Walter Mazzarri al debutto ad Appiano Gentile.
Foto tratta da www.inter.it
PERSONAGGI (Appiano Gentile). E’ il Mazzarri-day alla Pinetina e l’attenzione è tutta sul nuovo allenatore dell’Inter, sbarcato ad Appiano Gentile in completo elegante scuro con un tocco di napoletanità nella cravatta, azzurro “nostalgia”. Ma è l’unico segno di un passato cui il 51enne toscano non pensa più, per lui il presente si chiama Inter e la missione è presto detta: tornare a vincere. “Segreti non ne conosco – esordisce il tecnico – porto la cultura del lavoro. Mi sono sempre basato sul rispetto delle regole e sul rispetto reciproco. I successi partono dalla cura dei dettagli, del lavoro e del duro sacrificio. Sono considerato un tattico, cerco di dare un’impronta ben definita alle mie squadre. Nel calcio attuale bisogna essere preparatissimi a livello fisico e mentale. Per me l’allenamento è sacro, e non si salta a meno che non ci siano motivi serissimi. Bisogna correre più degli altri e arrivare prima degli altri sul pallone, altrimenti le partite non si vincono. Nella prima parte del ritiro, nei primi quindici giorni, faremo doppi allenamenti voglio subito pesare la sopportazione massima al sacrificio , al lavoro, alla fatica”.
Torna spesso, durante la conferenza stampa, il concetto di “squadra”, sul quale Mazzarri insiste parecchio: “E’ vero che l’allenatore è l’unico chiamato a rispondere del gruppo, perché anche nella sconfitta il calciatore singolo può uscirne bene, ma voglio che fin da subito si capisca che la squadra viene prima di tutto. Da lì poi la strada è in discesa”. Una strada che dovrebbe sancire la rinascita: “A me la parola ciclo e progetto piace fino a un certo punto. L’Inter ha il dovere di tornare competitiva, di lottare e di competere. I risultati dobbiamo farli subito, poi sui risultati si costruiscono i cicli. Dello scorso anno preferisco non parlare, credo che la rosa fosse migliore rispetto alla classifica conseguita ma non entro nel merito di chi ha lavorato qui e che rispetto. Non so cosa sia successo. Ma questa squadra deve tornare a vincere nel proprio stadio, il tifoso interista vuole vedere una squadra tosta”
Mazzarri parla con il suo staff.
Foto tratta da www.inter.it
Non è l’umiltà la caratteristica principale di Walter Mazzarri, questo si sa, ma con la sua consueta schiettezza spiega quali sono stati i motivi per i quali Moratti l’ha scelto: “Perché mi ha scelto Moratti? Io sono un accentratore, tendo a fare da riferimento a tutti quelli che lavorano con me, e io credo che Moratti cercasse proprio questo, un allenatore che gestisse molto”. E sul recente passato dell’Inter: “Credo bisognerà lavorare anche molto sull’autostima, visto come è finita la scorsa stagione. Bisogna dare un sistema che tuteli i giocatori e che gli permetta di riguadagnare quella autostima che forse è andata un po’ perduta. Io alleno e cerco di tirare fuori il meglio dagli uomini che il club mi mette a disposizione. Moratti dice che allenare l’Inter è un’altra cosa? Se lui lo dice vuol dire che è vero, lo scoprirò, ma aver allenato quattro anni a Napoli mi fa dire che posso allenare ovunque… Credo di essere l’uomo adatto per guidare l’Inter”.
Glissa, Mazzarri, le domande sul mercato ma, affiancato da Branca e Ausilio, ammette di essere reduce da un lungo summit con la dirigenza per la valutazione dell’organico. Organico di cui dovrebbe far parte Antonio Cassano, già allenato alla Sampdoria: “Con tutti i giocatori che io ho allenato mantengo un ottimo rapporto. Con Antonio? L’anno scorso dopo un quarto d’ora, con l’Inter sotto, su una rimessa laterale è venuto a salutarmi. Questo vi dice tutto. Samuel? E’ un giocatore talmente importante che non devo nemmeno parlarci: ma lo farò, individualmente come con tutti i componenti della rosa nei primi due giorni del ritiro, qui alla Pinetina. Sono abituato da sempre così, poi parlo alla squadra riunita. I primi giorni serviranno anche per fare tutti i test fisici”. Mazzarri, che ha posto come obbligo la doppia seduta di allenamento durante le prime due settimane di ritiro, scaccia il mito dell’integralista tattico sulla difesa a 3 (“l’importante è prepararsi in allenamento senza improvvisare nulla”), evita con maestria il paragone con Mourinho: “Non ho mai pensato ai confronti, perché l’allenatore è come un artista, ognuno è a sé stante. Io cerco sempre di essere ottimista e voglio sempre lasciare il mio segno. Con Mourinho da avversari ci può essere stata qualche scaramuccia, ma la stima non manca”
Alla fine, però, un piccolo cedimento sulle domande sul Napoli deve concederlo: “Concludere il ciclo con il Napoli è una decisione che era già maturata come ben sapete all’inizio dell’ultimo anno, quando rifiutai il rinnovo del contratto. Pensavo che avrei lasciato Napoli perchè dopo tanti anni gli stimoli calano. Da quel momento in poi, deciso di chiudere con il Napoli, potevo rimanere fermo, se non ci fosse stata una richiesta che a me tornava a dare grossi stimoli. Ci sono state altre proposte, che non dirò. Il presidente Moratti mi ha voluto incontrare, mi è piaciuto tutto, mi sono sentito pronto e carico per cominciare questo percorso con l’Inter. Quando ho salutato il Napoli nell’ultima partita ho detto ai ragazzi che non li avrei più chiamati per una questione di rispetto non essendo più il loro allenatore. Se riterrò che qualcuno farà al caso dell’Inter lo dirò ai miei nuovi dirigenti”. E sui rapporti con De Laurentiis: “Sono stati quattro anni bellissimi a Napoli, ma come in ogni matrimonio ci può essere un inizio e una fine, ma non voglio sentire la parola tradimento. Ho fatto bene a Napoli, sono andato via per i motivi già detti, niente polemiche. Il presidente De Laurentiis usa fare delle battute, a volte gli vengono bene e altre meno”.