Intervista a Carmen Posadas: ¨questo sarà il secolo delle donne¨

Creato il 13 dicembre 2012 da Eldorado

Che l’America Latina sia una terra di libri e di scrittori non lo si scopre oggi. La rassegna ¨América Latina Tierra de Libros¨ svoltasi la settimana scorsa a Roma alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, ha riunito un nutrito gruppo di scrittori –messo insieme dall’IILA (l’Istituto Italo Latino Americano che ha organizzato il calendario) ed ha avuto il pregio di concentrare l’attenzione su una letteratura che da tempo cerca nuovi punti di riferimento nell’affermazione di una generazione di scrittori di talento.
Carmen Posadas è tra gli autori più affermati di questo plotone, una scrittrice che ha consolidato il suo successo libro dopo libro, come se i volumi editi fossero stati i mattoni nella costruzione di una carriera ineccepibile. L’ultimo suo lavoro, ¨Invito ad un assassinio¨, è uscito in primavera per Marco Tropea ed affronta il filone poliziesco, in un giallo che è un tributo alla maestra del genere, Agatha Christie. Ma Carmen Posadas è soprattutto scrittrice di storie solide, di narrazioni che sono giochi di specchi che si sviluppano con la melodia di una scrittura avvolgente. Critica e lettori l’hanno capito da tempo, tanto da rendergli tributo in premi (il più prestigioso nel 1998, il Premio Planeta) e in vendite (milioni di copie vendute in ventuno lingue differenti).
Abbiamo conversato con Carmen e questo è il risultato del nostro incontro.
Sei nata in Uruguay, però hai viaggiato molto prima di stabilire il tuo domicilio in Spagna. Cos’è rimasto dell’America Latina –e dell’Uruguay- in te e nella tua maniera di scrivere?
Devo molto alla Spagna, le mie figlie sono spagnole e lo era anche mio marito. Qui ho svolto la mia carriera però, quando mi chiedono di dove sono, rispondo sempre di essere ¨sudaca¨. Innanzi tutto, perché non mi piace la gente che rinuncia alle proprie radici e poi perché, come diceva qualcuno, la patria è l’infanzia e la mia si è svolta in Uruguay. Anche nella mia letteratura si nota quali siano le mie origini. Mi piace l’oralità, la forma di raccontare una storia come se si stesse sussurrandola all’orecchio al lettore. Il Sudamerica è un miscuglio di culture e spero di esserlo anche io. Nella letteratura succede proprio come con le persone, i mulatti, i meticci, sono soliti essere belli perché prendono il meglio di ogni razza.
Che relazione mantieni attualmente con la tua madre patria? Com’è cambiato l’Uruguay dai tempi della tua infanzia?
Torno in Uruguay tutti gli anni. La mia famiglia è una specie di ¨tribù¨ ed anche con l’Atlantico in mezzo manteniamo immutato il contatto. Figurati che mia figlia Jimena si è sposata con un mio cugino lontano e pure affascinante. In quanto all’Uruguay, il paese ha passato momenti molto difficili. Quando io me ne andai, era un paese prospero, aperto e, soprattutto, colto. Ora, dopo quasi quaranta anni di traversia nel deserto sta tornando ad esserlo. Quello che non è mai cambiata per fortuna, è la qualità della gente. Non credo di passare per sciovinista nel dire che gli uruguayani sono fuori del comune, chi conosce il paese lo sa per esperienza. 
Chi o cosa ti ha spinto a scegliere il mestiere di scrivere?
Senza dubbio mio padre. Era una di quelle persone che imparavano il russo per leggere Tolstoj ed il greco classico per leggere Omero. Era stato educato in una forma vittoriana molto rigida, nel senso che gli era difficile dimostrare i propri sentimenti, per cui lo faceva attraverso i libri. Leggevamo insieme le avventure di Ulisse e di Sherlock Holmes: era quella la sua maniera di comunicare con noi.
Hai iniziato la tua carriera letteraria con i racconti per bambini e sei passata quindi al mondo degli adulti. Cosa ti ha spinto al cambiamento?
Ho iniziato con la letteratura infantile perché pensavo fosse più facile. Sbagliato: è molto difficile! Però non osavo fare il passo verso la letteratura ¨seria¨ perché sono un’autodidatta, non sono mai andata all’università e sono sempre stata una persona insicura. Nella vita ho fatto tutto lentamente, non mi piace volare alto, mi fa paura. Poi, mi sono resa conto, per fortuna, che anche volando basso si può arrivare lontano…
Quanto di te c’è nei personaggi femminili dei tuoi libri?. Per esempio, ti riconosci nei personaggi reali di cui hai parlato nei tuoi romanzi, come Teresa Carrabús di ¨La Cinta Roja¨ o Carolina Otero di ¨La Bella Otero¨ ed in quelli fittizi come la Olivia Uriarte del tuo ultimo lavoro, ¨Invito ad un assassinio¨ ?.
La Bella Otero e Teresa Carrabús erano un cocktail di intelligenza, generosità e di frivolità assoluta che mi è risultato molto attrattivo. Ho sempre pensato, come Oscar Wilde, che la vita è troppo seria per prenderla sul serio. I miei personaggi, soprattutto quelli femminili, sono sempre ambigui e contraddittori, forse perché anche io sono fatta così.
Qual è stata in questi anni la tua esperienza nell’affermarti in un mondo tradizionalmente maschile? Sarà infine questo il secolo delle donne nella letteratura?
È stata una lunga, lunga lotta l’essere riconosciuta come scrittrice. Nessuno mi prendeva sul serio. Forse, perchè non somiglio in nulla allo stereotipo che la gente ha in testa di come deve essere una scrittrice. Ciononostante, la lotta non mi ha scalfito, anzi mi ha appassionato rompere poco a poco i pregiudizi. E sì, sono sicura che il XXI secolo sarà il secolo delle donne che scrivono. E delle donne imprenditrici, avvocate, scienziate eccetera. Lo sarà per pretto darwinismo. Finché la forza fisica è stata un ¨valore¨, il sesso maschile è stato dominante. Ora sono altri i valori, più femminili (come la capacità di giungere ad un compromesso, la persuasione e così via) che la società valorizza.
Pensi che la letteratura possa essere un veicolo che possa aiutare le donne ad ottenere una totale emancipazione?
Uno dei tanti. La letteratura, come diceva Stendhal, è uno specchio che ci si porta dietro lungo la strada e che riflette la realtà (o quello che vorrebbe riflettere).
Ritieni che esistano differenze tra la maniera di scrivere di un uomo o di una donna? In questo senso, si può dire che esiste una letteratura maschile ed un’altra femminile?
Si può rispondere sia con un sì che con un no. Si può dire che la buona letteratura non ha sesso e che, un romanzo come le ¨Memorie di Adriano¨ sembra essere stato scritto da un uomo, mentre ¨Ritratto di signora¨ di Henry James sembra l’opera di una donna. Ciononostante, si può anche affermare che tutto influisce al momento di scrivere: la razza, l’età, la religione. Come non può influire quindi il sesso? Credo che, alla fine, non esista una letteratura maschile ed una femminile, ma temi femminili e maschili. Agli uomini piace più l’epica, a noi di più il mondo dei sentimenti. Questo non toglie che una donna possa scrivere un’opera epica ed un uomo una novella sentimentale e che i risultati possano essere entrambi buoni.
Superato il realismo magico, dove va la letteratura latinoamericana? Te ne senti parte o segui un tuo cammino personale?
Come dicevo prima, la grande virtù del romanzo latinoamericano è la sua condizione di crocevia. Prende ciò che c’è di buono da tutte le culture che conformano i nostri giovani paesi. C’è tanto di spagnolo, ma anche molto di italiano, indigeno, inglese, francese, arabo, russo, mitteleuropeo, giapponese. E, se si sa mescolare bene, nella letteratura il cocktail è stimolante.
L’Europa è colpita da una crisi di difficile soluzione. Credi che la letteratura debba esigere uno spazio nelle rivendicazioni sociali o creare un mondo di illusione, dove poter appartarsi dalla vita reale?
Da anni la letteratura ha dimenticato la sua funzione rivendicatrice e di portavoce delle ingiustizie ed eccessi di ogni indole. Abbiamo vissuto anni molto superficiali e molto alla ¨Walt Disney¨ anche in letteratura. Come dicevo, c’è uno specchio lungo la strada che riflette quello che si vede. Ora comincerà a riflettere altre cose. E quando lo farà, ne guadagnerà la qualità. La grande letteratura non nasce dalla felicità, ma dal dolore, dalla privazione, dall’incertezza.
Quale deve essere il ruolo dello scrittore nella società?
Lo scrittore deve saper interpretare in ogni epoca, ciò che la società chiede. O meglio, andare anche un poco oltre questa necessità.
I tuoi libri hanno venduto milioni di copie. Come misuri il successo?
Non nego che mi piace l’idea di milioni di persone che hanno letto ed apprezzato i miei libri. Al contrario di quanto dice la maggior parte dei miei colleghi, io scrivo per essere letta. Se non fosse così non pubblicherei, scriverei un bel diario e lo conserverei per me. Detto questo, il successo non risiede solo in questo. Sta nello scrivere qualcosa capace di rimanere nel tempo, qualcosa che un giorno futuro qualcuno leggendolo possa pensare: ¨Che curioso, così stavano le cose all’inizio del XXI secolo¨.
Pagina web di Carmen Posadas: http://www.carmenposadas.net/index.php
L’intervista esclusiva è apparsa sull’edizione di venerdì 7 dicembre dell’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/. Un ringraziamento a Sylvia Irrazabal, segretario culturale dell’IILA.


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