1) Ciao Coralba! Ho realizzato ormai centinaia di interviste, ma devo confessarti che mi fa davvero uno strano effetto averti mia ospite nel blog. Prima di parlare del tuo romanzo d’esordio, vuoi raccontare qualcosa di te al nostro pubblico?
Anche a me fa uno strano effetto essere intervistata visto che mi ritengo una scrittrice “senza patente”, senza avere cioè alle spalle una casa editrice che mi sostenga, ma, diciamo, che questo debutto mi ha fornito perlomeno il “foglio rosa”. Cosa posso dire di me? Sono una ragazza come tante altre, solo che la mia passione, invece di essere la discoteca, la palestra o il punto a croce è la letteratura. Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da piccola, ricordo che spesso scrivevo poesie mentre giocavo con le amiche! Poi, al liceo, complice forse una prof. di italiano non proprio illuminata, ho smesso per poi riprendere, stavolta seriamente, a causa della crisi. Mi sono trovata, infatti, a saltare da un lavoro all’altro con tanti periodi di disoccupazione da riempire e, così, grazie alla scrittura ho ritrovato la gioia di fare, di realizzare qualcosa di concreto, qualcosa che mi gratificasse facendomi sentire una persona e non un limone da spremere e poi gettare via. Devo molto alla scrittura da questo punto di vista.
2) Tu sai che io ho un debole per questo romanzo, quindi non mi dilungo in complimenti ripetitivi, (altrimenti poi me li evidenzi!), ma lascio a te il compito di parlarci di questa magnifica creatura. Dove nasce l’idea per questo romanzo?
L’idea del romanzo nasce da molto lontano, più precisamente da un testo scritto tra il 2005 e il 2011, un progetto complesso, ambizioso, forse anche troppo… Anche se mi costa dirlo, è stata l’esperienza dura – una delle prime – con i lettori/giudici di un concorso letterario a farmi comprendere che il romanzo, così come lo avevo ideato, aveva bisogno di una profonda revisione, perciò ho deciso di scorporare le varie parti del testo creando tre romanzi distinti, di cui Giù all’Ammeriche è solo il primo. Il secondo dovrebbe uscire in estate, seguito poi dal terzo romanzo e da un prequel che nelle mie intenzioni dovrebbe essere il fil rouge che lega i tre romanzi che, in ogni caso, sono unità autonome. Per quanto riguarda la storia narrata, invece, ho preso spunto dalle vicende della sorella di mia nonna che, partita giovanissima per cercare fortuna in America, non tornò più facendo perdere le sue tracce.
3) Avendo letto entrambi i tuoi romanzi so quale sia il genere che ami trattare. Non sarebbe esatto definirlo storico, né narrativa, perché comunque è un mix di entrambe le cose. Cosa ti spinge a dedicarti a questi argomenti?
Probabilmente ciò è dovuto alla mia formazione scolastica, da sempre piacevolmente “obbligata” alla lettura dei classici, la mia scrittura ne è stata in qualche modo influenzata. Non so perché, ma trovo che le storie moderne e la quotidianità siano opprimenti, banali, privi di poesia in un certo senso. Ovvio, è un pensiero solo mio, non voglio dire che sia necessariamente così, ma trovo molto più interessante analizzare l’animo umano collocando i personaggi in un periodo storico lontano dall’oggi, quando la tecnologia non ci risolveva i problemi, quando il rispetto dei diritti era un’idea astrusa ecc. con lo scopo di denunciare problemi mai risolti del tutto: la violenza verso i più deboli, le ingiustizie sociali, le difficoltà del vivere ecc. Voglio, in breve, portare il lettore a interrogarsi su temi che sono immutabili da sempre senza però banalizzarli collocandoli in una realtà quotidiana.
4) Il linguaggio che usano i tuoi personaggi è molto particolare, a cosa ti sei ispirata?
Sì, la lingua parlata dagli emigrati si rifà liberamente al Broccolino, lo slang parlato dai nostri connazionali a Brooklyn, una sorta di inglese italianizzato. Oltre a ciò ho preso spunto anche dalle lettere involontariamente comiche di una parente emigrata a Filadelfia. Per rendere meglio l’idea ai lettori del blog cito un estratto del romanzo:
«Allora, Charlie mi aveva detto qualcosa, il posto era per voi?»
«No misterre, il giobb è per la mia niss Teresa e la sua friende Filomena», indicò le ragazze.
«E che sanno fare? Hanno mai lavorato in fabbrica?»
«Mia nipote un pochettino ci ha lavorato, stava nella stessa factoria dove stavo io, l’amica invece no, ma so’ arrivate da poco e poi so’ sveglie, imparano sunne».
«Ok», le squadrò storcendo la bocca. «Sono sane?» domandò alzandosi.
«Come?»
«Hanno malattie, pulci, zecche?», indicò i capelli grattandosi il capo.
«No, no, stanno veri uell in salute».
«Tough», tastò le braccia alle ragazze.
«Dice che siete buone di fisico», tradusse Mimina.
«E sono fidanzate, sposate, hanno figli?»
«No bosso, sono tutt’e due missìss, non tengono nemmeno il boifrend, sono due ragazze serie».
«Bene, bene», tornò a sedersi, «visto che praticamente non hanno mai lavorato in fabbrica e dovranno imparare, il salario sarà minimo, accettate?»
«Ov corse che accettiamo».
«Perfetto, allora inizieranno domattina. Devono essere qui per le sette, non un minuto più tardi, intesi?»
«Sarà fatto misterre Banson».
«Ora andate che ho da fare», agitò la mano verso la porta.
«Denghiu, denghiu ssommacce», si accomiatò con piccole riverenze.
«Yeah», continuò a sventolare la mano Banson.
5) Filomena e Teresa sono le protagoniste di questo romanzo. Chi sono queste due ragazze? Quali le loro caratteristiche?
Sono due ragazze completamente diverse tra loro, Filomena è la classica brava ragazza dell’epoca, timida, un po’ remissiva, ben educata e ingenua, Teresa, invece, è molto più furba e scaltra, ma anche più cattivella rispetto alla prima, anche se si riscatterà verso la fine. Saranno proprio le loro diversità caratteriali a influenzarle nell’approccio verso il nuovo mondo, la nuova cultura e una lingua completamente diversa dalla loro lingua madre che, tra l’altro, è un misto di italiano dialettale…
6) Ci spieghi perché hai scelto la pubblicazione su Amazon?
Chi mi conosce sa che ho delle remore nei confronti dell’autopubblicazione, ma ho dovuto accettare di pubblicare il romanzo sulla piattaforma di Amazon per partecipare al concorso BigJump indetto dal sito 20lines, in palio c’è la pubblicazione con Rizzoli e il “sacrificio” ne valeva assolutamente la pena! Anzi, se posso vorrei invitare i lettori sul sito di 20lines dove, oltre alla sinossi, potranno leggere un estratto del testo e, magari, se vogliono, lasciare anche un commento. Io almeno ci conto!
7) Chi è Coralba lettrice? Quali sono i romanzi che preferisci leggere e quanto spazio hanno gli esordienti nella tua libreria?
Come ho detto nelle risposte precedenti sono una lettrice classica, amo i grandi della letteratura italiana e straniera. Non dovrei dirlo, ma di solito gli emergenti, anche quelli dei best-sellers, mi deludono. Forse dipende dalla mia voglia di apprendere, di guardare “in alto” per carpire i segreti dei grandi e diventare una brava scrittrice. Ultimamente però sto recuperando e mi capita sempre più spesso di leggere autori emergenti.
8) Quali sono, secondo te, gli ingredienti per un buon libro?
Un buon libro deve raccontare una storia forte, deve emozionarci, colpire alla pancia, farci affezionare ai personaggi, farceli persino odiare ma mai lasciarci indifferenti. Poi, ovviamente, deve essere scritto bene, che non vuol dire solo un uso corretto della lingua italiana ma con una padronanza stilistica che riesca a portare il lettore esattamente dove vuole l’autore.
9) Facciamo un po’ di autopromozione. Immagina che il tuo romanzo possa parlare, cosa direbbe agli ipotetici lettori, per spingerli a comprarlo?
Direbbe più o meno così: “caro lettore, cara lettrice, sono un libro semplice e diretto, pochi fronzoli e molta sostanza. Sai che tra la fine dell’Ottocento e metà del Novecento tanti nostri connazionali, forse addirittura i tuoi bisnonni o i tuoi trisavoli, furono costretti a partire perché morivano di fame nel loro paese? Sai quanta gente non è più tornata? Sai che molti di loro hanno fatto perdere le tracce per la paura di aver fallito? Ecco, io voglio raccontarti tutto questo attraverso la storia di due ragazze abruzzesi – Filomena e Teresa. A volte la loro lingua strampalata ti farà sorridere, altre ti farà tenerezza e altre ancora ti commuoverà. Tu non lo sai, ma è dura vivere in un paese straniero senza comprenderne la lingua, ancor di più se conosci a malapena la tua lingua madre. Ci vuole molta forza per affrontare tutto questo e non tutti i nostri connazionali l’hanno avuta”.
10) Cosa dovrebbero fare i tuoi fans per aiutarti a vincere il “Big Jump”?
Prima di tutto scaricare il libro su Amazon e lasciare un commento o una recensione. Poi, basta lasciare un “mi piace” o un commento positivo sotto l’estratto del romanzo cliccando su www.20lines.com/bigjump oltre che nei vari blog tipo questo o su youtube, dove è disponibile il booktrailer del romanzo. Insomma, le maniere sono tante ma i modi principali sono sul sito di Amazon e 20lines.
11) Progetti futuri? Dove può seguirti il pubblico?
Progetti, tanti, come ho detto, in estate, se tutto va bene, dovrebbe uscire il secondo romanzo della trilogia e poi ancora un paio di romanzi “importanti” ma è ancora presto per parlarne. Chi vuole può contattarmi su facebook.
Grazie, amica mia per esserti sottoposta a questa intervista. Sai che ho sempre le dita incrociate per te!
Grazie a te! <3
Se volete aiutarla per il concorso e, soprattutto, se volete leggere un bel libro, vi lascio il link diretto per l’acquisto