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Internationale Bachakademie Stuttgart – musiche sacre di Mozart

Creato il 18 novembre 2013 da Gianguido Mussomeli @mozart200657
Hans-Cristoph Rademann durante la prova generale

Hans-Cristoph Rademann durante la prova generale

Per il secondo appuntamento con gli Akademiekonzerte alla Liederhalle, Hans-Cristoph Rademann ha scelto uno splendido programma di musica sacra mozartiana. Una serata di grande interesse, sia per la qualità della proposta che per la splendida prova degli esecutori. Anche in questa occasione, Rademann ha confermato le sua grandi qualità di concertatore e interprete. Sotto la sua direzione, il Bach-Collegium Stuttgart e la Gächinger Kantorei hanno offerto una prestazione davvero di altissimo livello, per bellezza di sonorità e perfetta proprietà stilistica.

Il programma iniziava con i Vesperae Solennes de Confessore, l’ ultima grande composizione completa scritta da Mozart per il suo servizio alla corte  del vescovo Colloredo a Salzburg, nel 1780. Un lavoro che si ispira in maniera abbastanza esplicita alle atmosfere espressive luminose e splendenti del barocco austriaco, con un trattamento contrappuntistico che rievoca in più punti quello di autori come Johann Joseph Fux. è sicuramente affascinante notare come Mozart riesca, in questo tipo di composizioni, a infondere nel testo sacro le caratteristiche di brillantezza vocale dello stile operistico, pur mantenendo la proprietà dell’ atmosfera religiosa. Questo si nota in maniera particolare nel Dixit Dominus, nella sezione centrale del Confitebor e nel fastoso Magnificat conclusivo. Splendida, come già accennato, l’ esecuzione, diretta da Rademann con fluidità, delicatezza di fraseggio e ricchezza di colori strumentali e vocali. Di ottimo livello anche la prova dei quattro solisti, che erano il soprano Simona Saturova, il mezzosoprano Sophie Harmsen, il tenore Julian Pregardien e il basso Henryk Böhm.

Nella seconda parte, Rademann ha presentato la Grande Messa in do minore K. 427, scritta da Mozart nel 1783 come voto augurale per il fidanzamento con konstanze Weber. Nelle intenzioni del compositore, questo doveva essere il suo lavoro religioso di respiro più ampio, come risulta evidente dalla ricchezza dell’ orchestrazione e dal virtuosismo tecnico della scrittura, che si richiama esplicitamente alle atmosfere ampie e solenni della musica sacra di Bach e Händel. Come accedde anche per il  celebre Requiem K. 626, la Messa in do minore non fu mai portata a termine da Mozart. Come sappiamo, i motivi furono diversi e non occore ricordarli in questa sede. In tutti i modi, la qualità elevatissima dell’ ispirazione musicale, la ricchezza delle linee melodiche e la straordinaria sapienza della scrittura polifonica ci fanno annoverare la Messa in do minore tra i capolavori assoluti di Mozart. Il solo Kyrie potrebbe valere tutta la messa: un lungo movimento dal carattere meditativo, in cui il doppio coro, quasi spinto al massimo della dinamica, si alterna con la voce limpida del soprano che suggerisce proprio l’ idea della supplica tesa alla purificazione interiore. Il luminoso solo del Christe fu un affettuoso omaggio alla moglie Konstanze, che cantò questa parte nella prima esecuzione della Messa.Un altro brano che colpisce per la qualità musicale davvero straordinaria è il lungo Qui tollis peccata mundi. Qui la tonalità di do minore trova il suo impiego migliore, contribuendo a rappresentare perfettamente l’ implorazione della pietà. Ma il vertice assoluto del lavoro è sicuramente l’ Et incarnatus est, ultima parte composta del Credo incompiuto. Un’ aria per soprano e orchestra che raggiunge esiti sommi di perfezione formale e di bellezza melodica assoluta. Si tratta di una pagina basata su un cullante ritmo di siciliana, raccolta, tenera, delicata, che trasfigura il virtuosismo vocale in un’ atmosfera di lirismo estatico, culminante nel lunghissimo vocalizzo della cadenza che unisce al soprano tre strumenti obbligati (flauto, oboe e fagotto). Il carattere di frammento del lavoro pone naturalmente problemi di scelte per quanto riguarda il testo da adottare. Hans-Cristoph Rademann ha scelto la versione di Richard Maunder, che non aggiunge alcuna nota al testo originale e si limita a completare la strumentazione in alcuni punti, seguendo le indicazioni presenti nell’ autografo e nei manoscritti dell’ epoca.

Anche qui, l’ esecuzione di Rademann ha offerto momenti davvero molto pregevoli, soprattutto per quanto riguarda la morbidezza di impasti corali e la chiarezza di articolazione della Gächinger Kantorei, che si conferma sempre di più come uno dei migliori complessi corali tedeschi del momento. Molto brava Simona Saturova per intensità di fraseggio nell’ Et incarnatus. Una bellissima serata, che il pubblico ha dimostrato di apprezzare.



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