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Intercettazioni. L’illogica opposizione dei Magistrati a un loro divieto di pubblicazione

Creato il 26 giugno 2011 da Iljester

Intercettazioni. L’illogica opposizione dei Magistrati a un loro divieto di pubblicazionePotevo andarmene al mare stamattina, ma gli impegni di lavoro purtroppo mi inchiodano in ufficio, anche di domenica. Però c’è un bel venticello fresco che alita dalla mia finestra, e il lavoro per qualche minuto può attendere. E questo perché volevo un po’ riflettere sulle ultime notizie riguardo le intercettazioni telefoniche e ambientali.
Ieri l’altro ho scritto qual è la funzione di questo (sicuramente) fondamentale mezzo di ricerca della prova. Chi ha mai aperto o per lavoro o per studio un codice di procedura penale, o ha letto qualche autorevole istituzione monografica sull’argomento (non limitandosi alle «cazzate» che dicono i giornali, soprattutto quelli di sinistra), sa bene che la loro funzione non è certo quella di ledere la dignità delle persone o di metterle alla berlina mediatica, ovvero – che è peggio – di condannarle ancor prima che un processo (vero) venga imbastito, trattato e deciso. La loro è una funzione delicata, e spesso residuale: aiutare l’investigatore (il PM) a confermare un’ipotesi di reato, che comunque è già sostenuta da altri elementi probatori. Le intercettazioni richiedono particolari (e rigidi) requisiti, e il loro utilizzo non dovrebbe mai essere pubblicizzato, né dovrebbe mai esserne pubblicizzato il contenuto.
Invece oggi nella nostra «civiltà» giuridica, dove la dignità, la riservatezza e i diritti fondamentali delle persone dovrebbero essere tutelati con una certa rigidezza, anche perché spesso – nel processo penale – sono l’espressione speculare del diritto di difesa e del principio dell’innocenza fino a sentenza definitiva (entrambi diritti costituzionalmente garantiti), pare prevalga il cosiddetto diritto all’informazione. Quasi che il diritto a essere informati sia un diritto costituzionalmente più pregnante e più importante del princìpi giuridici che tutelano la dignità delle persone, che è anche la tua, caro lettore!
Direi che è inconcepibile! Il diritto all’informazione e il diritto alla libertà di stampa (che è presupposto e conseguenza del primo) sono sì diritti importanti, che trovano la loro giustificazione nella carta fondamentale, ma non lo sono fino al sacrificio acritico, irriguardoso, diffamante (e troppo spesso strumentalmente anticipatorio di una condanna giuridica che non necessariamente deve verificarsi) del diritto alla dignità delle persone, del diritto alla riservatezza, e del diritto a essere considerati innocenti fino a sentenza definitiva.
In altre parole ci sono dei limiti oggettivi al diritto all’informazione e alla libertà di stampa, che nella pubblicazione delle intercettazioni (soprattutto di quelle irrilevanti ai fini delle indagini), vengono frequentemente superati, violati, elusi e calpestati. Un po’ perché le intercettazioni non costituiscono naturalmente elementi di prova in un processo (la prova si forma nel processo, nel contraddittorio tra le parti, e non fuori, come nel caso delle intercettazioni!), e un po’ perché la loro pubblicazione spesso viene attuata in modo strumentale (con finalità che sono ben diverse dalla riaffermazione della giustizia), poiché non tiene conto di quei fondamentali e ineludibili elementi che caratterizzano il tono dei discorsi umani, non riproducibile su carta, e la cui povertà può determinare significati diversi e spesso contrari a quelli realmente attribuiti dai colloquianti intercettati.
Ma chiaramente è un discorso complesso, e certo non basta un post in un blog per esaurirlo. Quello che però qui mi meraviglia è l’opposizione dei Magistrati a una loro riforma, quanto meno nei limiti del divieto di pubblicazione. A tal proposito mi sovviene ricordare che il Pubblico Ministero, nel procedimento penale italiano non è la semplice accusa (la figura che sostiene la responsabilità penale dell’imputato sempre e comunque). Egli riveste anche il ruolo di «promotore di giustizia». Ciò significa che quando acquisisce elementi a favore dell’imputato/indagato, ha l’obbligo e il dovere di utilizzarli, anche per richiedere l’archiviazione del procedimento o addirittura il proscioglimento dell’imputato. Tale principio, sancito nel nostro codice di procedura, può (e deve) essere esteso alla tutela della dignità dell’indagato e alla tutela della sua riservatezza, e alla tutela del principio costituzionalmente garantito della innocenza fino a sentenza definitiva. Ergo, il PM dovrebbe essere la prima figura istituzionale che deve impedire che le intercettazioni siano strumentalizzate e/o diventino oggetto di pubblicazione giornalistica, proprio perché egli è consapevole che un’indagine penale, un’ipotesi di reato non è una condanna, ma solo un mezzo per ricercare elementi che confermino o escludano la responsabilità penale dell’indagato. Negarlo, è negare la funzione stessa del Pubblico Ministero, ed è negare la giustizia. Quella vera.


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