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Internationale Bachakademie Stuttgart – “Psalmen”

Creato il 05 novembre 2015 da Gianguido Mussomeli @mozart200657
Foto ©Holger SchneiderFoto ©Holger Schneider

La Internationale Bachakademie Stuttgart ha ufficialmente inaugurato il ciclo annuale dei concerti alla Liederhalle. Per il primo Akademiekonzert della stagione 2015/16 Hans-Cristoph Rademann, che quest’ anno dirigerà tutti gli appuntamenti del ciclo, ha scelto un programma interamente dedicato a musiche composte su testi tratti dai Salmi biblici, accostando Bach a due autori del Novecento. La serata iniziava con il Psalmus Hungaricus di Zoltan Kodály, lavoro commissionato all’ autore per il cinquantesimo anniversario dell’ unificazione di Buda, Pest e Óbuda che insieme formarono la città di Budapest, nuova capitale dell’ Ungheria. Il concerto, che fu diretto da Erno Dohnányi, celebre compositore, didatta, pianista e direttore d’ orchestra che tra i suoi allievi ebbe artisti celebri come Géza Anda, Annie Fischer, György Cziffra e Sir Georg Solti, ebbe luogo la sera del 19 novembre 1923 con un programma che comprendeva anche la Tanzsuite di Bela Bartòk e la Festival Overture scritta dallo stesso Dohnányi. Il testo del Psalmus Hungaricus è una rielaborazione in lingua magiara del Salmo 55, ideata nel XVI secolo dal poeta e predicatore Mihály Vég ed evocante un’ atmosfera di invocazione disperata che, nelle intenzioni di Kodaly, doveva servire a sottolineare le tormentate vicende di quel momento della storia ungherese in cui, dopo il Trattato del Trianon che nel 1920 aveva sancito la definitiva dissoluzione postbellica dell’ Impero Austro-Ungarico, la nuova Repubblica di Ungheria aveva perso quasi due terzi del suo territorio. Il testo poetico di Veg, con i suoi paralleli tra le sofferenze del re David e quelle del popolo ungherese sotto la dominazione ottomana, fornì a Kodaly lo spunto per una versione musicale che, pur non utilizzando autentiche melodie popolari, presenta un uso insistito di cadenze plagali e motivi pentatonici tipici della musica folklorostica ungherese. Con la sua alternanza di blocchi corali e assoli del tenore solista, la composizione è caratterizzata da una sapienza di scrittura e da una genuinità di ispirazione che ne fanno uno dei lavori più riusciti nella produzione di Kodaly. Per questa esecuzione Hans-Cristoph Rademann disponeva della Radio-Sinfonieorchester Stuttgart des SWR e dalla Gächinger Kantorei integrata dai giovani del VokalEnsemble des Otto-Hahn-Gymnasium di Nagold, il complesso vocale di cui la Bachakademie ha assunto la guida artistica.  Una bella esecuzione, intensa e ispirata, nella quale Rademann ha messo in mostra tutte le sue doti di concertatore attento e scrupoloso. Corretti gi interventi solistici del tenore Mati Turi.

Foto ©Holger SchneiderFoto ©Holger Schneider

La cosa più pregevole della serata si è ascoltata, a mio avviso, con l’ esecuzione della Cantata “Aus der Tiefen rufe ich, Herr, zu dir” BWV 131 di Bach che apriva la seconda parte del concerto. Hans-Cristoph Rademann aveva dichiarato, in una conferenza stampa durante la Musikfest, che era molto curioso di eseguire un brano bachiano con un’ orchestra di strumenti moderni. Il risultato è stato davvero notevolissimo. Incantevole il modo in cui la RSO des SWR, ridotta a una ventina di elementi, ha fornito un magnifico sostegno strumentale ai preziosismi fonici della Gächinger Kantorei, come sempre in grado di far percepire ogni minima sfumatura del testo. Rademann ha cesellato un’ interpretazione ricca di particolari preziosi, assolutamente esemplare sotto ogni punto di vista. Ottima anche la prova dei quattro solisti, che erano il soprano Katja Stuber, il controtenore Robin Blaze, Mati Turi e il basso Ludwig Mittelhammer.

Il concerto si concludeva con i Chichester Psalms di Leonard Bernstein, lavoro scritto nel 1965 per il festival musicale della chiesa omonima e formato da tre brani in cui il musicista americano utilizza, come nella Sinfonia “Kaddish”, una scelta di testi in lingua ebraica che, in questo caso, riprendono diversi passi del Libro dei Salmi. È una partitura tra le più popolari di tutto il catalogo compositivo di Bernstein e probabilmente anche una delle più riuscite, per l’ impatto emozionale che la musica è in grado di produrre sull’ ascoltatore e la vasta gamma di situazioni emotive che l’ autore riesce a evocare. Anche qui Rademann ha padroneggiato perfettamente la struttura del brano riuscendo a cinferire un forte rilievo espressivo alla scrittura strumentale e corale. La RSO des SWR e i cori hanno assecondato in maniera perfetta le intenzioni del podio. Bravo anche Robin Blaze nei passaggi solistici, per i quali  Bernstein  aveva previsto l’ impiego di una voce bianca ma permetteva in alternativa anche l’ impiego di un falsettista. Grande successo di pubblico per una serata ricca di motivi di interesse.



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