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Interrogativi giallorossi

Creato il 28 gennaio 2013 da Lodovi

Tanto fumo ma poco arrosto. Sintetica analisi del progetto della Roma americana, iniziato nell’estate del 2011, ma che per ora ha deluso le aspettative. Certo, quando si cambia c’è bisogno di tempo e pazienza, perché i miglioramenti si vedono man mano. Eppure, qualcosa non funziona, a partire dalla panchina. Luis Enrique prima, Zeman oggi. Tanti proclami, tante domande: perché? Perché affidarsi al boemo e non richiamare il giovane Montella, galvanizzato dall’esperienza catanese? Zeman continua a proporre lo stesso modulo, il 4-3-3, e un calcio maniacalmente offensivo, senza curarsi della difesa. E, si sa, senza reparto arretrato, non si fa molta strada. Ci sono partite inspiegabili, dominate dai giallorossi per un' ora e gettate al vento per disattenzioni, come quando si sono fatti rimontare in casa dal 2-0 al 2-3 da Bologna e Udinese. Perché alcuni giocatori si permettono di lasciare delle dichiarazioni lesive nei confronti dello spogliatoio? In una società seria, Stekelenburg non si sarebbe mai permesso di attaccare l’allenatore e il compagno, e, se lo avesse fatto, si sarebbe preso una maxi-multa dalla società, la quale, invece, sembra non aver gradito la replica di Zeman, che auspicava un “regolamento scritto”. Perché questa mania di comprare sul mercato? Perché Dodò, Piris, Castan? Dopo 22 giornate, i capitolini confermano di essere altalenanti: così non si va da nessuna parte. La Champions è lontanissima, perché Juventus Napoli e Lazio hanno una marcia in più. Inoltre, Inter, Fiorentina e Milan sono favorite, perlomeno per un posto in Europa League. Si deve fare chiarezza a partire dal vertice: emerge la netta differenza tra le due gestioni. Se i Sensi – Franco prima e Rossella poi-  trattavano i giocatori come fossero loro figli, James Pallotta e Thomas Di Benedetto, invece, considerano il club come se fosse solamente un titolo azionario, non una gloriosa squadra di calcio.  Ecco quindi che la patata bollente passa al dg Baldini e al ds Sabatini. Un altro settimo posto per la Roma significherebbe fallimento totale: il progetto “made in USA” è già in pericolo.  Alessio Tellan

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