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Intervista a Annalisa di Piazza autrice de “Il sentiero della mano sinistra”

Creato il 03 gennaio 2015 da Coilibriinparadiso @daliciampa

Come vi avevo anticipato questo 2015 ci riserva alcune sorprese: questa è una di quelle!
Dopo aver letto e recensito Il sentiero della mano sinistra di Annalisa Di Piazza sono rimasta in contatto con l’autrice, che è stata gentilissima e molto disponibile, e insieme abbiamo organizzato quest’intervista!
Il suo giallo, uscito quest’anno per la casa editrice Silele Edizioni, a me è piaciuto molto ed è quindi un onore e un piacere ospitare quest’intervista, come prima intervista del blog. Spero che in futuro ce ne siano molte altre ma soprattutto che questa vi presenti al meglio il libro, come era nostra intenzione fare, attraverso i suoi aspetti più originali e più belli :)

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Annalisa Di Piazza è nata a Palermo 45 anni fa. E’ sposata ed ha due figli. Da anni vive e lavora in provincia di Bergamo. Ha alle spalle diverse pubblicazioni a contenuto giuridico. Il sentiero della mano sinistra è il suo primo libro di narrativa.


Ciao Annalisa, intanto ti ringrazio per l’occasione che mi hai dato di leggere il tuo libro e di ospitarti nel mio blog.
• 
Credo che una buona parte di noi lettori si senta anche uno scrittore, perché spesso scrivere è una passione per chi ama leggere. Ma come ci si sente a pubblicare un libro davvero? Ad essere, forse solo formalmente, riconosciuta come scrittrice?

ilsentiero
 Pubblicare dà un insieme di emozioni molto composito. Quando finalmente ho trovato una casa editrice disposta a pubblicarmi ho provato euforia. Questa sensazione di contentezza e ubriachezza mi ha accompagnato fino all’uscita ufficiale del libro. Da quel momento è scomparsa, sostituita da quella sgradevole sensazione alle budella che accompagna l’ansia. D’un tratto, infatti, ti rendi conto che avrai una platea di giudici che esamineranno la tua creatura e la valuteranno. E cominci a temere i giudici, che implacabili arriveranno. Da quel momento è come essere su un otto volante. Svetti in alto ad ogni lode e precipiti giù ad ogni critica.

• Il sentiero della mano sinistra è il tuo primo libro. In quanto tempo lo hai scritto e come è nata l’idea?

Scrivere è da sempre la mia passione, come spesso accade per i voraci lettori. Scrivo da sempre, un po’ di tutto: poesie, racconti, favole…. Non mi ero mai spinta oltre un racconto lungo, e l’idea di provarci è maturata lentamente discutendone con mia sorella, quasi come un gioco condiviso. Insieme a lei abbiamo partorito il canovaccio, anche se lei avrebbe preferito un genere più caratterizzato, più thriller. Così ho cominciato. Ma all’inizio mi ci sono dedicata in modo discontinuo, per i numerosi impegni lavorativi e famigliari. L’ho scritto, quindi, in un tempo lunghissimo (quasi quattro anni), segnato da periodi in cui ci lavoravo ogni giorno ed improvvisi abbandoni di mese. Solo alla fine, quando aveva già assunto la sua fisionomia, non l’ho più mollato e l’ho concluso, limato e definito in un anno.

• Spesso gli scrittori tendono a mettere un po’ di sé, oltre che nell’essenza del proprio libro, nell’essenza del personaggio. Qualcuno dei tuoi personaggi, che hai caratterizzato tanto bene, ti rispecchia? E chi è il tuo preferito?

Le recensioni che ho gradito di più sono quelle che hanno saputo cogliere un aspetto forse inusuale del mio libro. Non c’è nella storia, infatti, un personaggio principale. E’ un libro corale, dove tutti gli appartenenti alla squadra investigativa sono comprimari. Ed io sono divisa e frammentata in ciascuno di loro. Mi viene difficile dire chi ami di più. Mi sento come una madre a cui viene chiesto di scegliere tra i propri figli. Con qualcuno posso avere più affinità, con altri meno, ma li amo tutti incondizionatamente.

 Uno dei personaggi principali, Mimmo, è omosessuale e felicemente fidanzato con Andrea, con il quale sta anche pensando di adottare un bambino. Questi dettagli si rivelano marginali ai fini della trama, ma se non li hai inseriti per questo, avevi probabilmente altre intenzioni. Come mai questa scelta?

Non è facile rispondere a questa domanda. Innanzitutto devo dire che quando inizi a scrivere ad un certo punto i personaggi ti sfuggono di mano. Cominciano a imporsi sulla pagina e nella storia con delle connotazioni proprie, che inizialmente non avevi ne pensato ne immaginato ma che tutto ad un tratto appaiono e si affermano, semplicemente perché diventano coerenti con le situazioni e lo svolgimento della storia. Ciascuno dei miei personaggi non è nato così come è nel libro, ma si è evoluto nel corso del racconto, spesso cambiando radicalmente rispetto all’idea iniziale. E così è successo a Mimmo, che all’inizio aveva un altro nome, era etero, sposato e con una bambina. Ma non era convincente. Ed un tratto è cambiato. Peraltro io sono profondamente contro l’omofobia e contro un certo modo di esserle “contro”. Non mi ritrovo in quegli orientamenti che sotto la bandiera della lotta all’omofobia celebrano l’omosessualità. Ritengo che l’orientamento sessuale, come la razza e la religione, debba essere considerato neutro e non porti nessun valore o disvalore aggiunto alle persone. E il modo migliore per affermare questa mia convinzione mi è parso raccontare tale neutralità, inserendo un personaggio omosessuale in una storia in cui l’omosessualità è assolutamente ininfluente.

• Un tema ricorrente è quello dell’anticonformismo, della forza della propria volontà, delle scelte fuori dagli schemi. Come vivi questi temi nella tua vita quotidiana di mamma e di donna?

Vivo questi temi con mille dubbi e mille domande, senza darmi risposte definitive. E sono arrivata alla conclusione che questo sia il modo più sano per viverli, e che si debbano temere i portatori di verità assolute, talebani delle loro convinzioni ad oltranza e ad ogni costo. Le certezze portano alla violenza, perché si scontrano con altre certezze. Di contro un eccesso di relativismo può essere destabilizzante e ambiguo. E allora? La mia conclusione è che ognuno deve trovare dentro di se delle convinzioni, da vivere e applicare ogni giorno in modo coerente, ma senza la pretesa di essere necessariamente nel giusto e senza pretendere di imporre le proprie scelte agli altri. Ma, soprattutto, avendo il coraggio di assumersi la responsabilità di tali scelte e avendo il coraggio, anche, se del caso, di cambiarle.

Come mai hai scelto lo sfondo del satanismo per la trama? Sembra una scelta difficile, ma soprattutto originale.

L’idea iniziale è di mia sorella. Volevamo dare al libro un inizio avvincente, che incuriosisse subito il lettore. Poi per me questo spunto è diventato solo un modo per raccontare altro e gli aspetti più pulp sono stati sfumati. Il satanismo diventa il binario per introdurre le tematiche di pensiero che volevo trattare: il libero arbitrio, la responsabilità delle scelte, il valore e i limiti dei dogmi morali. Questa scelta da alcuni è stata apprezzata e da altri no. Ho avuto critiche anche molto aspre basate sul fatto che il libro parte con delle premesse ma poi non mantiene le promesse, perché troppo poco esoterico e troppo poco “thriller “. Altri hanno apprezzato la scelta stilistica ma mi hanno contestato la scelta della copertina, che invece sembra rinviare a quei contenuti pulp che poi nel libro non si ritrovano. Il rischio, a quanto pare, è che chi sceglie il libro invogliato dalla copertina rimanga poi deluso dal contenuto, e chi invece potrebbe apprezzare il contenuto non scelga il libro per colpa della copertina.

Qual è il tuo rapporto con Palermo e la Sicilia, la tua terra, quella in cui hai ambientato il romanzo, che ne subisce molte influenze?

Per me Palermo e la Sicilia sono la terra dei miei ricordi, il luogo nostalgico degli affetti e dell’infanzia ma anche il luogo della mia formazione. I miei codici lessicali, le mie strutture mentali, le stesse lenti con cui guardo e valuto la realtà sono siculi e la mia sicilianità non potrà mai scomparire, per quanti anni io possa passare lontano dalla mia terra. Ambientare il mio libro in Sicilia è un omaggio ma anche una necessità. Mi consente nel tempo della scrittura di ripercorrere le mie strade.

Una piccola curiosità che, da amante della musica, mi è venuta voglia di soddisfare: la musica all’interno del tuo libro ricopre ad un certo punto un ruolo fondamentale con i testi degli Iron Maiden. Qual è il tuo rapporto con la musica, o il rapporto tra la musica e la tua scrittura? Consiglia una colonna sonora del tuo libro!

Guarda, per rispondere a questa domanda cedo il posto a mia sorella Stefania. Come ti ho detto il plot del libro è stato pensato con lei e la sua influenza maggiore sta proprio in questa scelta di assegnare alla musica un ruolo preponderante. Stefi, a te la parola.

Amo molto la musica, che per me è energia, sfogo, un modo per viaggiare con l’immaginazione e andare oltre i propri limiti. Spesso per me è stata anche un rifugio. Quando con mia sorella discutevamo dei possibili risvolti della trama mettevo come sottofondo per i miei ragionamenti musica rock degli anni ’70, soprattutto David Bowie. Mi ispirava. Direi che la colonna sonora per questo libro includerebbe sicuramente questi pezzi, ma anche rock moderno come quello dei Muse, dei Kasabian, degli Imagine Dragons.

Hai già altre storie in mente da pubblicare, stai lavorando già a qualcosa? Magari una saga che dia seguito al libro?

Ho già pronto un libro di racconti sulla maternità. Si tratta di racconti un po’ inusuali che trattano i temi della maternità per metafore. Sono alla ricerca di un editore. Ed ho già iniziato a scrivere un altro libro con gli stessi personaggi del primo. Non era mia intenzione farne una serie, ma molti lettori mi hanno detto che dovevo…..Ci ho pensato per un po’, poi una mattina mi sono svegliata con la storia già in testa, così ho cominciato.

Cosa ne pensi degli ebook, che stanno avendo tanto successo nell’editoria italiana?

Io sono ancora un po’ antica, e leggo solo su cartaceo. Ma mio marito e mia sorella si sono convertiti al kindle e in tanti mi hanno chiesto perché il mio libro sia solo cartaceo. Purtroppo la mia casa editrice ritiene non sufficientemente remunerativa la pubblicazione del libro in formato digitale. Col senno di poi sono dispiaciuta di questa scelta. In fondo lo scopo di chi pubblica è essenzialmente di essere letto da una platea più ampia possibile e la pubblicazione anche digitale amplia questa possibilità : in fondo per pochi euro si può acquistare anche il libro di uno sconosciuto. Per cui non escludo, in futuro, di procedere anche alla pubblicazione del libro in formato digitale.

So che vieni da una piccola casa editrice, ma quale e quanto è il lavoro che c’è dietro ad una pubblicazione e dopo una pubblicazione?

Purtroppo le piccole case editrici danno veramente poco. Io ho ricevuto diverse critiche (ed io stessa sono rimasta davvero male) per l’assenza di un lavoro di serio editino sul testo del libro. La possibilità di essere letti viene compromessa dal fatto che la distribuzione è limitata: il libro può essere ordinato in tutte le librerie ma non è presente in tutte le librerie. Il lettore occasionale, quello che entra in libreria senza sapere cosa acquistare e magari poi esce con il tuo libro, è quindi da escludere. Diventa fondamentale il passaparola, il lavoro di marketing, perché chi vuole leggere il mio libro deve entrare in libreria, richiederlo e poi tornare a ritirarlo. Ma anche il marketing è difficilissimo. Innanzitutto è molto difficile trovare qualcuno disponibile a recensire il tuo libro senza chiederti denaro. Colgo quindi l’occasione per ringraziarti, perché è grazie a persone come te e a blog/siti come il tuo che noi autori esordienti possiamo farci conoscere e possiamo avere un giudizio imparziale sulle nostre opere. Ho usato le 30 copie che la casa editrice mi ha dato per inviarle in giro a redazioni e gruppi di lettura chiedendo una recensione. Ho avuto solo 7 recensioni. Gli altri 23 non mi hanno nemmeno risposto. Sto cercando anche recensioni autorevoli (giornalisti, autori già affermati) ma ovviamente, senza avere nessun tramite, è quasi impossibile. I socialnetwork aiutano un pochino, ma non così tanto.


Io personalmente trovo quest’intervista fantastica ed è stato “divertente” per me leggerne le risposte sia perché dopo aver letto un libro ci sono tante domande che si vorrebbero fare all’autore e questa volta è stato quasi strano ma bellissimo poterlo fare; sia perché le risposte di Annalisa sono complete e molto molto interessanti, chiare e ampie!
Spero che vi piaccia e che attiri la vostra attenzione verso un bel libro. Vi lascio alcuni link di Annalisa Di Piazza sul web:)

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