AT: Ciao Gianluca, benvenuto su Fralerighe.
GM: Grazie, è un piacere.
AT: Iniziamo. “Radiomorte” parte da una situazione simile a quella di “Blackout”, almeno come concetto: un piccolo gruppo di persone rinchiuso in un ambiente ristretto, minacciate dal pericolo incombente di un killer. Scrivendo questo nuovo romanzo, non hai temuto che qualcuno potesse giudicare troppo forte la similitudine?
GM: Mah, no, francamente. Anche perché Blackout è di dieci anni fa, e in mezzo ci sono stati altri quindici romanzi… Non ci ho pensato, anche se la copertina è citazionista (chiude la trilogia dei teschi, dopo Blackout e Chi non muore). Ma le copertine poi le fa il grande Scarabottolo, non certo io.
AT: Com’è nata la famiglia Colla? E Kristel? La radio?
GM: Dal nulla. Da qualche botola nella mia mente. Camminavo in via delle Belle Arti a Bologna, andavo a comprare il biglietto per un concerto, pensavo ai fatti miei, ed è arrivato tutto insieme, titolo compreso. Sembra incredibile a raccontarlo, ma è andata proprio così.
AT: In “Radiomorte” cosa è nato prima, la situazione o i personaggi? E in generale, parti dai personaggi o da una situazione interessante?
GM: Tutto insieme, come dicevo, ma in generale parto da un inizio e da un finale. Quando ho l’inizio e la fine di un romanzo, quel che viene in mezzo poi arriva. Prima la situazione, in genere, poi i personaggi.
AT: In questo libro hai usato un tipo di narrazione un po’ insolito. Hai scelto di rivolgerti direttamente al lettore, incitandolo spesso a “guardare”. Ci spieghi questa scelta?
GM: La seconda persona è poco usata ma molto affascinante. Sembra il bambino che intrappola una mosca sotto un bicchiere e poi le parla incitandola ironicamente a liberarsi, senza che la mosca capisca il suo linguaggio. In questo modo l’avevo usata solo in un racconto che sta per uscire in ebook (“Il ghiaccio sottile”, nell’antologia Guanda “Delitti in provincia”), è crudele e diabolica, come voce.
AT: Tramite i Colla e i loro segreti hai preso in giro pesantemente quei libri che si offrono di “insegnarci a vivere”, ma che in realtà sono solo un’accozzaglia di banalità. Andando oltre la robaccia scritta per persone ingenue, leggi mai romanzi “esistenziali”, dove il messaggio prevale sulla storia?
GM: Preferisco, con un paragone musicale, il metodo Clash: messaggi importanti veicolati attraverso cori, ritornelli efficaci e potenti riff, piuttosto che sparati in faccia in modo brutale.
AT: A pagina 14 fai un riferimento ironico allo show don’t tell e ai corsi di scrittura creativa. Cito:
“Riesci a giocare allo psicologo e a leggere in quegli occhi? O hai frequentato dei corsi di scrittura creativa, quelli in cui ti dicono che devi seguire il principio show, don’t tell, che il personaggio si caratterizza con le sue azioni e con i suoi dialoghi nell’arco della narrazione?”
Come autore e insegnante di scrittura creativa, credi che ci sia un certo dogmatismo, un’applicazione a volte un po’ acritica, meccanica di certe “regole” come lo show, don’t tell?
GM: Beh, io parlo spesso dell’importanza dello Show, don’t tell nei miei corsi… ma in questo romanzo volevo provare una scrittura un po’ differente dal solito, e così mi sono imposto di non rispettare le mie stesse regole. È stato un po’ strano, ma efficace, alla fine.
AT: Sempre in tema di corsi di scrittura creativa. Immagina di essere in radio con Kristel che ti fa domande acide sull’inutilità presunta di questi corsi. Una cosa tipo: tu non hai studiato scrittura creativa però fai il romanziere per lavoro, quindi le lezioni di scrittura creativa non servono. Cosa risponderesti?
GM: Che se avessi frequentato corsi di scrittura creativa probabilmente non avrei perso tutti gli anni Novanta scrivendo robaccia impubblicabile rimasta per fortuna inedita. Un corso non trasforma un analfabeta in un grande scrittore, ma ti aiuta a togliere i difetti, a evitare errori e a farti trovare la forma migliore per esprimerti. A volte basta anche solo che l’insegnante ti dica “tu sei un pessimo scrittore horror, anche se sei convinto di essere portato per quel genere, ma sei un ottimo umorista, perché non provi a scrivere cose divertenti?” O che ti consigli un libro o un autore che non conoscevi, che ti illuminerà il cammino.
AT: Hai pubblicato molti libri, fai lo scrittore a tempo pieno da anni. Mi dispiace, ma ti tocca qualche domanda sulla carriera. Quale dei tuoi libri ti ha dato più soddisfazione? E quale meno? Pensi che alcune delle tue opere siano state sottovalutate?
GM: Sicuramente Blackout è stato il romanzo che ha fatto svoltare la mia carriera, visto che dal 2004 faccio lo scrittore di mestiere (è stato il primo romanzo per Guanda, il primo tradotto all’estero, il primo a diventare un film…). Ma naturalmente la svolta più grande è stata Despero: il primo romanzo non si scorda mai.
Per le opere sottovalutate, inviterei chi non lo ha mai fatto a leggere, per esempio, qualche mio romanzo che non è diventato un bestseller pur dandomi tante soddisfazioni: Colui che gli dei vogliono distruggere, Cicatrici, Chi non muore, Bob Dylan spiegato a una fan di Madonna e dei Queen…
AT: Di cosa hai bisogno quando scrivi? Ascolti musica, mangi cibi particolari?
GM: Di una tastiera e di nient’altro. La musica, a volte sì, a volte no. Dipende dalle volte.
AT: Progetti per il futuro? Qualche anticipazione sul nuovo libro?
GM: Ho già consegnato L’uomo liscio. Sto scrivendo un giallo dedicato all’enigma della camera chiusa. Ho due romanzi in testa. Credo che non avrò problemi di pagina bianca, prossimamente.
AT: Per finire, vorrei farti alcune domande off-topic (fuori tema, ndr).
Anche tu, come me, sei un fan de “I Soprano” e “Breaking Bad”.
Dovendo scegliere, pistola alla tempia, un personaggio minore delle due serie in questione per scriverci un romanzo, per chi opteresti?
Per farti un esempio con i Simpson, intendo un personaggio dello spessore di Boe, Smithers, il tizio dei fumetti…
GM: Il grande Silvio Dante per i Soprano, Mike per Breaking Bad.
AT: Sei un grande appassionato di fumetti. Consiglieresti ai nostri lettori tre titoli imperdibili di genere “crime”?
GM: “Cicatrici” di Warren Ellis (sì, gli ho rubato un titolo), “100 bullets” di Azzarello, “Criminal” di Brubaker.
AT: Passiamo a un’altra delle tue grandi passioni: la musica. Che canzone abbineresti a questi personaggi famosi? Fantozzi, Berlusconi, Gordon Ramsay, Steve Van Zandt, Grillo.
GM:
Fantozzi = Beautiful loser (Bob Seger)
Berlusconi = Eat the rich (Aerosmith)
Gordon Ramsay = Who are you? (The Who)
Steve Van Zandt = Silvio (Bob Dylan)
Grillo = Fuck the universe (Ryan Adams)
AT: Alla prossima, ciao!
GM: Ciao!
Gianluca Morozzi e Aniello Troiano