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Intervista a davide simoncini, autore de “la bestia dagli occhi di ghiaccio”

Creato il 19 febbraio 2014 da Soleeluna

la bestiaOggi scopriamo insieme Davide Simoncini, autore de “LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO”

-   Ciao Davide, benvenuto sul nostro Blog. Ti va di presentarti al nostro pubblico?
Un saluto a voi e prima di tutto un immenso ringraziamento per avermi accolto nel vostro spazio. Che dire di me, sono un tipo di poche parole. E potrebbe sembrare paradossale, visto che sono approdato qui grazie al mio libro. Eppure non è così. Scrivo ma non parlo, parafrasandomi in un quarto di riga.

-   Oggi sei qui con noi per renderci partecipi della tua ultima pubblicazione: “La bestia dagli occhi di ghiaccio”. Un titolo che richiama un po’ il genere thriller e genera suspence, riflette il contenuto del romanzo?
Si e no. È un romanzo a metà tra giallo e avventura, che lega fantasia a realtà. Può sembrare quasi paradossale, leggendo le prime righe. Pagina dopo pagina si addentra sempre più in una trama strana, contorta, quasi improbabile. Poi la svolta, il finale a sorpresa. Non c’è niente di irreale, niente di impossibile. È tutto lì, le spiegazioni sotto gli occhi di tutti, sebbene visibili per pochi. Insomma, l’intreccio c’è, forse si discosta un po’ da quei thriller fantasiosi al limite del possibile cui siamo abituati. Ne La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio la vera entità che trascende il tutto non è la bestia e neppure i personaggi che contornano la sua vicenda. Incredibile ma vero, è la montagna.

-   Qual è il personaggio principale de “La bestia dagli occhi di ghiaccio”?
Un vero e proprio personaggio principale non c’è. D’altra parte, la realtà è fatta di tanti personaggi che la interpretano e questa storia non fa eccezione. Possiamo piuttosto delineare il confine tra personaggi salienti e semplici comparse. Un primo ruolo è sicuramente quello della bestia, un animale temibile, per certi versi leggendario, che sembra effettivamente sbucato fuori dalle dicerie tramandate nel tempo (anche se, difatto, così non è…); un secondo ruolo è quello impersonato da Ottavio, un uomo vissuto tra le tradizioni di una volta, tanto che il suo nome ne sembra (e lo è) il primo esempio; altri personaggi sono Jack e Daniele, misteriosi abitanti della Garfagnana, ritornati per un obiettivo preciso, sfuggito dalle loro grinfie in un tentativo effettuato anni addietro; e come dimenticare Linda, l’amica di Ottavio per la quale l’uomo scoprirà di provare qualcosa più di una semplice amicizia.
I principali sono certamente questi. Se dovessi sceglierne alcuni su tutti, direi Jack, Daniele e la Bestia: ecco, senza questi tre la storia non comincerebbe neppure. E qui mi fermo, onde evitare di svelare troppo prima del tempo.

-   Santo Benei scopre un tesoro che era stato custodito con cura perché c’era il timore che chi lo avesse scoperto lo avrebbe impiegato nel modo sbagliato. In quale modo può essere adoperato questo tesoro? Chi lo desidera?
Un tesoro, come recita fedelmente il dizionario Zanichelli, potrebbe avere almeno un paio di riferimenti, alcuni oggi passati di moda. Nel caso de La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio, esso non è altro che uno dei tanti lasciti che caratterizza i paesi di montagna e che li ha caratterizzati in passato. Come trasparirà più avanti nel libro, una sorta di libretto di risparmio, un conglomerato di beni ammucchiati dagli abitanti di un tempo e rimpinguati con il trascorrere degli anni, fino ad accumulare ricchezze considerevoli, nonostante non abbiano niente a che fare con i tesori miliardari cui siamo abituati al giorno d’oggi. Spesso è stato così: le persone dei paesini di montagna erano praticamente tutte imparentate e mettere da parte ricchezze per lasciarle ai posteri significava mettere in condizioni i propri figli, i propri nipoti, o i figli dei loro figli, di avere una sicurezza in più, un mezzo aggiuntivo per controllare la propria vita in un futuro più o meno prossimo.

-   A quali autori ti sei ispirato per redigere “La bestia dagli occhi di ghiaccio”? C’è un filone narrativo che hai seguito?
In realtà a nessuno in particolare. Io leggo, e sopratutto leggo di tutto. Addirittura scrivo storie di semplice narrativa generale, nonostante prediliga il giallo e l’avventura. Diciamo che ho fatto principalmente di testa mia, perciò è lecito aspettarsi frotte di commenti che dicano “Si vede!”.

-   Questo, da quanto ho appreso, è il tuo secondo libro. Ci parli in breve della tua precedente pubblicazione? Hai raggiunto le tue aspettative ?
Sinceramente preferirei evitare l’argomento perché davvero non saprei che dire. Posso confessare, personalmente, di non essermi trovato bene. Per il resto sto aspettando persino io di sapere quali siano le aspettative a cui potrò aspirare realmente per quel “libro”.

-   Cosa significa per te scrivere?
Basta frasi di circostanza. Scrivere è scrivere, mica siamo sommi poeti. La scrittura può essere usata, questo sì. Ma ci terrei ad esprimere qui il mio disappunto per certe opinioni che, pur rispettando, non condivido: vedo la scrittura professata come mezzo attraverso il quale diffondere i problemi, gli avvenimenti, le circostanze; in breve, il mondo. Ma non è così, a mio modestissimo e discutibilissimo parere – di cui, almeno, potrò essere proprietario nel mio piccolo?  Trovo che venga confuso con la scrittura qualcosa che va ben al di là di ciò: la parola. Questo è l’importante, non la scrittura.  Allo stesso modo di coloro i quali giudicano chi non legge romanzi un ignorante: direi che lo sono loro più di molti altri, se la lettura ha avuto l’unico  scopo di portarli a una tal chiusura mentale – ammesso, a sto’ punto, che la mente ce l’abbiano. Esiste un motivo se quella che stiamo vivendo impersona l’era in cui si legge di più, nonostante le persone ne dicano peste e corna.

-   Cosa credi dovrebbe contenere un buon libro?
Penso che parlare di buon libro sia riduttivo. Ogni trama ha un suo perché, senza ovviamente parlare dei filoni dove i romanzi vanno a collocarsi.  Dal primo all’ultimo meritano visibilità, la possibilità di mettersi in gioco, di essere valutati. E, come ho detto, cambiano: un thriller è diverso da un romanzo rosa, che è diverso da un saggio, che è diverso da un fantasy. La fantasia e l’immaginazione sono richiesti un po’ ovunque, anche se vengono diversificati nel tipo. Persino una biografia, se romanzata, avrà una componente di fantasia; solo, sarà improntata sulla realtà dei fatti. Alla fine, tuttavia, per qualsiasi libro il trinomio è sempre lo stesso: personaggi, contenuti, stile. Se ci sono tutti, di sicuro sarà un successone.

-   Come sei giunto alla pubblicazione? La strada è stata facile oppure un’interminabile salita?
La strada è fatta, come ogni cosa, di momenti belli e momenti brutti, di sofferenze e giorni di scoraggiamento che vanno a braccetto con gradite e inaspettate novità. Avendo fatto ricorso al selfpublishing, devo dire che non è indifferente la quantità di lavoro necessaria per rendere accettabile il testo. Non esiste solo ciò che è scritto, esiste anche il come è scritto. Presumo di essere lontano dalle irraggiungibili vette dei giganti, ma penso di aver fatto un lavoro quantomeno…passabile.

-   Credi di essere migliorato – nella scrittura -  rispetto al precedente libro?
Devo dire che sono due stili molto distanti. Nel primo libro utilizzavo frasi ricche, talvolta finanche a stufare me stesso. Questo libro è una cosa tutta sua, particolare: il linguaggio è quasi  scenografico, parola dei lettori. E sono felice, perché è questo che mi ero proposto per La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio. Volevo creare un romanzo dove fossero i personaggi e la trama a risaltare, piuttosto che le lunghe frasi, talora responsabili degli smarrimenti di ignari lettori nella storia di qualcun altro. Ho deciso in base a un gusto personale: tendo a dimenticarmi della trama, quando le parole sono troppo affascinanti per essere ignorate. Sarebbe come soffermare lo sguardo a cento metri di distanza quando il vero spettacolo ce lo abbiamo dinanzi agli occhi.
Per tornare al punto clou della questione: sono sicuro di essere migliorato molto, ma sono ancor più certo di avere diverse decine di pagnotte da ingurgitare, prima di potermi confessare soddisfatto. Alla fin fine, è proprio questo a fornirci la spinta giusta per iniziare una nuova storia: non accontentarci mai, vivendo vite che non ci appartengono a dispetto di quella che potremmo vivere davvero.

Questa era la mia ultima domanda. Grazie per aver partecipato alla nostra intervista, ci risentiamo per la recensione e ti auguriamo il successo che ti meriti! A presto.

Dylan Berro e Laura Bellini
Sole e Luna Blog


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