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Tino Stefanoni, classe 1937, è artista italiano d'arte figurativa. Dai paesaggi agli oggetti, appaiono sulle sue opere attraverso un linguaggio che presume l'uso del colore intenso, il contorno nero che ne delinea la forma. Nel 1970 espone le sue opere nella sezione sperimentale della XXXV Biennale di Venezia dove i visitatori possono acquistare direttamente le opere. La ricerca di Tino Stefanoni riguarda la quotidianità, ciò che vediamo, gli oggetti con cui veniamo a contatto da cui rimaniamo indifferenti. Di seguito una breve intervista con l'artista riguardo i suoi lavori dopo la recente mostra tenutasi a Milano negli spazi del Credito Valtellinese.
Gentile Tino Stefanoni, facendo un saldo indietro nel tempo, quand'è il percorso che l'ha portato ad essere artista? chi o cosa ha influenzato le sue opere? Può parlare della sua arte e della mostra nella sede del Credito Valtellinese e Milano?
In famiglia si respirava più un clima artistico che un clima scientifico. Due fratelli architetti e un grafico. Mio padre nel 1923 ebbe il primo figlio (di otto) che chiamò Dante per via dell'Alighieri per il quale, in quel periodo, si trovava nel comitato delle celebrazioni dantesche. Da quand'avevo 10 anni volevo fare il pittore.
Chi ha influenzato il mio lavoro? Il Beato Angelico e quindi il clima metafisico del nostro 900, che s'è ispirato a sua volta al pre-rinascimento. Nell'esecuzione del mio lavoro c'è un metodo classico: la velatura rinascimentale. Il minimalismo è sempre presente in modo evidente in tutti i miei periodi di lavoro che, se pur diversi fra loro, restano uniti da un comune denominatore, il respiro metafisico. E riferendomi dunque all'attuale linguaggio dai contorni neri sfumati, anche qui il rimando è alla clasicità, ossia le sinopie come fase del processo dell'affresco.
Tutti i periodi del mio lavoro sono stati presentati sino a gennaio 2014 allo spazio delle Stelline del Gruppo Credito Valtellinese dal titolo "L'enigma del'ovvio" che sta a dimostrare come il mio fare artistico presenti l'ovvietà disarmante di tutto quanto propongo e, fors'anche la sua poesia nascosta.
Concludo nel chiarire una domanda che viene spontanea osservando tutto il mio lavoro: perchè l'assenza della figura umana e solo "cose" ?.
Il mondo animale e il mondo vegetale non sono di nostra pertinenza mentre il mondo delle cose è di assoluta nostra pertinenza, costruito dall'uomo che lascia la sua traccia e la sua presenza, la sua sensibilità e la sua "poesia" solo attraverso le sue "cose".
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