ROMA – “Maestra, Marco mi fa il verso”. Ormai, fare un verso alla compagna di classe è cosa superata. Adesso tra compagnucci ci si prende a parolacce e insulti. Anche gravi. E subito dopo? I compagnucci tornano a giocare insieme come se nulla fosse. È questo il ritratto dipinto a scuola da maestri, bidelli e presidi di scuole medie -ma anche elementari- degli ultimi anni.
“Sei una puttana, speriamo che un benzinaio te lo mette in cu**o”, “ciccione di merda”, un lapidario “fanculo” riferito ai professori. Come si legge sul “Fatto Quotidiano”, infatti, ormai il gergo a scuola sembra essere questo. Claudia, maestra da vent’anni alle elementari, spiega alla giornalista Chiara Paolin:
“Dire stronzo al compagno di banco è come dire sciocchino. Una volta li mandavamo dalla preside per una parolaccia, ormai non si può più: tra i bambini di 8-9 anni gli insulti più grevi sono la normalità. ‘Fanculo, ci dicono”.
Tempi duri per l’insegnamento a scuola:
“Eh, l’altro giorno uno ha dato un morso troppo grande alla merendina dell’amichetto e si è sentito chiaramente un ‘ciccione di merda’ volare in mezzo al cortile – spiega la bidella -. Mi si è gelato il sangue. I bimbi hanno continuato a urlare e correre come niente”. Mimare il vomito sulla spalla del vicino o minacciare un “ti cago in faccia” è insegnamento tratto da cartoni edificanti come “A tutto reality”. Gestacci dell’ombrello e formule semplici tipo “dai, cazzo!” derivano invece dalle serie tv stile “I soliti idioti”, caroselli consumati prima di cena mentre i grandi cucinano.
“Perchè ti arrabbi, l’ho sentito al cinema!” dice il pargolo. “É vero, l’ho portato a vedere il film con De Sica lo scorso Natale, e qualche passaggio m’ha imbarazzato – ammette una mamma in attesa di colloquio -. Voleva andarci a tutti i costi, si sentiva piccolo a vedere il cartone che gli proponevo io. Ho ceduto, e comunque è uguale, perchè gli altri già parlano così”. La maestra apre la porta, fa entrare, dice quello che vale quasi per tutti: “Ragazzino sveglio, capisce e impara, ma appena può scherza, si distrae, non disdegna spintoni e volgarità”.
Le parolacce e gli insulti, ormai, a scuola hanno preso una piega diversa, sono “lo scherzo quotidiano”. Sono l’evoluzione 2013 del classico “sei cicciona” che ai tempi nostri ci costavano pagine e pagine scritte di “non si dice cicciona alla compagna”. A farne le spese? I bambini più fragili:
“I bambini che restano muti tra i vaffanculo sottovoce di mamma e papà in litigio, o i colleghi del calcetto convinti nel decretare: “Non vali un cazzo, perché non t’ammazzi?”. La frustrazione, a volte, dispera. La bambina che mandava la foto del suo lucidalabbra nuovo su WhatsApp è diventata “la puttana della I B” che molti chiameranno così oggi, in cortile, mentre gioca a pallavolo”