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Il caso Alex Sanchez dilaga ormai anche in Italia. I suoi libri sono amatissimi dai lettori gay adolescenti, che si riconoscono nei suoi personaggi a tal punto di parlarne come se si trattasse di loro amici.
Con Rainbow Roadsi conclude la fortunata trilogia iniziata conRainbow boys e proseguita con Rainbow High: un trittico sulla formazione di tre giovani americani, Jason Carrillo (l'idolo sportivo del liceo Whitman), Kyle Meeks (che col suo atteggiamento molto "etero" riesce a conquistare il cuore del bel Jason), e Nelson Glassman (il più flamboyant e divertente dei tre).
Come nella più classica tradizione del romanzo occidentale, la definitiva entrata nel mondo degli adulti è consacrata dal viaggio che i nostri tre beniamini compiono affinché Jason possa presenziare all'inaugurazione di una scuola per ragazzi glbtq a Los Angeles.
Un viaggio coast to coast che non è più semplicemente un'iniziazione alla maturità, ma anche un viaggio di scoperta dei nuovi miti americani, da quelli della cultura pop (Elvis Presley e Britney Spears) a quelli più "impegnati" (Rosa Parks e Harry Hay, la prima leader del movimento per i diritti degli afroamericani, il secondo l'attivista morto nel 2002, noto per aver fondato la Mattachine Society ed aver scritto il primo manifesto americano per i diritti dei gay).
Gli Stati Uniti sono percorsi come in un parco giochi, dove i nostri turisti mordi e fuggi non hanno mai materialmente il tempo di fare tesoro dell'esperienza offerta dal viaggio.
Non mancano però momenti esilaranti. Come quando fanno visita al santuario delle "Fate Incantate", un gruppo di omosessuali radicali e anticonformisti.
Approfittando di un breve soggiorno in Italia di Sanchez, Pride lo ha intervistato.
Nei tuoi libri il coming out svolge un ruolo molto importante. Ci parli del tuo?
Posso datare il mio coming out all'età di 18 anni quando, ascoltando la radio, sono venuto a conoscenza di un gruppo di adolescenti che si erano associati. Partecipando a quel gruppo, per la prima volta mi sono trovato insieme ad altri omosessuali. Lo ricordo come un momento molto emozionante e importante della mia vita. Forse per questo ho scelto di iniziare il primo dei romanzi della mia trilogia con Jason che partecipa a uno di questi gruppi, molto popolari negli Stati Uniti.
Della tua adolescenza che cosa ricordi, invece?
Quando ero a scuola io, nei primi anni settanta, la parola "gay" non era molto diffusa. La parola "omosessuale" indicava una tale perversione che non veniva nemmeno nominata. Quando leggevo di persone gay e lesbiche mi riconoscevo in loro, ma al tempo stesso provavo anche un forte senso di vergogna e di colpa, tanto da farmi cadere in depressione. L'adolescenza è stata un momento molto difficile. Non avevo punti di riferimento, non sapevo che ci fossero altre persone come me, che provavano le stesse cose che provavo io.
Ho saputo che in America alcune associazioni di genitori vorrebbero togliere i tuoi libri dalle biblioteche scolastiche, che altri li considerano come strumenti di propaganda omosessuale. Un'oltranzista cattolica afferma addirittura che incitano alla pedofilia. La realtà non è così serena come appare nei tuoi libri.
L'America è il paese della libertà di espressione. Tutti hanno il diritto di avere un'opinione, anche negativa, sui miei libri. Il problema sorge quando qualcuno si assume il diritto di scegliere cosa possa o non possa leggere un ragazzo, anzi di decidere che nessun ragazzo debba leggere un determinato libro. Gli educatori, insieme ai bibliotecari e alla comunità, hanno il compito di decidere quali libri adottare nelle scuole e se un genitore non vuole che suo figlio legga un libro è compito suo parlargli e spiegargli il motivo di tale scelta.
Quello che è inaccettabile è che singoli genitori vogliono prendere la decisione per l'intera comunità.
Cosa rispondi alle persone che ti dicono che i tuoi libri influenzano i giovani lettori?
Come scrittore non mi pongo il problema. Spero di dare ai miei giovani lettori quella piccola spinta necessaria per affrontare il coming out, ma se non se la sentono non sono certo i miei libri a costringere una persona a fare ciò che non è pronta a fare. Spero di far intravedere una possibilità di scelta tra le diverse opzioni di vita.
Mi piacerebbe che i giovani gay si ponessero dei dubbi a partire proprio dalle scelte dei miei personaggi, che si facessero domande tipo: "Cosa avrei fatto io nella situazione di Jason?"
Alcuni critici, d'altro canto, pensano che i tuoi libri siano troppo didascalici e troppo middle-class.
Conduco una vita da borghese, tutto il mio vissuto è borghese e forse la maggior parte dei miei lettori lo è, credo perciò che sia giusto scrivere di quello che vivo in prima persona. Trovo interessante scrivere di temi considerati controversi all'interno della middle-class e mostrare il dramma nella vita quotidiana.
Mentre la stagione delle rivendicazioni sembrerebbe terminata, tu scegli di rappresentare una scuola di soli studenti gay e lesbiche.
In un mondo ideale gli studenti gay non avrebbero nessun problema a frequentare scuole miste. Una scuola come quella che rappresento nel romanzo esiste anche nella realtà. A New York è nato un liceo di questo tipo per proteggere gli studenti gay dal bullismo. Non è un ghetto, in quanto nessuno è obbligato a frequentarlo, né si deve essere necessariamente gay o lesbica per iscriversi. Circa il 10% degli studenti è eterosessuale: è una sorta di mondo al contrario e va bene così.
Cosa ti ha spinto a intraprendere il mestiere di scrittore?
Dopo aver terminato il college ho iniziato a scrivere romanzi.
Volevo parlare del periodo del liceo perché era come se avessi la sensazione di non aver detto quello che all'epoca pensavo e sentivo. Ho utilizzato questi libri per dire tutto quello che avrei voluto dire da adolescente, ma che non sono stato in grado di dire allora.
Cosa è cambiato da allora, nella rappresentazione dei gay e delle lesbiche?
Solo agli inizi degli anni '70 sono apparsi i primi personaggi adolescenti gay, ed erano sempre personaggi minori, mai i protagonisti del romanzo. C'era come una sorta di legge non scritta secondo cui il personaggio omosessuale doveva o suicidarsi o morire tragicamente.
Poi l'omosessuale ha incarnato il ruolo dell'outsider, che non si suicidava più, ma che era comunque o drogato o alcolizzato, un malato di sesso o una marchetta. Non aveva una vita normale.
Anche questo tipo di rappresentazione era per me troppo deprimente. Guardavo i miei amici e dicevo: "Ma noi non siamo così! Perché nessuno scrive di persone come me e i miei amici?".
Quindi tu volevi dare una rappresentazione più ottimistica dell'omosessualità?
Nei miei libri metto la mia visione del mondo.
Quando scrivi romanzi che si rivolgono a lettori adolescenti è importante far comprendere loro che tutta la sofferenza che stanno affrontando avrà termine, che c'è una luce alla fine del tunnel.
Molti ragazzi negli Stati Uniti sono tuttora vittime di attacchi di omofobia, vengono molestati e offesi. Il tasso di suicidio tra i ragazzi gay e le ragazze lesbiche è comunque più alto di quello dei loro coetanei etero. Questo è il vero problema.
I tuoi libri hanno un valore pedagogico? Qual è il tuo compito da scrittore?
Gli insegnanti svolgono un ruolo molto importante nella crescita degli adolescenti. Offrono loro idee che servono ad aprire la loro mente, ma anche il loro cuore.
Un compito simile lo svolge lo scrittore: scrivere di ragazzi gay e lesbiche aiuta i coetanei etero a comprendere cosa significa essere veramente omosessuali, sviluppare empatia nei loro confronti.
Li aiuta a capire e andare oltre i propri pregiudizi.
Nemmeno nel mondo così ottimistico che tu cerchi di descrivere, però, la storia di Nelson con il ragazzo sieropositivo può avere un happy ending?
è stato molto difficile per me decidere cosa fare della relazione tra Nelson e Jeremy, quale strada far prendere alla loro storia.
Sì, sarebbe potuta andare anche in modo diverso, non lo posso negare. Forse ci saranno altri scrittori che faranno percorrere una strada diversa ad una coppia come la loro.
Credo sia giusto affrontare il problema dell'Hiv, specie in libri che leggeranno gli adolescenti: anche solo un accenno al problema li mette nella condizione di poterci pensare su, di rifletterci.
Dobbiamo considerare conclusa la saga dei rainbow boys Jason, Kyle e Nelson?
La trilogia è terminata con questo romanzo. Avrei potuto continuare a scrivere di Jason, Kyle e Nelson fino a che sarebbero diventati vecchi, ma per il momento ci sono altre storie che voglio raccontare.
Negli Stati Uniti uscirà in ottobre il mio prossimo romanzo, Getting It, che racconta la storia di due adolescenti, uno gay e l'altro etero. Il ragazzo etero si innamora di una ragazza ma non sa come conquistarla, non sa che approccio prendere. Poi si accorge di un ragazzo gay che è amico di tutte le ragazze della scuola e decide di diventare suo amico. Il ragazzo gay gli dà una sorta di "ripulita" e i consigli giusti per conquistare la ragazza.
Ho tentato di mostrare cosa può imparare un ragazzo etero da uno gay, anche a livello di espressione dei propri sentimenti.
Credo che il motivo per cui alle ragazze etero piaccia così tanto leggere di ragazzi gay è perché noi gay possiamo essere più aperti e ci esprimiamo più liberamente.
Edito originariamente in "Pride", luglio 2006. Intervista di Gian Pietro Leonardi
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