Magazine Cultura

Intervista a Daniela Cattani Rusich di M.G. Catuogno

Creato il 05 ottobre 2010 da Viadellebelledonne

Intervista a Daniela Cattani Rusich di M.G. Catuogno

Danj o Danilù, come preferiscono chiamarla gli amici, è una scrittrice e operatrice culturale a tutto campo: si occupa di poesia, di narrativa, di editoria. L’ultima sua creatura è Segreta, una silloge dove si rincorrono, fino ad abbracciarsi, tematiche personali e collettive, il dolore suo e del mondo offeso, come l’avrebbe chiamato Elio Vittorini; ma anche il miracolo dell’amore, dell’arte; delle aurore e dei  tramonti; lo stupore dell’esserci, comunque. Daniela innalza il suo canto alla Terra e ai suoi abitanti, alla sua maniera, forte e decisa ma anche dolce e struggente. Questa intervista potrebbe aiutarci a conoscerla meglio.

Daniela, in te convivono molte anime: la greca di tua madre, la friulana di tuo padre, e poi la slava, la turca, l’armena dei tuoi antenati. Riescono ad armonizzarsi nel tuo intimo queste nature o talora ne avverti l’inconciliabilità?

Fin da piccola ho avvertito dentro di me una sorta di dicotomia, che mi spingeva da una parte e mi tirava dall’altra. Mi sentivo dentro il mondo e al tempo stesso fuori, forse perché non ho avuto la possibilità di affezionarmi a un luogo in particolare per via dei continui spostamenti di mio padre, l’unico italiano vero, ma in realtà il più nomade di tutti. Lui mi ha trasmesso tanto: l’amore per la natura e per la conoscenza, la capacità di mettersi in gioco e una volontà “dolomitica”. Da mia madre ho ereditato la fantasia e la propensione alla Bellezza. Ma entrambi, pur di origini così diverse, avevano una dote in comune: la tenacia indistruttibile. Dalla mia crisi d’identità congenita ho dovuto tirarmi fuori da sola, prima passando attraverso un periodo di eccessi, poi ricongiungendo gli estremi e ricomponendo i vari tasselli del mio essere. Ho scavato e cercato senza tregua le mie radici, perché senza radici un albero non può crescere forte e sano ed io sono stata per molto tempo in balia degli eventi. Purtroppo mi spezzo, ma non mi piego: sono fatta così.

Ho letto che hai avuto un’infanzia e un’adolescenza non facili e che, anche nell’età adulta, molti dolori ti hanno attraversato il cammino; eppure esprimi, personalmente e nella scrittura, un entusiasmo, un’apertura alla vita e alle sue sfide che divengono i fili conduttori anche dell’ultima raccolta, Segreta. Qual è dunque la tua forza? A quali sorgenti attingi, per essere quella che sei?

Ho già anticipato un po’ la risposta a questa domanda, involontariamente. In effetti ho iniziato a scrivere molto presto, a otto anni, proprio perché mi sentivo diversa da tutti e molto sola, continuamente sballottata da una città all’altra. La mia anima è apolide e sempre lo sarà, ma ora è differente, sono maturata  e posso comprendere che è un bene. Quando si è molto piccoli invece è un fardello pesante da portare… La scrittura, soprattutto la poesia, è diventata col tempo la mia vera casa, quella in cui magicamente la rabbia si è fatta canto e gli opposti si sono finalmente riconciliati. La mia forza forse è stata quella di attingere dalla debolezza, dal dolore e dall’esperienza, facendone matrici comuni all’essere umano e accettandoli come maestri di vita da cui imparare a crescere. Altrimenti sarebbe stato tutto inutile. Sono stata in ospedale psichiatrico, ho subito violenze, ho perso due figli; ho sfiorato la morte e vissuto molti traumi, ma non ho mai abbandonato il sorriso. Ci ho rimesso la salute, ma la mia anima è integra e la mia voglia di vivere immensa.

So che ti sei occupata di musica anche facendo parte a bande musicali: questo orecchio al ritmo ti aiuta nella stesura delle poesie?  E quali altri nascosti legami individui tra musica e poesia?

La musica ce l’ho dentro da sempre (ballavo, suonavo e cantavo, qualche volta lo faccio ancora),  non riesco a prescinderne quando scrivo. A volte è un limite, perché mi accorgo che misteriosamente le parole si collocano su uno spartito immaginario e i versi sgorgano come una specie di logica conseguenza. Altre, invece, quando la forza delle emozioni supera il limite, la musicalità mi aiuta a disciplinarle senza contenerle, ma addolcendole. Tutto ciò avviene in modo spontaneo. E lo stesso discorso credo valga per la mia passione per la lettura ad alta voce: amo i suoni e la voce è uno strumento eccezionale, che nulla nasconde lasciando trasparire l’anima. Non importa che sia impostata, la voce serve per comunicare emozioni, come la musica.

Ho apprezzato molto in Segreta  la tua denuncia di problematiche quali l’odio etnico, l’intolleranza, la subalternità femminile. Non credi che di questa poesia sociale ce ne sia troppo poca di questi tempi?

Sì, decisamente. Vedo e conosco molte persone ripiegate su stesse, sia nella vita che nella scrittura, e questo mi dà grande dispiacere. Poi sai, ognuno ha la sua cifra stilistica e su quella non si discute. Le mie poesie sociali in realtà non sono scritte l’intento preciso di denunciare, ma piuttosto per il desiderio di sensibilizzare, e sgorgano dallo spirito d’immedesimazione che ho acquisito nel tempo e che riesce a farmi sentire in sintonia con altre vite, altri dolori, altri mondi. La poesia è un luogo misterioso, dove si odono molti echi, s’incontrano molte storie, s’innamorano molte anime. Anche per questo, bisogna saper ascoltare:  per poter dar voce a chi non ne ha.

Insieme abbiamo condiviso l’esperienza di Malta Femmina. Conoscendo la tua attività editoriale, ti chiedo: come sono considerati i romanzi collettivi dagli editori? Non credi che  ci sia ancora del pregiudizio nei loro confronti e che il vero romanzo, salvo qualche eccezione (penso alla fortunata coppia Fruttero-Lucentini), nella loro ottica, sia soltanto il manufatto individuale?  

Effettivamente questo tipo di operazioni letterarie sono poco usuali, da ciò posso dedurne uno scarso interesse da parte dell’editoria tradizionale. Ma credo anche che gli scrittori siano spesso chiusi in un individualismo che sta portando la letteratura e la poesia a una ghettizzazione ancora maggiore di quella denunciata dagli autori stessi. Insomma: il solito cane che si morde la solita coda… Siamo noi per primi a dover essere uniti e non in competizione!. La casa editrice per cui lavoro ha voluto una collana apposita, Sinergica, dedicata ai manoscritti collettivi e alle raccolte sia poetiche che di narrativa, perché crede nella collaborazione e nel lavoro di gruppo.

Sempre a proposito dell’editoria, dato il tuo sguardo da dentro, quali sono i maggiori problemi dei piccoli editori? E come una casa editrice può mantenersi viva e attiva? Mi piacerebbe ci parlassi di Onirica, che personalmente ammiro per le iniziative, di qualità e di quantità, che riesce a portare avanti.

Per me personalmente, le basi fondamentali per mantenere vivo il mondo dell’editoria oggi sono e restano quelle che ritengo indispensabili sempre nella vita: l’onestà, la professionalità e la passione. Onirica è davvero una dimensione alternativa, tra sogno e realtà. Pur essendone direttore creativo, io sono prima di tutto un’autrice e quindi partigiana: sto dalla parte degli autori. Pertanto già da subito l’editore sapeva che andava cercando rogne, eheh…  Ma Onirica nasce consapevole di avere di fronte difficoltà di ogni tipo ed è preparata a combattere per i propri ideali con professionalità e con passione per dare spazio ai meritevoli. E’ nell’interesse reciproco che si agisce, sempre. Insomma: io ho la filosofia del moschettiere: uno per tutti, tutti per uno. Peccato che non sempre sia così anche per gli altri. Ma abbiamo le spalle larghe, la testa dura, le idee chiare e andiamo avanti con fiducia nel futuro e nel nostro lavoro. Quanto alle difficoltà, ci sarebbe da scrivere un trattato… Posso giusto farne presenti alcune. In primis, direi una diffusa e generica diffidenza, peraltro giustificata visto lo scempio che è stato compiuto ai danni dell’editoria da persone poco competenti e poco oneste, e più in generale dalla società consumistica e omologata imperante. Nonostante ciò, in redazione arrivano diverse proposte alla settimana e, per essere partiti a gennaio, siamo molto soddisfatti, considerato che lavoriamo sulla qualità e non sulla quantità. Abbiamo pubblicato, a occhio e croce, un ventesimo di ciò che è pervenuto fino ad ora. Quindi c’è la grande responsabilità che comporta valutare un manoscritto e decidere se inviare una proposta editoriale o meno all’autore. Le attività più impegnative sono invece l’editing, che effettuiamo  in comune accordo con gli autori seguendoli passo a passo, e la parte organizzativa relativa a promozione e presentazioni. Ma sono anche le attività più gratificanti. Spostandoci più sul concreto (ad esempio tariffe postali “disagevolate”, burocrazia infinita, difficoltà a trovare collaboratori affidabili, ostracismo di molte librerie) un po’ ormai si sa come stanno le cose e non voglio dilungarmi su questo punto, anzi rimanderei ad altra occasione… Certo, il tempo non basta mai: si lavora anche la notte e tutti i fine settimana. Ma lo facciamo con amore, instaurando con i nostri autori un rapporto davvero speciale, che ci ripaga di ogni fatica.

Quali sono, Danj, le letture che ritieni siano state fondamentali per la tua educazione umana e professionale? E adesso, che romanzi o sillogi o saggi trovano ospitalità sul tuo comodino?

Sono estremamente eclettica, tanto da rischiare di essere dispersiva: ho passioni periodiche e lunatiche… Sicuramente la mia formazione è cominciata sui banchi di scuola, dove m’innamoravo a fasi alterne del poeta o dello scrittore di turno, piuttosto che odiarlo con tutto il cuore. Direi che nella letteratura dell’ottocento – a partire dallo sturm und drang tedesco al romanticismo francese, fino ai poets maudits – il mio modo di essere ha trovato grande corrispondenza. In seguito, ho amato molto gli inglesi fra fine ottocento e inizio novecento, per lo stile impeccabile, psicologico e formalmente perfetto (penso a Wilde e a James). Un’altra mia passione è Jack London: consiglio “Martin Eden” a tutti gli esordienti, per imparare che la vita è fatta di fatica e di battaglie, a volte perse, a volte vinte, ma non per questo si deve smettere di lottare per i propri ideali con passione. E perché  la passione dia i suoi frutti ci vogliono cure, umiltà e pazienza. Altri autori che porto sempre dentro di me sono Saffo, Foscolo, Hesse, Neruda, Garcia Lorca, Buzzati, Pavese e Joyce per la grande intensità e il rapporto palese tra arte e vita espresso nelle loro opere. Sul comodino tengo James Hillman, perché amo la psicologia applicata all’attualità e nello stesso tempo legata agli archetipi e alla mitologia. Poi tutto Baricco, Erri de Luca e Tiziano Terzani. Per “godere” Ritratto di signora di Henry James, perché è scritto meravigliosamente e non si smette mai d’imparare leggendolo, per distrarmi Banana Yoshimoto, per pensare l’adorabile Prevert. Ultimamente mi sono appassionata a Boris Vian e sto leggendo i gialli di Simenon (ne sai qualcosa, per caso?). Non seguo le mode, sono ribelle anche nella lettura!

Chiariscici dunque il rapporto che vedi tra letteratura e vita e come l’una, per te, influenza l’altra e viceversa.

Ah, per me sono sempre state inscindibili. Si nutrono e si alimentano a vicenda, continuamente. Due sorelle siamesi: una non può esistere senza l’altra.

Ci puoi anticipare qualcosa dei tuoi progetti futuri? Corre voce che hai in cantiere un romanzo…

Sì, un romanzo breve. Il problema è che non riesco a trovare il tempo per scrivere, perché lo passo ad aiutare gli altri a farlo! Il romanzo è praticamente finito, ma devo essere convinta almeno al 99% prima di decidermi a darlo alle stampe. Anche perché è un po’ particolare, apparentemente molto diverso dalla mia poesia. Racconta dei casi della vita in modo sottilmente ironico e malinconico, intreccia i fili del destino di personaggi molto diversi tra loro, seguendo uno strano meccanismo narrativo e un protagonista non-protagonista ancora più strano, del tutto inconsapevole del proprio ruolo… Se nelle mie poesie esce tutta la drammaticità dell’esistenza, qui risalta invece la mia vena ironica, surreale e ottimista, anche se si parla di cose serie, realistiche, che possono accadere a tutti nella vita.

Che consigli daresti ad un aspirante scrittore?

Leggere, leggere, leggere. Innamorarsi. Dormire con notes e matita a portata di mano, perché è nello stato fra veglia e sonno che le idee migliori affiorano alla coscienza, quando la razionalità molla il freno e la fantasia comincia a volare… Infine, scrivere, riscrivere, scrivere, riscrivere. E quando si manda il manoscritto a un editore, essere professionali: presentarsi, allegare una breve sinossi dell’opera, chiedere sempre spiegazioni se non si è convinti di qualcosa. La trasparenza è fondamentale per intraprendere un rapporto così importante, e la correttezza dev’esserci da entrambe le parti.

 



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :