Negli ultimi giorni il film Mad Max: fury road sta raccogliendo un tale quantitativo di consensi che la cosa non può di certo lasciarmi indifferente circa le mie intenzioni sul vederlo o meno. Per una volta, i pareri entusiastici mi stanno spingendo a voler vedere qualcosa e anche con estrema efficacia. C'è un solo problema, però... io non ho mai visto nessuno dei film passati della creatura di George Miller, quindi non me la sento di andare in sala totalmente 'vergine' da quel punto di vista. Alcuni quindi potranno dire che me ne potrei discretamente sbattere gli ammenicoli della cosa perché tanto, che pretendi, son filmetti e vanno presi per quello che sono. Cosa giusta, ma fino a un certo punto. Un punto pure molto breve, a mio parere. Perché il dirsi appassionati di cinema non vuol dire spararsi solo quei pipponi d'essai che solo i veri cultori possono apprezzare, ma significa anche riuscire a vedere e, per certi versi, anche amare il cinema in quella che è la sua matrice più popolare. Quindi anche (soprattutto!) i blockbuster, i cosiddetti film 'commerciali' o 'di cassetta', meritano uno studio a parte perché, a loro modo, sono un emblema dei tempi che hanno attraversato. D'altronde io penso sempre che non ci sia un'arte assoluta, ma diverse forme della stessa. E se quindi va data giusta gloria a registi come Lynch, Haneke o Kubrick, che ci hanno regalato delle vere e proprie pietre miliari della settima arte, lo stesso vada fatto anche con Spielberg, Lucas e Cameron, perché hanno incantato milioni di spettatori, con qualità e genuina voglia di fare - poi si sa, l'andropausa fa brutti scherzi. Perché anche intrattenere, se lo si fa con intelligenza, elemento indispensabile in ogni cosa, è una forma d'arte.
In un imprecisato futuro non molto lontano, le riserve energetiche iniziano a scarseggiare e le strade sono invase da gang di motociclisti, alle quali cerca di tenere freno Max Rockatansky, che per la ferocia con cui compie le missioni è stato ribattezzato "Mad Max". Ma proprio una di quelle gang finirà per farlo incazzare di brutto, e allora...
Come ho già scritto, non avevo mai visto nessuno dei film avente come protagonista quel famigerato mattacchione di Max. Sapevo solo che erano dei capisaldi della fantascienza apocalittica, tanto da essere stati dei degni ispiratori dello strambo e inquietante universo di Ken il guerriero, una delle visioni che più mi hanno gasato nella mia pre-adolescenza, e che sono dei must del genere. Bene, la prima sorpresa è che le atmosfere postatomiche che hanno reso famosa questa saga in questo primo capitolo sono totalmente assenti e che, come se non bastasse, qui in italia era uscito col titolo di Interceptor. Beata ignoranza! Ecco, queste sono le cose principali che già dai primi minuti mi hanno davvero stranito, ma per fortuna la visione è proseguita senza particolari intoppi. Specifichiamo subito, Mad Max è un'opera più importante che bella (prima di The Blair witch project, era il film dal budget più basso ad aver incassato di più nella storia del cinema, e ancora oggi è la pellicola australiana di maggior successo) e, per quanto godibile, non si possono ignorare tutti i difetti tecnici e di scrittura che gli si possono comodamente imputare. Sui primi va specificato però che si tratta di un film a basso budget (duecentomila dollari, una miseria) i cui fondi sono stati trovati da Miller dopo aver vinto un corso per cineasti dilettanti. Il regista e sceneggiatore aveva partorito l'idea dopo aver lavorato su un'ambulanza della polizia, assistendo così a molte scene di delitto che gli diedero i giusti suggerimenti per le terribili vicende che si vedono nel film... peccato però che tra il dire e il fare ci sia di mezzo un mare bello grosso. Pur non prendendosi mai troppo sul serio e rimanendo fedele alla sua natura tamarra, tanto che inizialmente fu considerato un film di serie B, i ritmi sono del tutto sballati. Già il prologo con Nightrider mostra un minutaggio eccessivo che porta davvero a poca cosa, dilungando un'azione oltre un limite che diventa pericoloso. Pure il resto del film si sofferma maggiormente sugli aspetti marginali della vicenda e la terribile vendetta di Max arriva già dopo un'ora di visione, prendendosela pure molto comoda e lasciando alla conclusione degli eventi una spazio finale abbastanza ridotto. Ciò che colpisce maggiormente è la capacità di spettacolarizzazione delle singole scene, quelle davvero potenti, nonostante il raccordo non sia particolarmente minuzioso e di particolare raffinatezza, ma va dato atto a Miller che anche se con diverse incertezze aveva imparato a usare i ferri del mestiere. Ciò che però mi ha mandato più in fissa è stato lo scoprire com'era Mel Gibson a vent'anni, in quello che è stato il ruolo che lo ha consacrato nel mondo del cinema. Maronn', come è invecchiato male... poi è stato curioso anche lo scoprire che, come successe a Johnny Depp per Nightmare, lui inizialmente non era interessato al ruolo, ma aveva accompagnato un amico all'audizione. Solo che la sera prima aveva fatto una rissa e si era presentato con un occhio nero, così Miller, colpito dalla sua aria da duro, gli chiede di fare la parte del protagonista. La leggenda vuole che quando Gibson si presentò sul set, ormai del tutto guarito e senza i segni del conflitto, non lo riconobbero neppure. Lo ricorda invece ancora mezzo mondo, e ormai anch'io, per quella che è un'interpretazione davvero azzeccata e in parte, capace di darti tutta la grinta che un personaggio simile comporta. Quindi il film magari pecca su diversi punti, ma tocca sulle corde più primordiali e 'animali', cosa che gli ha permesso di avere tutto il successo che si è guadagnato negli anni.
Ora sono curioso di vedere come prosegue il viaggio, che finalmente si addentra nei luoghi postatomici che hanno reso famosa questa saga.Voto: ★★ ½