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Interpretare il Lied – “Mondnacht” op. 39 N° 5 di Robert Schumann

Creato il 19 ottobre 2014 da Gianguido Mussomeli @mozart200657

Per il consueto appuntamento con la nostra rubrica di interpretazione liederistica comparata, ci occuperemo questa volta di Mondnacht, quinto brano della raccolta Liederkreis op. 39 su testi di Joseph von Eichendorff, composta da Robert Schumann nel maggio del 1840, quello che dai suoi biografi è definito il Liederjahr, in quanto il compositore scrisse in quell’ anno quasi la metà della sua produzione liederistica. Dei dodici Lieder che formano il ciclo, che Schumann riordinò per la pubblicazione definitiva seguendo un preciso percorso tonale che inizia con il fa diesis minore di In der Fremde e si conclude con Frühlingsnacht nella relativa tonalità maggiore, Mondnacht è probabilmente il più conosciuto oltre che una delle creazioni in assoluto più popolari in tutto il catalogo del compositore.

Questo è il testo della poesia di Eichendorff

 

Es war, als hätt’ der Himmel,
Die Erde still geküßt,
Daß sie im Blütenschimmer
Von ihm nun träumen müßt.

Die Luft ging durch die Felder,
Die Ähren wogten sacht,
Es rauschten leis die Wälder,
So sternklar war die Nacht.

Und meine Seele spannte
Weit ihre Flügel aus,
Flog durch die stillen Lande,
Als flöge sie nach Haus.

 

Nel quarto verso, il compositore operò una variante sostituendo la parola nun (adesso) con nur (solo). Di seguito, la traduzione italiana.

 

Era come se il cielo avesse
baciato silenziosamente la terra,
ed essa nello splendore dei fiori
dovesse sognare solo di lui.

L’ aria spirava per i campi,
le spighe ondeggiavano lievi,
i boschi stormivano piano,
così chiara di stelle era la notte.

E la mia anima spiegò
le sue ampie ali,
volò per le lande tranquille
come se volasse verso casa.

 

L’ atmosfera di sogno notturno evocata dal testo nelle prime tre strofe è realizzata musicalmente tramite uno schema armonico che, a partire dall’ accordo di nona iniziale seguito dalla reiterazione pulsante di singole note e intervalli, trapassa gradualmente nel cambio di atmosfera che caratterizza la quarta strofa.

Come primo contributo critico, ecco un estratto dall’ analisi di David Ferris, Assistant Professor of Musicology alla Rice University di Houston, in Texas.

 

“Mondnacht” and “Schöne Fremde” are both, like “Frühlingsnacht”, songs of the night that depict Romantic moments of epiphany. These moments are characterized by the narrator’ s sensation that all of nature has attained consciousness and that he is merging with the nocturnal world taht surrounds him. He transcends the physical boundaries of time and space and the psychological boundary of his identity, and there is some ambiguity as to whether the conscious agent who is experiencing the events depicted in these poems is the human protagonist of the natural setting. Eichendorff created this ambiguity in the final strophe of “Frühlingsnacht” through the protagonist’ s description of the entire natural world expressing his own inner desire, as we have seen. In “Mondnacht” and “Schöne Fremde”, Eichendorff personifies the natural world through the poem and at the same time delays any explicit first-person reference to the narrator until near the end, so that the reader experiences genuine confusion as to the narrative point of view.

(…)

“Mondnacht” is one of the only three songs in the opus 39 Liederkreis that begin with a piano introduction. The most obvious function of this introduction, as we hear the opening of the song, is to create the mysterious feeling of infinite space concerging that is so central in Eichendorff’ s poem. Texture and register are as important as harmony and counterpoint in this passage, and in fact, Schumann clarifies the identity of the opening chords largely through its setting. The collection of pitches in the first measure adds up to a V9 chord, but the downward arpeggiation in the right hand outlines an F# minor triad, and the d#2 on the last sixteenth, which would be a crucial chord tone in a dominant harmony, is presented as an upper neighbor. Just as important, Schumann uses the great registral gulf between the arpeggiation and the B1 in the bass to make it clear that these two entities do not create a single harmony but rather a ii chord that is unfolding over a dominant pedal. As the harmony progresses to V on the downbeat of measure 3, Schumann abandons the extreme registers that he began with, moving the both hands to the middle of the keyboard as he thickens the texture. There is a sense of convergence even as the phrase avoids harmonic resolution, thus reflecting in the music of the introduction the poem’ s essence.

(David Ferris,

Schumann’ s Eichendorff Liederkreis and the Genre of the Romantic Cycle,

New York, Oxford University Press, 2000, pp 144 e seg.)

 

Un’ analisi schenkeriana di Mondnacht è stata effettuata da Charles Burkhart, compositore e musicologo americano, in un saggio pubblicato dalla Cambridge University.  Questo articolo analizza due Lieder dall’ op. 39 che si articolano su ciò Schenker indica come cadenza ausiliaria(una progressione V-I incompleta, in cui manca la tonica iniziale). Dal momento che i pezzi basati su una cadenza ausiliaria sono rarità, è particolarmente degno di nota che il ciclo schumanniano contenga tre di queste opere Burkhart presenta analisi di Mondnacht e  Schöne Fremde, concludendo che, attraverso l’ elusione della tonica fino alla fine dei brani, Schumann rispecchia la progressione delle poesie di Eichendorff da immagini della natura in nuovi stati di essere” o “un approfondimento di esperienzeper conto del narratore. Ne propongo un estratto.

 

Eichendorff’ s poem has three short stanzas. The first two evoke a picture of nocturnal nature that is essentially static – a quality portrayed in the music by the motionless background dominant. (…)

The crucial third stanza introduces the speaker of the poem, as well as the typical Eichendorffian idea of Man’ s yearning to be one with the Nature. Schumann composes the words

Und meine Seele spannte
Weit ihre Flügel aus

by means of a blossoming out to a neighboring subdominant (see measure 51). With the final lines,

Flog durch die stillen Lande,
Als flöge sie nach Haus.

the music regains the dominant and resolves to the long-awaited tonic precisely on the last word, “Haus”. The poem seems almost to have been written for the very purpouse to being recomposed in terms of ausiliary cadence!

( Charles Burkhart,

“Departures from the norm in two songs from Schumann’s Liederkreis.

In Schenker Studies, ed. Hedi Siegel, pp. 146-164,

Cambridge, Cambridge University Press, 1990, pag. 147)

 

Veniamo adesso agli ascolti. Trattandosi di un brano tra i più popolari della letteratura liederistica, la discografia di Mondnacht è delle più cospicue. Tra le più di trenta versioni da me ascoltate durante la preparazione di questo studio, ne ho scelte sei, delle quali due femminili e quattro di voci maschili. Iniziamo questa volta con una voce mitica come quella di Lilli Lehmann (1848 – 1929). La cantante di Würzburg fu una delle prime a diffondere nel mondo la musica di Richard Wagner, da lei conosciuto nel 1863 e che la volle nel cast della prima esecuzione assoluta del Ring a Bayreuth nel 1876. Artista di incredibile versatilità vocale, in grado di spaziare con la massima disinvoltura da Mozart fino ai ruoli verdiani e wagneriani per un totale di 170 ruoli in 119 opere, fu anche insegnante di canto rinomatissima. Tra le sue allieve basterà ricordare i nomi di Geraldine Farrar, Olive Fremstad, Viorica Ursuleac, Emmy Krüger e Germaine Lubin. Ecco la sua versione, incisa nel 1907 per la Odeon con il pianista Fritz Lindemann.

 

 

Nonostante i cinquantanove anni di età che Lilli Lehmann contava all’ epoca e la registrazione acustica che penalizza gli armonici, si percepisce ugualmente una classe interpretativa da grande artista e un fraseggio di straordinaria autorevolezza. Lo stesso dicasi per l’ ascolto seguente, dedicato al grandissimo tenore austriaco Leo Slezak (1973 – 1946) in una registrazione del 1928 insieme al pianista Heinrich Shacker.

 

 

Il legato di altissima scuola, la purezza della mezzavoce e i meravigliosi pianissimi della strofa conclusiva sono i tratti più rilevanti di un’ esecuzione che appare assolutamente esemplare, soprattutto se si pensa che Slezak contava a quel tempo cinquantacinque anni di età e trentadue di carriera, in un repertorio ampio e logorante.

Con il prossimo ascolto, fà il suo ingresso nella nostra rubrica una voce leggendaria: il baritono Karl Schmitt-Walter (1900 – 1985). Nativo di Germersheim, formatosi artisticamente a Nürnberg e poi a München con un liederista storico come Richard Trunk, il baritono renano è passato alla storia per le sue indimenticabili esecuzioni della Winterreise insieme a Edwin Fischer e per le sue interpretazioni di Papageno, cantato a Salzburg con Furtwängler nel 1948, e di Beckmesser nella storica produzione bayreuthiana del 1956 allestita da Wieland Wagner. Fu uno dei massimi liederisti della sua epoca anche a livello discografico, con più di 500 titoli registrati. Qui lo ascoltiamo in un’ incisione del 1943 insieme al leggendario pianista Michael Raucheisen.

 

 

Siamo davvero in presenza di un capolavoro discografico. La tecnica di altissimo livello e l’ eleganza della pronuncia fanno di questa versione un modello assoluto, probabilmente insuperato. Ascoltate come Schmitt-Walter realizzi in maniera perfetta tutte le sfumature dinamiche e come renda in maniera magistrale il cambio di atmosfera nella strofa conclusiva. Non è solo una delle migliori versioni di Mondnacht, è anche uno dei più grandi dischi liederistici della storia.

Di fronte a un esito di questa portata, anche i grandissimi della discografia stentano a reggere il confronto. Proseguiamo comunque con la versione di Alexander Kipnis (1891 – 1978) il celebre basso ucraino più volte citato nel corso di questa rassegna. Il disco è del 1929, con il pianista Arthur Bergh.

 

 

Anche in questa occasione, il grande basso ucraino si conferma liederista di classe cristallina, forse l’ unico in grado di rivaleggiare con Schmitt-Walter in fatto di estro coloristico e perfezione di legato. La voce è di colore meraviglioso e ha la maestà e il vigore di un grande fiume in piena, ma Kipnis non si limita a sfoggiare la bellezza del suo strumento e lavora di fino sull’ articolazione, con risultati davvero ragguardevoli.

Come penultimo ascolto, ho scelto l’ esecuzione di Julius Patzak (1898 – 1974). Il tenore viennese iniziò la sua formazione musicale studiando direzione d’orchestra e  prese inoltre lezioni di composizione da Franz Schmidt. Nel 1926 decise di studiare canto, da autodidatta. Debuttò il 3 aprile 1926 a Reichenberg come Radamès. Nel 1929 divenne Festmitglied dell’ ensemble della Bayerische Staatsoper, a cui rimase legato fino al 1945, interpretando circa sessanta ruoli.
Nel 1946 passò alla Wiener Staatsoper di Vienna e nel dopoguerra cantò contemporaneamente in molte città europee. Lo ascoltiamo in un disco inciso nel dicembre del 1946 per la Columbia.

 

 

Una bella versione, tecnicamente inappuntabile per un cantante quasi cinquantenne e in carriera da vent’ anni. Scorrevolezza di legato e dizione molto raffinata rendono questa esecuzione di ottimo livello, anche se forse non raggiunge gli esiti espressivi di quelle precedenti.

Chiudiamo con la seconda voce femminile, quella di una cantante del nostro tempo. Si tratta della grandissima Christa Ludwig (1924) in una registrazione tratta da un LP dedicato a Lieder di Wolf e Schumann, inciso nel 1968 per la DG insieme ad Erik Werba.

 

 

La Ludwig sceglie un tempo più lento e indugiante ed è molto brava a centrare il giusto tono espressivo. La pulizia della linea di canto e l’ omogeneità della linea vocale rendono il mezzosoprano berlinese in grado di lavorare accuratamente sull’ interpretazione, con risultati che non sfigurano a confronto di quelli ottenuti dalle voci storiche. Una prova di notevole rilievo.

Arrivati alla conclusione, è come sempre problematico tirare le somme. Le sei versioni sono tutte di altissima qualità ma, per il mio personalissimo gusto, quella di Schmitt-Walter supera tutte le altre. Va da sè che si tratta di una scelta che dipende molto dal singolo ascoltatore. Chiudiamo qui, dando appuntamento alle prossime puntate della rubrica.



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