Ho avuto l’opportunità di incontrare di persona Daniele Semeraro (classe 1977, 3 libri pubblicati), in occasione di una doppia presentazione a Bari, venerdì 13 novembre, presso la Teca del Mediterraneo, durante il quarto appuntamento della seconda parte della dodicesima edizione di Building Apulia (chiedo venia per tutti questi numeri!). Insieme a lui, anche Osvaldo Piliego. Entrambi scrittori salentini, giovanil” come hanno preferito definirsi, tutti e due appassionati di musica, di passaggio nella stessa casa editrice (Lupo Editore).
Alla duplice presentazione, mediata da Stefano Savella (PugliaLibre), c’erano anche alcune rappresentanze scolastiche (giusto per sottolineare che i giovanissimi se incoraggiati da docenti appassionati possono avere gusto e interesse per la lettura e addirittura la scrittura, visto che alcuni avrebbero dovuto scrivere recensioni). Daniele e Osvaldo: due polarità. L’uno introverso e compito, l’altro esuberante e ironico. Un “duo televisivo” come li ha definiti qualcuno. Una bella coppia, se si considera, soprattutto, che non si conoscevano prima (e qui mi ritorna in mente l’immagine dei libri che creano ponti, a cui sono molto affezionata).
Fatta questa doverosa – e un po’ lunga – premessa, riporto l’attenzione su Daniele Semeraro, vincitore del Premio Letterario La Giara 2014, con il suo Non è adesso-Na’ jé m’ edito da Rai Eri, le cui copie sono tutte esaurite (è prevista un’uscita in formato ebook, prima esperienza, in tal senso, per la Rai). E sì, perché questo è un dettaglio importante. Vuol dire non solo che il libro è entrato nei circuiti ampi di un editore come la Rai, potendo arrivare a un pubblico vasto, altrimenti non raggiungibile da una piccola o media casa editrice, ma che – evidentemente – alla gente è piaciuto. Se ci aggiungiamo che è scritto bene, Daniele può ritenersi soddisfatto.
Ma questo, ad un’anima pacatamente inquieta come la sua – permettimelo Daniele, è stata una mia percezione che non ho fatto in tempo a comunicarti, ma ha il valore di un complimento, tanto per chiarire eventuali dubbi! – non basta. E menomale! In questi mesi di presentazioni, eventi e incontri con il pubblico più eterogeneo, ha avuto occasione di confrontarsi con interpretazioni differenti e punti di vista vari che gli avranno permesso di scoprire chissà quanto di più del suo stesso libro.
Arrivare tra i finalisti di un premio nazionale e popolare (perché aperto a giovani tra i 18 e i 39 anni), dopo aver superato la selezione regionale, al vaglio di una giuria competente, è un’emozione che non ha parole per essere spiegata. Figuriamoci, poi, sentire il proprio nome tra i vincitori. Daniele voleva vincere e ce l’ha fatta. Proprio lui, che si era ridotto a inviare il manoscritto all’ultimo minuto utile del 31 dicembre, prima che chiudessero gli uffici postali. Perché la fortuna, si sa, aiuta gli audaci!
Poteva essere una soddisfazione portare la Puglia – proprio la terra – a livello nazionale, ma una Puglia non folkloristica, ha detto Daniele durante l’incontro mattutino, perché al di là del sole, del mare e del vento, la forza della nostra terra sono le contraddizioni. Questo un pugliese lo sa benissimo. Daniele, che vive da 3 anni a Firenze, lo sa benissimo. Ha idea di quanto può essere tragico non sentire l’odore del “tuo” pane quando passi da un panificio, di quanto può rendere felici scoprire scorci di campagna dove potersi rifugiare dal chiasso di Piazza Libertà. La Puglia te la porti dentro e fai di tutto per tornarci spesso, anche se per poco. È un richiamo, non si può far niente. Sono le radici. Vi prego, non tacciateci di meridionalismo. Provate a vivere da noi per un po’ e avrete la prova di quanto siano parte integrante del nostro vivere certi odori e sapori, paesaggi e abitudini.
Ad un giovane scrittore – bè, scrittore, insomma; però in qualche modo devo pure definirmi, ha sottolineato con elegante umiltà Daniele Semeraro – viene spontaneo chiedere cosa rappresenti per lui la scrittura. Ma lui questa domanda l’ha anticipata da sé.
Posso anche rimanere senza scrivere per un anno, intanto vivo e sento. La scrittura è come un “demone” benevolo. Insomma, a chi abbia masticato un po’ di filosofia viene subito in mente Socrate. Daniele ha un pensiero e una serietà piuttosto rari oggi.
Anche l’idea del rispetto insita nella scrittura fa di lui un saggio d’altri tempi. La prima cosa a cui uno scrittore deve pensare è rispettare il lettore, per il lavoro che lui dovrà fare: impegnare il suo tempo e le sue risorse (…). Anche il lettore deve sentire qualcosa dentro.
Chi scrive, quindi deve porsi la responsabilità di ciò che si pubblica, perché può avere influenza sulla vita altrui. Direi che questa è anche questione di etica, oltre che di discernimento e attenzione, specialmente se si tratta di un’opera autobiografica.
Spiegando poi un passo ad uno studente, ha affermato che gli adulti hanno paura di quello che sono. Eppure, c’è una forza dentro di noi, per cui vale la pena vivere sempre e comunque. Anzi, proprio nel dare voce a chiunque sta il miracolo della letteratura. È così che lui ha potuto riallacciare un discorso con chi non c’è più o ripensare i rapporti con chi c’è.
Non so se sia stato il profetismo di Pasolini o la svolta più introspettiva di Vasco (dopo “Manifesto Futurista”) ad averlo influenzato, ma a me ha dato la bella impressione di uno scrittore che non scrive per vendere, ma con la convinzione che la scrittura è anche una cosa seria, perché ci mettiamo impegno.
Per quanto dedicare l’intera vita, in maniera assoluta intendo, alla scrittura non è cosa semplice, l’importante è farlo bene, impegnarsi. Così si arriva alla gente, così forse ci si prende cura anche dei destinatari di quanto scriviamo. Perché per Daniele la scrittura è anche provocazione, possibilità di risvegliare qualcuno o richiamare l’attenzione su qualcosa o per denunciare.
E poi, se lo dice uno che sogna di fare la rockstar e vuole essere Vasco, ma scrive libri, perché non crederci? Tanto, piano piano le cose arrivano. Magari, Non è adesso, ma domani forse.
Non mi resta che dire: credici sempre, Daniele!
Ps: la prossima volta, l’aperitivo lo offro io. Sì, perché qui al Sud litighiamo per chi deve offrire!