-viaggio-dalla-mesopotamia-in-valnerina
l nostro ricordo in occasione del funerale di Enzo Baldoni: www.lospaziobianco.it/23053-balene-…do-Enzo-Baldoni
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