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Interazioni geni-ambiente: impariamo dal lievito

Creato il 01 ottobre 2010 da Emmecola

“Scoperto il gene della stupidità” – “Individuato il gene della miopia” – “Trovato il gene del mal di testa” – “Brutti voti a scuola? Colpa dei geni difettosi”. Sono solo alcune delle notizie più recenti che sono apparse sui giornali nelle scorse settimane. Molto spesso si tratta di titoli esagerati, scritti ad hoc per catturare l’attenzione, e la realtà è ben diversa: nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il DNA non determina in modo assoluto il nostro destino. A questo proposito, c’è un’espressione che rende bene il concetto dell’interazione tra i geni e l’ambiente: i geni caricano la pistola, ma l’ambiente preme il grilletto. Quello che c’è scritto nel nostro codice genetico, infatti, rappresenta solo una parte del rischio effettivo di ammalarsi di una certa patologia: all’equazione mancano almeno due termini importanti, il background genetico e appunto l’ambiente, lo stile di vita. Il background genetico è quello che distingue ad esempio un asiatico da un africano, mentre fare sport o fumare sono due stili di vita che chiaramente vanno a condizionare il risultato finale. La stessa variante genetica (vedi “il gene della stupidità”) può produrre i suoi effetti solo in un certo ambiente, oppure solo nelle persone appartenenti a un particolare gruppo etnico.

La faccenda è quindi complessa. Purtroppo, però, non è affatto semplice allestire un esperimento che ci dica come tutte queste variabili interagiscono tra loro, almeno per quanto riguarda l’uomo. E’ stato molto più facile per un gruppo di ricerca del Missouri analizzare questo complicato sistema in lievito: è una specie molto diversa, chiaramente, ma è un perfetto esempio per capire meglio la questione. Gli autori del lavoro, pubblicato su PLoS Genetics, hanno valutato l’efficienza di sporulazione di cellule di lievito in 8 tipi di terreni diversi, utilizzando linee il cui DNA differiva per il background generale oppure per quattro singole posizioni modificate una alla volta. Lo so, il disegno sperimentale è piuttosto complicato, cercherò di spiegarmi meglio.

Interazioni geni-ambiente: impariamo dal lievito

Prendete due genomi di lievito diversi l’uno dall’altro e chiamateli Oak e Vineyard: sono i due diversi background genetici. Dopodiché, in questi genomi considerate quattro posizioni precise per le quali esistono due alleli, cioè due possibili varianti, che hanno un certo effetto sull’efficienza di sporulazione (la sporulazione è semplicemente una forma di riproduzione).

Ci saranno quindi 16 possibili combinazioni alleliche per queste quattro posizioni, che inserite nei due background genetici diventano 32 linee cellulari differenti. Mettetele in otto ambienti (terreni di coltura) diversi e calcolate l’efficienza di sporulazione. Questo è più o meno quello che hanno fatto i ricercatori americani, ed ecco qui a sinistra quello che hanno ottenuto.

Ogni barra orizzontale rappresenta una delle 32 linee di lievito, mentre le colonne sono i vari terreni utilizzati. L’intensità del colore è direttamente proporzionale all’efficienza di sporulazione.

Si vede chiaramente che le linee orizzontali non sono colorate in modo uniforme: significa che lo stesso DNA può produrre effetti diversi a seconda del terreno di coltura su cui crescono le cellule. Insomma, anche se un certo allele è in linea di massima dannoso, il modo in cui si manifesta cambia decisamente in funzione dell’ambiente: riuscite a vedere l’analogia con noi esseri umani?

Guardate ora questo grafico. A sinistra c’è un background genetico, a destra c’è l’altro. Se ci concentriamo sul background genetico di sinistra (Oak) e osserviamo l’effetto dell’allele rsf1, notiamo che esso provoca un abbassamento dell’efficienza di sporulazione soltanto quando le cellule crescono su essudato e su succo d’uva: nel terzo terreno (pallino nero), l’allele rsf1 non sembra produrre praticamente nessun effetto.

Interazioni geni-ambiente: impariamo dal lievito

Visto? Stessi alleli, stesso background genetico, DNA identico in tutto e per tutto: eppure, quando cambia l’ambiente, cambia il risultato finale. Non solo: se confrontate il pannello di sinistra con quello di destra, scoprirete che l’efficienza di sporulazione varia anche quando cambiamo il background genetico e teniamo fisso tutto il resto. E non finisce qui, perché gli scienziati scoprono che due singoli alleli possono anche interagire tra di loro, producendo un effetto diverso, ma questo accade solo quando si trovano in un certo ambiente o in un preciso background genetico.

Come potete vedere le relazioni che si vengono a formare tra il DNA e l’ambiente sono innumerevoli, e tutti questi fattori contribuiscono a determinare, ad esempio, se ci ammaleremo di questa o quest’altra malattia. Nel caso di esseri umani non si parlerà più di terreni di coltura, ovvio, ma piuttosto di dieta, stile di vita, ambiente familiare in cui si cresce: tutto questo va a sommarsi ai nostri geni, facendo emergere o meno le predisposizioni che ci portiamo dentro, scritte nel DNA. Per gli scettici ho ancora due grafici da mostrare: rappresentano due modelli matematici che gli autori realizzano per tentare di predire l’efficienza di sporulazione. In alto c’è il modello costruito partendo dai soli alleli, più sotto c’è quello realizzato considerando anche l’informazione relativa all’ambiente e al background genetico: mentre nel primo caso il modello non indovina quasi mai, nel secondo è precisissimo. Concludendo: se avete il “gene della stupidità”, studiate. Che è meglio.

Interazioni geni-ambiente: impariamo dal lievito

Interazioni geni-ambiente: impariamo dal lievito

Gerke J et al. “Gene-Environment Interactions at Nucleotide Resolution” PLoS Genetics 2010, 6(6): e1001144



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