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Intervista a Andrea Carlo Cappi

Creato il 17 novembre 2015 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

Andrea Carlo Cappi è uno scrittore, dalle mille sfaccettature diverse, che ama cimentarsi con qualsiasi genere gli venga in mente di affrontare. E questo perché la sua passione è proprio scrivere! Giusto per non smentirsi, ha onorato le nostre pagine con due brevissimi racconti esclusivi.

Tratto dalla biografiaIntervista a Andrea Carlo Cappi
Andrea Carlo Cappi, nato a Milano nel 1964, vive tra l'Italia e la Spagna. Scrittore, traduttore dall'inglese e dallo spagnolo, editor, saggista, curatore di collane e riviste, sceneggiatore di fumetti e fiction radiofonica, si è occupato di ogni genere di narrativa popolare: dalle molte sfumature del thriller, con particolare riguardo alla spy-story e all'avventura, al fantastico sotto varie forme (fantasy, fantascienza, horror), all'umorismo e alla satira. Ha pubblicato con Mondadori, Sonzogno, Vallardi, Sperling & Kupfer e numerose altre case editrici.

    Con un curriculum così viene da chiedersi: cosa altro si aspetta Andrea, di più e di nuovo, dalla sua passione per la scrittura? Quali altri confini hai da abbattere?

Qualche confine da valicare è rimasto. Il western e le storie di pirati, per esempio: pur avendo toccato almeno una volta quasi tutti i generi e i sottogeneri, e avendone spesso preso a prestito alcune situazioni, non li ho mai affrontati in modo diretto. Ma ogni storia è sempre nuova: non mi piace replicare troppo una stessa formula, anche quando scrivo storie seriali con gli stessi personaggi. Per cui il vero confine da abbattere è fare ogni volta qualcosa di diverso, senza però deludere le aspettative dei lettori.

    Con tutti i libri che hai già scritto da cosa trai ispirazione per scrivere nuove storie?

Intervista a Andrea Carlo Cappi
In buona parte, dalla realtà, soprattutto per quanto riguarda le storie di crimine o spionaggio: prendo in esame eventi reali, indago su cosa potrebbe esserci dietro o come si potrebbero sviluppare in seguito. Ma a volte mi confronto con filoni narrativi consolidati e li rielaboro alla mia maniera: per dirne una, qualche anno fa mi sono posto il problema di come scriverei io una storia di vampiri ed è nato Le vampire di Praga, con il suo universo che spero di poter continuare a raccontare.

    Usi schemi o metodi particolari quando scrivi le tue storie o sei più istintivo e scrivi di getto?

Non preparo mai uno schema molto preciso, anche se quando sto per lavorare a un racconto molto lungo o a un romanzo breve traccio un grafico degli elementi e degli obiettivi principali. Scrivo di getto, a volte anche contraddicendo lo schema di partenza, per seguire il libero arbitrio dei personaggi. Il mio metodo: se qualcosa sorprende o appassiona me, ha più probabilità di avere lo stesso effetto sui lettori; in caso contrario non piacerà né a me né a loro.

    Perché usi pseudonimi per pubblicare i tuoi libri? C'è un motivo particolare?
    Intervista a Andrea Carlo Cappi

Alcuni sono nati quando lavoravo per una rivista in cui non era il caso che firmassi con lo stesso nome tre articoli diversi per ogni numero: ogni identità aveva una sua specializzazione e a volte la riutilizzavo anche in altri contesti, ma nel tempo li ho abbandonati. Nel 2002 invece, quando cominciai a pubblicare la serie Nightshade per Segretissimo Mondadori, mi fu chiesto di adottare uno pseudonimo che suonasse francese, come gli autori di maggior successo della collana. Barando un po', scelsi François Torrent (in realtà un cognome dell'area Catalogna-Baleari) ed è l'unico pseudonimo che continuo a usare, dato che è legato a quella serie come un marchio di fabbrica.

    Hai scritto anche per il mondo dei fumetti. Lavorare a un fumetto è molto diverso che lavorare su un romanzo o a un racconto?

Dal punto di vista della documentazione e della costruzione della trama, no. Dal punto di vista della stesura, moltissimo: ciò che si scrive non è diretto al lettore in modo immediato, ma al disegnatore e, naturalmente, a chi si occupa del lettering, che completano il lavoro di squadra.

    Intervista a Andrea Carlo Cappi
    L'importanza delle traduzioni. Quali sono gli aspetti principali durante la traduzione di un testo? È più difficile tradurre un testo di saggistica o uno di narrativa?

I testi di saggistica che mi capitano, in genere, sono molto vicini alla narrativa, quindi valgono le stesse regole. A volte invece mi è capitato di tradurre romanzi che richiedevano competenze specifiche su certi argomenti, sui quali mi dovevo documentare. Per il resto la difficoltà dipende dal linguaggio scelto dall'autore. E anche dalla qualità della scrittura: un libro scritto male o in modo frettoloso può essere più impegnativo di uno scritto bene, perché nella traduzione non sono ammessi certi difetti del testo originale. In generale cerco di entrare il più possibile in sintonia con l'autore, per dare al pubblico un libro rispettoso del testo e dello stile di partenza, come se fosse stato scritto direttamente in italiano.

    Come nasce l'idea di creare dei personaggi caratterizzati da una contaminazione fra i generi?
    Intervista a Andrea Carlo Cappi

Dalla necessità di esplorare nuovi territori. Che tuttavia vanno inseriti nei contesti giusti. Quando scrivo una storia con Medina o Nightshade, posso mescolare sottogeneri diversi del giallo (o noir, o thriller), ma tradirei le aspettative del lettore se inserissi elementi sovrannaturali o fantascientifici. Nella serie di padre Antonio Stanislawsky, dichiaratamente di fantascienza, mi diverto a inserire tutti i possibili generi e sottogeneri compatibili con la singola vicenda, compresi viaggi nello spazio e nel tempo, ma anche intrighi a sfondo mystery. L'importante è che, fissati il campo e le regole di gioco con il lettore, ciò che accade sia sorprendente ma coerente.

    Abbiamo notato che chi scrive storie che vanno ad esplorare il lato oscuro dell'animo umano è, nel quotidiano, dotato di una sana vena umoristica. Secondo te è un modo per mantenere gli equilibri mentali o è solo un mito da sfatare?

L'umorismo e l'ironia sono fondamentali per sopravvivere. Alcuni miei racconti che si ispiravano, trasfigurandole, a vicende fastidiose capitatemi nella realtà, sono - mi è stato detto - tra i più comici che abbia scritto.

    Intervista a Andrea Carlo Cappi
    Scrivi sia romanzi che racconti. Cosa preferisci scrivere? E cosa preferisci leggere?

Nessuna discriminazione quanto alla lunghezza, né come lettore, né come autore. Ogni storia deve avere il respiro che la vicenda stessa richiede. Certo, di un racconto breve vedo subito il risultato, mentre per un romanzo (o una novelette) si deve attendere più a lungo. La scorsa estate ho cominciato un racconto a quattro mani con la mia co-autrice ricorrente, Ermione: una storia tra noir, eros e fantascienza; mi sono accorto ben presto che il mondo e i personaggi della vicenda richiedevano qualcosa di più che un racconto. Così ci siamo ritrovati a dover scrivere un romanzo per il quale, soprattutto io, dovremo trovare il tempo necessario; ma avremmo fatto torto alla storia se l'avessimo chiusa troppo frettolosamente.

    Le tue esperienze radiofoniche hanno dato spunto a qualcuno dei tuoi scritti?
    Intervista a Andrea Carlo Cappi

C'è stata osmosi intorno ai primi anni Novanta, quando sono partito da alcuni racconti abbozzati in precedenza e li ho rielaborati per un programma di Radio RAI... da cui non sono mai andati in onda, nemmeno il primo, benché già adattato, recitato e registrato. Da quelle rielaborazioni sono poi nate le versioni definitive di vari racconti che ho pubblicato in seguito. Il lavoro successivo per Radio RAI, il serial Mata Hari di cui sono stato co-sceneggiatore nel 2003, invece, non avrebbe potuto trovare compimento migliore di quello che ha avuto: per superare il lavoro fatto da attori, tecnici, musicisti e regista occorrerebbe una mega-produzione cinematografica.

    Vivendo in Spagna quali differenze vedi fra il panorama editoriale italiano e quello spagnolo?

Vedo qualche difetto in comune, per esempio l'ossequio alle mode in nome del marketing. Ma in Spagna vedo anche un maggior numero di lettori e un maggior interesse verso gli autori autoctoni, anche nel campo della letteratura di genere.

    Come vedi lo scrittore come figura professionale? È possibile?

Intervista a Andrea Carlo Cappi
Su altri mercati, forse. In Italia è possibile solo la figura dello scrittore... ricco di famiglia. Chi non ha questa fortuna si deve dividere tra la scrittura e altre attività che gli consentano di sopravvivere. Le mie sono nel campo editoriale: traduttore da inglese e spagnolo, editor, consulente e così via. Un impegno che spesso impone di sacrificare quella di scrittore. Gli autori, contrariamente a un'opinione diffusa, non vivono di aria.

    Cosa ne pensi della notizia della fusione fra Mondadori e RCS?

Come tutti i grandi movimenti, può avere conseguenze positive e negative. Già da prima, del resto, alcuni marchi storici assorbiti dall'uno o dall'altro gruppo avevano cominciato a estinguersi. In tempi recenti, persone di provata competenza hanno perso il lavoro nelle riduzioni del personale. La fusione può essere il modo per far sparire anche le persone incapaci, ridurre gli sprechi e cercare l'essenza. A volte si ritiene che un manager, in questo campo, sia tanto più bravo quanto maggiore è il numero di marchi o collane che riesce a chiudere. Non è così. Il marketing dovrebbe consistere nel comprendere la natura e l'identità di un certo marchio editoriale e rafforzarlo, non distruggerlo.

    Cosa fa Andrea Carlo Cappi quando non scrive?
    Intervista a Andrea Carlo Cappi

Di solito presento libri propri o altrui e, in questo periodo, mi occupo della Collana M di Cordero Editore, presso il quale ho riportato in vita un mio marchio che ha vissuto per quasi un decennio sotto forma di rivista. E ogni tanto cerco di concedermi un minimo di vita privata, ma anche questo, come scrivere, spesso diviene un lusso.

Nuove storie con i vecchi personaggi, altre storie con nuovi personaggi. Molte più di quanto l'editoria italiana sia in grado di gestire. So però che io ho voglia di scriverle e i miei lettori hanno voglia di leggerle.

    Saremmo onorati di ospitare un tuo "racconto dal vivo". Di seguito ti forniamo due frasi da usare a tuo piacimento:
    Frase 1: "Il mio frigo era ormai vuoto."
    Frase 2: "In quella notte senza Luna finii per inciampare..."

Me ne sono venuti due...

Intervista a Andrea Carlo Cappi
Vuoto freddo

Racconto dal vivo di Andrea Carlo Cappi

Il mio frigo era ormai vuoto.
Non era una novità. A parte una bottiglia di vodka, lo spirito che nutre lo spirito, i ripiani erano deserti. Spaziosi, puliti e ben illuminati. L'esatto contrario della mia casa, un buio ammasso di libri che, riempiti gli scaffali, avevano preso possesso anche del pavimento, su cui crescevano a piramidi di Cheope, muri di Berlino, colonne del Partenone. Sfilarne uno dalla base poteva provocare una frana.
Ma ormai non li leggevo più. Non avevo tempo. Dovevo scrivere. C'è chi pensa di scrivere senza aver mai letto un libro e c'è chi scrive perché ne ha letti troppi, anche se non ne avrà mai letti abbastanza. Dovevo scrivere e per scrivere avevo dovuto prima soddisfare la sete dell'editore, traducendo in meno di un mese un romanzo di ottocento pagine, opera di un autore straniero che forse non conosceva più di ottocento parole. Per la prima volta in vita mia mi ero trovato quasi a corto di sinonimi. Per fortuna il frigo delle mie parole era sempre pieno.
Ma il momento era venuto, finalmente. La traduzione era conclusa e potevo tornare a scrivere. La pagina bianca mi aspettava e non mi aveva mai fatto paura. Presi la bottiglia, svitai il tappo e feci per riempirmi un bicchiere di plastica. E fu allora che mi accorsi che anche la vodka era finita. Restava solo il vuoto.
Un vuoto freddo.
Scossi la testa e mi dissi: "Lo spettacolo continua".
E cominciai a scrivere: In quella notte senza Luna finii per inciampare...

© Copyright 2015 Andrea Carlo Cappi Guarda che Luna

Racconto dal vivo di Andrea Carlo Cappi

In quella notte senza Luna finii per inciampare, ma mi rimisi subito in piedi.
"Un piccolo passo per un uomo", avrebbe detto qualcuno.
Puntai la torcia elettrica sul terreno e mi chinai a dare un'occhiata. Come immaginavo: roccia lunare. Ne erano piovute un sacco, sotto forma di meteoriti.
Già a suo avevo sottolineato presso il Gran Consiglio che era una pessima mossa appaltare lo sfruttamento minerario del satellite alla Ndrangheta Ltd., ma l'Ufficio Politico aveva assicurato che la gara d'appalto si era svolta in modo trasparente e tutti i lavori erano stati assegnate a ditte di persone conosciute, tutti parenti o amici del Ministro dello Spazio.
Non so che cos'abbiano combinato lassù, ma dopo un paio di mesi anche da qui si vedeva che la maggior parte dei crateri era collassata. A quel punto l'Ufficio Marketing ha suggerito che, dato che ormai la Luna non era più quella di prima e la maggior parte dei panorami terrestri by night era rovinata irrimediabilmente, la cosa migliore fosse distruggere il satellite.
Anche stavolta feci notare presso il Gran Consiglio che non mi sembrava per niente una buona idea ma mi fu risposto che, sì, ci sarebbe stato forse qualche problemino con le maree, ma perfettamente gestibile. Tanto, con l'innalzamento delle acque per lo scioglimento dei ghiacciai, nessuno avrebbe notato la differenza.
L'appalto della rimozione fu assegnato a quelli della Mafia International, perché dicevano di essere molto bravi con le esplosioni.
A quel punto smisi di sprecare il fiato con il Gran Consiglio. Guardai i progetti della demolizione. Feci un paio di calcoli. E mi sono trovato una grotta sicura per ripararmi dalla pioggia di detriti, quassù sulle Alpi Marittime. Più che altro per trovarmi a una quota sufficientemente elevata quando il frammento più grosso della Luna, attirato dalla forza di gravitazione terrestre, sarebbe piombato nel Mediterraneo, provocando lo tsunami. Altro che problemino con le maree.
Non so quanti altri superstiti ci siano. Immagino che di qui a qualche mese comincerò a soffrire un po' di solitudine. Ma fra poco arriverà l'alba e andrò a farmi una nuotata fuori dalla mia grotta, visto che il mare è arrivato qualche decina di metri più sotto. Con una rilassante sicurezza. Non devo più partecipare alle sedute del Gran Consiglio.

© Copyright 2015 Andrea Carlo Cappi

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