In fondo, ne siamo pienamente consapevoli. Amiamo l’Inter proprio per questo. Perché è “pazza”. Perché quando ti aspetti che abbia toccato il fondo riesce a risollevarsi, magari soltanto per riaccendere una speranza che svanirà la partita successiva. L’Inter è scariche di adrenalina pura, incazzature colossali, voglia di tirare la prima cosa che hai in mano contro il televisore e capacità di essere sempre imprevedibile. L’Inter non è la moglie ideale, troppo volubile e lunatica. Però se non vuoi annoiarti, se vuoi vivere sempre a mille, sull’ottovolante, sai da chi devi andare. Il calcio come metafora della vita incarna il bisogno di sfuggire dalla quotidianità, dalla noia della routine, da quel senso di già visto che non accende niente. Perché se giochi contro l’ultima in classifica, già retrocessa, ti aspetti una passeggiata, una vittoria che presumi non servirà comunque a niente, avendo valutato come irraggiungibile il terzo posto. E invece, con l’Inter, l’imponderabile è dietro l’angolo. Stramaccioni conferma l’albero di Natale, sostituendo soltanto qualche interprete: Castellazzi per Julio Cesar, Obi per lo squalificato Stankovic, Pazzini al posto di Milito, per fare tirare un po’ il fiato al Principe e per vedere se il “Pazzo”, con la primavera, esce dal letargo. Macché: un paio di buone occasioni che un tempo avrebbero gonfiato la rete sciupate in malo modo (una clamorosa al 21’), ci fanno capire che non è annata. E che forse sarà l’ultima. Il resto lo fa Antonioli, che è molto attento e para tutto ciò che passa dalle sue parti, opponendosi con ogni mezzo, anche con il volto, come è accaduto sul finire del primo tempo, quando è stato abbattuto da Lucio. Il bunker del Cesena regge, ma il gol sembra nell’aria. E puntualmente arriva nella porta sbagliata, secondo una tradizione consolidata in casa nerazzurra. Le prove generali del contropiede bianconero portano alla traversa colpita da Iaquinta e, un minuto dopo (8’ st), al vantaggio di Ceccarini, aiutato da una deviazione di Nagatomo. Ma la “pazza Inter” non delude, in questo caso aiutata dalla fortuna (deviazione decisiva di Von Bergen sul tiro di Obi). Poi dentro Milito, per uno spento Pazzini, e Zarate (out Alvarez), l’hombre del partido. Rimonta e gufata nel posticipo serale che si concretizza. Ora gli astri sembrano emanare una luce nerazzurra, ma guai a considerare risolta la multiproprietà del terzo posto.
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In fondo, ne siamo pienamente consapevoli. Amiamo l’Inter proprio per questo. Perché è “pazza”. Perché quando ti aspetti che abbia toccato il fondo riesce a risollevarsi, magari soltanto per riaccendere una speranza che svanirà la partita successiva. L’Inter è scariche di adrenalina pura, incazzature colossali, voglia di tirare la prima cosa che hai in mano contro il televisore e capacità di essere sempre imprevedibile. L’Inter non è la moglie ideale, troppo volubile e lunatica. Però se non vuoi annoiarti, se vuoi vivere sempre a mille, sull’ottovolante, sai da chi devi andare. Il calcio come metafora della vita incarna il bisogno di sfuggire dalla quotidianità, dalla noia della routine, da quel senso di già visto che non accende niente. Perché se giochi contro l’ultima in classifica, già retrocessa, ti aspetti una passeggiata, una vittoria che presumi non servirà comunque a niente, avendo valutato come irraggiungibile il terzo posto. E invece, con l’Inter, l’imponderabile è dietro l’angolo. Stramaccioni conferma l’albero di Natale, sostituendo soltanto qualche interprete: Castellazzi per Julio Cesar, Obi per lo squalificato Stankovic, Pazzini al posto di Milito, per fare tirare un po’ il fiato al Principe e per vedere se il “Pazzo”, con la primavera, esce dal letargo. Macché: un paio di buone occasioni che un tempo avrebbero gonfiato la rete sciupate in malo modo (una clamorosa al 21’), ci fanno capire che non è annata. E che forse sarà l’ultima. Il resto lo fa Antonioli, che è molto attento e para tutto ciò che passa dalle sue parti, opponendosi con ogni mezzo, anche con il volto, come è accaduto sul finire del primo tempo, quando è stato abbattuto da Lucio. Il bunker del Cesena regge, ma il gol sembra nell’aria. E puntualmente arriva nella porta sbagliata, secondo una tradizione consolidata in casa nerazzurra. Le prove generali del contropiede bianconero portano alla traversa colpita da Iaquinta e, un minuto dopo (8’ st), al vantaggio di Ceccarini, aiutato da una deviazione di Nagatomo. Ma la “pazza Inter” non delude, in questo caso aiutata dalla fortuna (deviazione decisiva di Von Bergen sul tiro di Obi). Poi dentro Milito, per uno spento Pazzini, e Zarate (out Alvarez), l’hombre del partido. Rimonta e gufata nel posticipo serale che si concretizza. Ora gli astri sembrano emanare una luce nerazzurra, ma guai a considerare risolta la multiproprietà del terzo posto.
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