Venerdì alla scuola di Carlo Alberto si è celebrato l’”International Day”, una fra le celebrazioni più importanti che si tengono durante l’anno scolastico. La formula era molto semplice: ogni alunno, insieme alla propria famiglia, doveva indossare qualcosa che richiamava la sua nazionalità e portare, se voleva, un cibo tipico del proprio paese da condividere con tutti gli altri durante un grande picnic. I festeggiamenti sono iniziati con la “grande parata”. Eravamo tutti seduti in cerchio quando un cerimoniere ha iniziato ad annunciare in ordine alfabetico il nome di ogni nazione con rappresentanti fra gli studenti. Una volta chiamati, bisognava alzarsi e compiere il giro della pista, passando davanti a tutti.
Ultima nazione chiamata, l’unica fuori dall’ordine alfabetico, la nazione ospitante, la Thailandia, il gruppo più numeroso. Grandi applausi per tutti, sia per i gruppi di pochissimi membri sia per quelli più numerosi.
Tante nazioni, ma un unico brano musicale, come a volere racchiudere tutti in un unico insieme.
Poi tutti a pranzare a terra, sulle stuoie, ricette tipiche
di tutto il mondo.
Detto così sembra semplice, ma in quell’ora io ho potuto sentire con chiarezza quello che è il patriottismo. Il dizionario recita:
“Sentimento di devozione, amore e fedeltà per la propria patria”.
Un sentimento che, troppo spesso, in Italia sentiamo solo in occasione dei grandi eventi sportivi. Troppo abituati a lamentarci, a vedere solo quello che va male, a denigrarla la nostra nazione. Poco abituati a celebrarla, a seminare l’amore per essa nell’animo dei nostri figli.
E soprattutto poco abituati, per non dire per niente, a festeggiare anche la nazionalità degli altri, a far capire ai bambini che ognuno ha il proprio popolo, la propria cultura, le proprie abitudini, il proprio cibo.
E che non per questo non si può vivere in armonia insieme nello stesso luogo. Rispettosi noi delle altrui culture, rispettosi gli altri del paese che li ospita. Rispettosi del diverso. E pronti ad abbracciare gli amici con ogni colore di pelle.
Perché i bambini, se non glielo facciamo notare noi, nemmeno se ne accorgono che i compagni ce l’hanno diversa da loro. Forse quando si ama e si rispetta la propria nazione, meglio si riesce a comprendere anche il sentimento che muove ogni appartenente ad un altro popolo. In quella parata c’era amore per il proprio paese e curiosità per quello degli altri, c’era la gioia di esserci tutti insieme, c’era la fratellanza e, soprattutto, tanti sorrisi. I sorrisi degli adulti e i meravigliosi e spontanei sorrisi dei bambini. Strano sentire così forte il proprio sentimento patriottico a migliaia di chilometri da casa. Bello commuoversi vedendo la gioia su tutti i visi dei popoli del mondo. Felice, molto, di esserci.