Ho iniziato il corso pre-parto e tutto questo confrontarsi con altre ragazze in attesa mi dà continui spunti di riflessione. Adoro il confronto, che ci posso fare. Confronto, osservo, rifletto. Mi sto rendendo conto di una enorme differenza nella gestione dello stress e della paura tra me e le altre. Una differenza di natura prettamente tattica, direi, visto che il risultato poi non cambia: abbiamo tutte paure e ansie. Cambia solo – e molto – il modo di viverle. Non si tratta solo di una questione di carattere, che sicuramente la sua parte la fa. Credo che ci siano delle forti interferenze tra i miei trascorsi clinici e il modo in cui non solo approccio la vita ma vivo anche la gravidanza. Anche per una persona che ha sempre goduto di ottima salute la gravidanza è un momento, per quanto esaltante, molto delicato per molti aspetti. Figuriamoci per una che otto anni fa, a quest’ora, tossiva a sangue e dormiva tre ore per notte, portandosi dietro una mappazza emato-oncologica di venti centimetri totali. Ci sono delle forti interferenze che l’esperienza della malattia proietta nelle tuo modo di vivere i grandi scombussolamenti della vita.
Io, e questo non è un fatto nuovo, sono un pessimo leader ma sono un bravo soldato. Un bravo soldato e una bravissima paziente. Non ho problemi a fare quello che mi si dice di fare, anche se ho paura e mi pesa. Sono una persona sempre estremamente lucida e ho la capacità di anestetizzarmi emotivamente, se serve, pur di riuscire a mantenere il controllo, isolare la paura, provandola ma guardandola dall’esterno, ragionare lucidamente, analizzare il problema e, se posso risolverlo, lavorarci e se non posso risolverlo…rassegnarmi e aspettare che si risolva da sé. Il tutto condito da un piantarello, se serve. Giusto l’altro giorno la ginecologa mi ha fatto i complimenti perché non pensava che una persona con i miei trascorsi potesse, specialmente con l’inizio di gravidanza catastrofico che ho avuto io, mantenere così bene il controllo e non farsi prendere dal panico per qualsiasi cosa. Ed è vero. Nonostante la paura di perdere la bambina, nonostante i 4 mesi passati rigorosamente a letto, nonostante le dosi da cavallo di progesterone che mi iniettavo e che avrebbero potuto provocare sbalzi d’umore non da poco, nonostante la stanchezza e il fatto di stare quasi sempre a casa da sola con la mia ansia da gestire, nonostante due clamorose crisi di pianto e decine e decine di notte funestate dagli incubi, io sono sempre rimasta molto lucida. Spaventata ma lucida. E mai mi sono fatta pippe mentali o posta problemi che non stanno né in cielo, né in terra. Non ci sono abituata. Mi bastano i problemi veri, senza dovermene cercare di nuovi e insensati.
Frequentando il corso pre-parto, dicevo, ho avuto modo di iniziare a confrontarmi con le altre appanzate. Ebbene, io torno a casa e mi sento il ritratto dell’equilibrio. Ho sentito ragazze che si sono fatte prendere da una crisi isterica e hanno chiamato in lacrime la ginecologa perché, svegliandosi al mattino, si sono rese conto di aver dormito supine e non sul fianco destro come viene consigliato (consigliato, NON ordinato). Temevano di aver provocato seri danni al bambino. E questa non è nemmeno la cosa più allucinante che ho sentito. Per carità, abbiamo tutte teste diverse e sono tutte bellissime teste. Vivere una gravidanza e farsi un numero non indifferente di pippe mentali al giorno sono due cose che vanno di pari passo. Io, però, penso sempre che la logica e il buon senso debbano prevalere, altrimenti non si campa più. E non campa più nemmeno chi ci circonda. Figuriamoci che la mia ginecologa ha cazziato Maschio Alfa, una volta, perché nell’agitazione del post-ricovero le ha fatto una domanda stupida (mannaggia, non me la ricordo, ero appena svenuta) e lei gli ha detto “Tu dovi ragionare. Devi usare la testa. Potete porvi qualsiasi domanda, per quanto stupida e banale perché è normale e giusto che lo facciate, ma dovete ragionare e capire da soli se è una questione sensata o se è una fisima senza senso”. Io, che però mi rendo conto che sono una persona estremamente quadrata (il che è male) e intollerante (il che è peggio) rispetto a certi atteggiamenti, mi sono sentita perfettamente d’accordo. Quindi, in definitiva, io mi sto rendendo conto che, per quanto fossi convinta di essere una primipara ansiogena, sono davvero il ritratto della serenità rispetto a moltissime colleghe de panza (colleghe de sostanza).
Il punto è un altro e mi porta a riflettere sia su ‘sto cacchio di coraggio che da anni mi viene attribuito senza motivo, sia su come il cancro abbia cambiato il mio modo di pormi davanti a grandi stress, sia su – al livello più “sociologico” – viene visto e vissuto il parto in questo periodo.
I commenti che più frequentemente sento relativamente al parto sono “Non vedo l’ora che arrivino i dolori perché voglio provarli”, “Sono serenissima rispetto al travaglio perché sicuramente sarà il momento più bello ed emozionante della mia vita”, “No, non voglio il parto indolore perché è meno emozionante”.
Ok. Chiedete a me cosa provo rispetto al parto…
Ho paura, grazie. Non quella paura che ti toglie il sonno, è ovvio, alla fine è una cosa che si fa da miliardi di anni e nonostante i dolori mi pare che noi essere umani continuiamo a nascere a rotta di collo. E’ovvio che una cosa ““violenta”” come un parto viene vissuta in un’ottica completamente diversa quando poi sai che servirà a portare tuo figlio tra le tue braccia. Ciò non di meno, il parto è una cosa che mi fa paura. Paura di che? Ho paura del dolore, anche se so che non ha mai ucciso nessuna. In ogni caso, ho intenzione di chiedere l’epidurale. Io al “donna, partorirai con gran dolore” non c’ho mai creduto. Anzi, se proprio ve lo devo dire, le mele nemmeno mi son mai piaciute tanto. Già qui non vi sto a dire i commenti. Sembro quasi una snaturata perché, visto che la scienza mi permette di scegliere, io preferisco risparmiarmi almeno parte dei dolori. Fortunatamente, le frecciatine mi entrano da un orecchio e mi escono dall’altro perché so perfettamente che, quando ci ritroveremo in sala parto, loro sentiranno dolore esattamente come lo sentirò io. Ed esattamente come me imploreranno per avere qualsiasi cosa che plachi il dolore, fosse anche il peyote.
Ho paura del dolore, ho paura di non essere sufficientemente brava a spingere (so che non serve una laurea, ma quando sei lì, sai com’è…), ho paura che qualcosa non possa andare come dovrebbe. Ho paura di non avere il controllo della situazione. Ho paura che mia sorella, per qualche motivo, possa non essere in sala parto con me. Ho paura. Punto e basta. Eppure perché quella che passa per strana sono io e non quelle che si lavano solo in acqua fredda perché hanno interpretato a modo loro la raccomandazione di “non lavarsi in acqua troppo calda”? Non che non me ne freghi più di tanto, per carità, io cambio tra le mie pippe mentali e quelle di molte altre persone non lo farei ma…mi incuriosce capire PERCHE’ io vengo vista come quella fifona o paranoica e loro no. E una curiosità di ordine quasi psicologico, se vogliamo.
Ragiona-ragiona, mi sa che ho capito. I motivi sono due.
Tanto per cominciare, quando hai conosciuto cancro e chemioterapia, hai una consapevolezza piuttosto approfondita del modo in cui il tuo corpo e la tua mente reagiscono a situazioni di grande stress (diciamo così) che li coinvolgono entrambi. Non sei arrivato al limite delle tue risorse, magari, io di certo non lo sono, ma comunque hai un’idea decisamente superiore alla media di come ti rapporti a situazioni sconosciute e forti. Poi, devo riconoscere una debolezza: non so come si fa a guardare ad un ospedale come un posto dove accadono anche cose belle. Se e quando avrò un secondo bambino, sicuramente questo aspetto cambierà. Intanto devo imparare ad entrare nell’ottica che in un ospedale non è che si facciano solo biopsie.
L’altro grande punto è questo: anche se è facile pensare che, dicendo che ho paura del parto (laddove, ripeto, “paura” è sempre un termine che va contestualizzato: ce ne sono tante sfumature e questa è la migliore) io mi rovino la gravidanza, la verità è essenzialmente una. TUTTE abbiamo paura del parto. Che lo si ammetta oppure no. Chi dice di non averne paura o mente a se stessa, o arriverà a provarla più in là. Tutto qui. La differenza essenziale è che io ammetto candidamente di avere paura e quindi riesco ad analizzarla e affrontarla serenamente. Non mi sento debole o poco portata alla maternità solo perché sento il bisogno di affrontare E NON NEGARE la mia paura del parto, specialmente in virtù del fatto che è il primo. Completamente d’accordo con quello che ha scritto Wolkerina, per motivi completamente diversi, io rivendico il mio sacrosanto diritto non solo ad essere debole, ma anche ad ammettere di essere debole. Basta con gli eroismi a tutti i costi. Io sono debole. Lo so cosa stanno pensando molti di voi…”ma come, con tutto quello che hai passato, hai paura del parto?!”. Certo che sì. Infatti io sono anni che mi sgolo a ripetere che tutto sono meno che coraggiosa. Una paura completamente diversa, nemmeno lontanamente altrettanto brutale o totalizzante, ma ce l’ho eccome. Vi dirò di più. Penso sia completamente normale. E non ditemi frasi come “il parto, vedrai, sarà l’esperienza più bella della tua vita” o “non ti preoccupare perché ti dimenticherai tutto subito dopo”. Lo so da me. DOPO lo dirò anche io. E so anche che TUTTE, senza eccezione, avete provato le mie stesse identiche emozioni, anche se magari lo avete realizzato o esternato solo dopo il parto. E che non mi si dica nemmeno di non stare a sentire le storie degli altri parti perché siamo tutte diverse e bla bla bla. Figuriamoci, non facevo mie le storie delle altre chemio a vent’anni, figuriamoci se assimilo i parti delle altre a trenta. Vi dirò, se per i parti, come per qualsiasi altra esperienza così forte, ci fosse una regola fissa, forse forse sarebbe pure più facile. Queste cose io le so tutte, e sono proprio quelle che rendono la mia paura una paura con cui convivo alla grande. Perché so che sono normali e parzialmente infondate. Semplicemente, è ansia. E’ paura dell’ignoto, di un dolore fisico che se notoriamente è uno dei più laceranti in assoluto ci sarà un motivo. Ci sarà pure un motivo se poi Madre Natura fa in modo che lo si dimentichi. Forse è anche un po’paura di quello che comincia dal parto in poi perché non importa quanto tu un figlio lo abbia desiderato e voluto…essere il genitore è una cosa tremendamente difficile, per quanto grandiosa.
In definitiva, ricapitolando, si possono avere pippe mentali da ossessionare la ginecologa otto volte al giorno ma non si può dire di aver paura del parto. Nel primo caso, sei solo premurosa, nel secondo sei una madre snaturata in partenza. Per come la vedo io, ribadisco che aver paura non ci rende deboli. Ci rende molto, molto più forti perché si tratta di un’emozione che ci costringe ad entrare in contatto con noi stessi, convivere serenamente con le nostre debolezze e arrivare poi a superare tutti i nostri timori. Spazzarli sotto al tappeto a cosa porta?
Forza, scatenatevi.