Nichel: è la collana della casa editrice mimimum fax diretta da Nicola Lagioia, e Gianluigi Ricuperati ne fa parte con Il mio impero è nell’aria (305 pp., € 15).
Quella di Ricuperati è una narrazione strutturata come un racconto, ma è anche, contemporaneamente, una riflessione sulla società occidentale e sulla generazione dei trentenni. Vic Gamalero, protagonista inattendibile e inaffidabile, è un diciannovenne con propositi suicidi; lo ritroviamo trentenne incline alla dissipazione economica, morale e sentimentale, per poi salutarci da uomo quasi al limite della maturità, complice una malattia in grado di rendere palpabile il suo disagio psicologico.
Un protagonista che spende compulsivamente più di quanto mai possa riuscire a guadagnare, che intraprende numerose strade lavorative senza prospettiva e che sa che gli altri saranno propensi a vedere in lui quello che lui dichiara di essere: questi aspetti fanno di Vic il rappresentante di una generazione e l’emblema del declino dell’Occidente.
Lo stesso Ricuperati conferma di aver utilizzato la forma mista di fiction/non fiction per poi superarla: «Mi ha interessato molto negli anni scorsi. L'ho praticata in un paio di libri usciti per Bollati Boringhieri e Laterza», ma allo stesso tempo considera «assodata questa commistione, è un dato che riguarda il passato recente della ricerca letteraria, non il futuro. Ci sono libri di non fiction e fiction mischiate insieme che risalgono agli anni ’50, ’60, anche in Italia. Certe cose di Giovanni Comisso, per dire, per non parlare dell'estero. Non si tratta di una conquista particolarmente recente. Né di una sperimentazione in senso proprio».
Nel corso dell’intervista, all’obiezione per cui sarebbe proprio la commistione di generi a caratterizzare il libro vincitore del premio Strega nel 2011, Storia della mia gente, di Edoardo Nesi, Ricuperati puntualizza: «In particolare il libro di Nesi è ascrivibile al genere 'memoir', genere talmente codificato che ha anche gli scaffali dedicati nelle librerie americane, e da decenni», e osserva che nella selezione del vincitore del premio Strega contino molto degli «equilibri fra case editrici», e che questo premio non sia poi determinante nell’analisi delle tendenze letterarie e soprattutto nella definizione della ricerca letteraria; tuttavia specifica:
Nesi è un autore pregevolissimo, a me L'età dell'oroera piaciuto molto. Questo 'memoir' lo trovo meno riuscito. Meno accurato. L'accuratezza stilistica è fondamentale nella letteratura seria, e Nesi certamente fa parte della letteratura seria.
Intervistato sulla propria attitudine alla scrittura, risponde:
Per me le influenze non passano dal lavoro certosino, ma attraverso intuizioni segrete, rispecchiamenti, dialoghi muti con le scintille che un'opera o un opus produce in te, quando ci pensi, quando la affronti, asistematicamente. Il lavoro sistematico, che ammiro moltissimo, non so come commentarlo perché non lo pratico. La mia mente vive di accelerazioni improvvise e interessi ricorsivi, che poi si concretizzano sul terreno accidentato delle ossessioni personali, e vengono salvate da una certa ambizione e da una domestica furbizia, o furbizia da domestica – quel tipo di lavoratrice che cerca di fare il meno possibile appena il padrone di casa chiude la porta e la lascia da sola in casa. Ecco – il mio padrone vorrebbe che fossi più sistematico, ma non lo conosco perché quando è qui gli volto sempre le spalle, rapito dalle farfalle e dai fiori pensili sul suo terrazzo.
E, riguardo al lavoro di editing sul testo, portato avanti con Martina Testa, Nicola Lagioia e Christian Raimo:
Si tratta – dal mio punto di vista – di angeli umani che credono ossessivamente nella giustizia letteraria, dunque nella letteratura, e nell'etica letteraria. Diversamente dagli altri due, Martina non pubblica romanzi o racconti, ma quando scrive in prima persona qualche articolo usa la stessa goniometrica intelligenza che applica al lavoro sul testo, o editing.
A questo punto, dall’editing si passa alla politica editoriale di minimum fax, che preferisce commissionare i testi piuttosto che vagliare i manoscritti.Credo che sia l'unico modo di sopravvivere in un ecosistema nel quale purtroppo gli aspiranti scrittori giganteggiano sullo sparuto manipolo dei lettori forti abituali. Credo che il lavoro editoriale sia innanzitutto un esercizio di fiuto – e il fiuto si esercita più o meno sistematicamente, ma non ci sono parametri. L'unico parametro è forse: ‘cosa mi verrebbe voglia di leggere DAVVERO?’, una domanda, ma applicata con furore sopratutto contro se stessi, contro i propri interessi. Perché l'interesse del catalogo, e dei lettori, presenti e futuri, dovrebbe essere una delle poche vere preoccupazioni sane di un editore.
Per riportare tutto al suo libro (e parafrasare Lagioia) gli chiediamo cosa preveda nella tendenza all'indebitamento, alla rateizzazione e alla truffa.
La tendenza all'indebitamento aumenterà; quella alla truffa rimarrà stabile su un livello alto, tipicamente italiano.
Come si è specializzato Ricuperati in campo economico?
Non sono specializzato. Sono curioso. Provo un interesse rapinoso, quasi compulsivo, nei confronti della scienza economica. Che non è così 'triste' come sembrerebbe. Sono un autodidatta. Quel poco che so – non solo in questo campo – è frutto di una curiosità ossessiva: la necessità di essere intrattenuto dalle aporie di un mondo che non capisci, e vuoi capire, vuoi cambiare, vuoi ammaestrare, o anche soltanto contemplare con lucidità, per poi chiudere gli occhi e passare ad Altro. Adesso sto lavorando a un profilo letterario, scritto cioè con una lingua letteraria, strumenti e struttura e stile, di Hans Ulrich Obrist. Curatore, intervistatore ossessivo, mentore e amico. Un omaggio vivente.
Grazie a Gianluigi Ricuperati, che ha «imbastito un appassionato racconto sul [suo] essere in bolletta in Occidente alla fine del XX secolo – sul nostro essere in bolletta».
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