integra il reato di cui all’art. 660 codice penale l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa, trattandosi di luogo virtuale aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete e quindi di “luogo aperto al...

Creato il 12 marzo 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario
Avv. Tiziana MASOERO foro di TorinoUna recente decisione della Suprema Corte (Cass. pen. Sez. I, 11-07-2014, n. 37596) ha chiarito che integra il reato di cui all’art. 660 codice penale l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa, trattandosi di luogo virtuale aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete e quindi di “luogo aperto al pubblico.
I Giudici in particolare hanno precisato che l’espressione “luogo pubblico o aperto al pubblico“, che non accompagnata dalla condizione della contemporanea presenza di più persone, ricorre nella previsione di talune fattispecie di reato, come ad esempio negli artt. 352, 404, 405, 660 c.p., ecc., deve intendersi, per luogo pubblico quello di diritto o di fatto continuativamente libero a tutti o a un numero indeterminato di persone mentre, per luogo aperto al pubblico, quello anche privato, al quale però, un numero indeterminato di persone ovvero un’intera categoria di persone, può accedervi senza limite o nei limiti della capienza, ma ciò solo in determinati momenti o alle condizioni poste da chi esercita un diritto sul luogo. Ne consegue dunque che la possibilità di considerare un luogo privato “aperto al pubblico”, è questione di fatto in quanto dipende dalle condizioni all’accesso poste dal titolare dello ius excludendi.


Fonte: Il reato di molestie attraverso l’uso dei social network 

(www.StudioCataldi.it)

DA Il reato di molestie attraverso l’uso dei social network


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