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Può raccontare la sua esperienza nell’impresa prima di dedicarsi alla consulenza direzionale?Sono entrato in Fiat quasi casualmente, su segnalazione di un amico. Sono stato molto fortunato. Assegnato come assistente alla area di Sistemi Informativi dello ISVOR, una sorta di università di management che Umberto Agnelli aveva voluto fortemente, lavorai con (allora) giovani docenti quali Nino Lobianco (Telos), Richard Nolan e Dave Norton (Harvard Business School) e Giampio Bracchi (Politecnico di Milano). Fiat mi mandò a fare pratica in fabbrica e presso grandi produttori di computer. Dopo 6 anni di studio e stage desideravo entrare in linea, ma per motivi interni non fu possibile; così lasciai Fiat e dopo una parentesi come dirigente in una software house di Torino raggiunsi nel 1977 Vincenzo Monaci che aveva appena fondato Systems & Management (divenuta EDS Italia); dopo un anno eravamo oltre cento! S&M è stata una esperienza intensa, in cui dovevi imparare a fare tutto, da trovare un ufficio ad assumere il personale ed a tenere i conti. Monaci, venditore eccezionale e trascinatore straordinario, aveva posizionato in modo creativo S&M, proponendola come una azienda che abbinava un approccio strategico alla IT e una ingegneria di sistema, che oggi definiremmo “system integration”. Questo posizionamento distingueva S&M dalle software house di allora, che erano concentrare sui servizi di sviluppo del software.
Quali sono state le motivazioni che l’hanno indotta a lasciare l’impresa per dedicarsi alla consulenza direzionale prima in Telos Management e dopo in Deloitte Consulting Italia?Negli anni S&M si era più spinta verso la S (i Sistemi) e aveva un poco tralasciato la M (Management). Ho cercato quindi un lavoro di consulenza più vicino alla mia formazione. Sono entrato in Telos occupandomi della valutazione delle strategie e della struttura IT e partecipando poi a progetti sempre più ampi di fusione e riorganizzazione di strutture aziendali. La consulenza allora era stimolante; dovevi capire il cliente, capire il problema e progettare una soluzione bilanciata e fattibile. Inoltre, dovevi sostenere il tutto con metodi di rigorosi e benchmark. Ogni consulenza includeva quindi studio e ricerca e ti metteva a contatto con il vero top management delle aziende: amministratori delegati, direttori di produzione, direttori commerciali. Telos era posizionata su strategia/struttura ed era focalizzata sui sistemi di controllo di gestione e sulla progettazione delle strutture organizzative; McKinsey (allora) era posizionata sulla strategia pura. Spesso ci si incrociava. Intorno al 1995 Telos, come altre aziende italiane di consulenza, fu comprata da Deloitte. Passai perciò quasi automaticamente da un contesto di consulenza nazionale, anche se avevamo qualche progetto estero e si era fatto qualche approccio con una azienda di consulenza spagnola, ad un contesto multinazionale.
Può descriverci la sua esperienza nella consulenza direzionale nell’area delle telecomunicazioni e dei servizi informatici negli anni 70’ e 80’ per capire le diversità rispetto all’epoca attuale?Negli anni Settanta ed Ottanta i consulenti veri erano pochissimi. La consulenza IT consisteva ,infatti, in studi e ricerche che richiedevano un alto livello di committenza e una profonda e sistematica esperienza dei consulenti. La vera consulenza IT inizia secondo me negli anni Settanta. Nel 1974-75 Nolan introduce lo Stage Audit, uno degli approcci di maggiore successo alla consulenza direzionale sulla IT. Lo Stage Audit, che si basa sulla allora famosa teoria degli stadi, permette di misurare efficienza ed efficacia della IT aziendale da diversi punti di vista - spesa, tecnologia, struttura e risorse, meccanismi di pianificazione e controllo, portafoglio delle applicazioni. Esso risponde a due domande fondamentali del management di allora (e di ora): spendiamo troppo o troppo poco per la IT? Che cosa dobbiamo fare per migliorare la efficacia e/o la efficienza della nostra IT? La diagnosi dello Stage Audit può essere integrata da successive consulenze sulla attuazione della strategia scelta dal management. Questo filone strategico, caratterizzato da piccoli numeri, è gradualmente diventato appannaggio delle società di consulenza strategica come McKinsey o di aziende focalizzate sulla strategia organizzativa come la BIP fondata l’anno scorso da Lobianco.Un secondo filone di consulenza direzionale apparso in quegli anni è il BSP (Business Systems Planning), che consiste in uno studio per definire la strategia dei sistemi per una data azienda: il consulente, attraverso una serie di interviste cataloga i processi aziendali e definisce le informazioni che i processi utilizzano. Si tratta di una analisi dei requisiti informativi di alto livello, che genera un master plan, successivamente attuato da una serie di progetti. Questa forma di consulenza, complessa e di livello più ingegneristico, è continuata ed ampliata, alla fine degli anni Ottanta, dalla metodologia Information Engineering di James Martin. Su questo filone si sono posizionate le divisioni di consulenza delle grandi multinazionali di audit (KPMG, Andersen, Deloitte ed altre). Con la apparizione, negli anni Novanta, degli ERP e del BPR, questa consulenza si trasforma nella cosiddetta systems integration che continua ancora oggi, caratterizzata da grandi numeri e da competenze generiche e parcellizzate.Questa evoluzione è evidente nelle telecomunicazioni. Negli anni Ottanta le TLC usavano le software house e la consulenza direzionale. Con le privatizzazioni degli anni Novanta, sono nati i grandi master plan seguiti da enormi progetti di systems integration che hanno introdotto sistemi CRM, sistemi di bollettazione in tempo reale per i clienti e sistemi ERP per il funzionamento interno. La progettazione e la realizzazione di questi sistemi è in larga parte affidate a società di systems integration. In sintesi, questa consulenza si è trasformata in una sorta di partnership fra multinazionale della consulenza ed operatore TLC.
Negli anni 90’ l’informatica e le tecnologie della comunicazione hanno trasformato la struttura organizzativa delle grandi multinazionali della consulenza direzionale (definite system integrator) e l’offerta di consulenza sempre più integrata con le tecnologie ICT. Può spiegare questo cambiamento, i contenuti dell’offerta di consulenza di queste società ed il ruolo strategico assunto dalla tecnologia dell’informazione nella consulenza di direzione? I package integrati (ERP dal 1993 e CRM dal 1995) hanno globalizzato la gestione delle grandi MNC: dovunque nel mondo hai lo stesso sistema di gestione degli ordini, di pianificazione della produzione e di contabilità; inoltre il dato è unico in tutta la azienda. In altri termini i sistemi ERP sono condizione quasi sine qua non per la globalizzazione. Analogamente i CRM sono accorciano i tempi e abbattono i costi di contatto fra azienda e cliente, divenendo un “must competitivo”. L’affermazione di package integrati ha aumentato la richiesta di competenze generiche di analisi e di gestione dei progetti; inoltre i progetti mondiali attuati da Pirelli, BMW, GM ecc. hanno richiesto e richiedono società di consulenza globali e multinazionali. La globalità e scala della domanda hanno quindi determinato globalità e industrializzazione della offerta. L’oggetto della domanda - le competenze generiche - ha favorito le competenze consulenziali di “information engineering” invece delle competenze di sviluppo del software. Il consulente usa cioè un manuale che decrive la procedura di riferimento e personalizza conseguentemente il package senza dovere addentarsi nello sviluppo di sistemi software ad hoc. Il consulente deve quindi conoscere bene il package e seguire un metodo, ma l’esperienza e la innovazione non sono necessarie.
Alcune società (PWC, Ernst & Young, KPMG) hanno ceduto la consulenza di direzione a società informatiche. Tali eventi sono avvenuti in conseguenza alla crisi del settore della consulenza direzionale o al ridimensionamento della domanda di tecnologie dell’informazione?La consulenza che Lei cita è detta molto impropriamente “consulenza di direzione” ma è systems integration od analisi dei requisiti informativi. Il mercato ERP e CRM delle grandi MNC è maturo; grande parte dei ricavi degli stessi produttori software non vengono da vendite nette ma da attività di post-vendita od aggiornamento. La frontiera della innovazione passa per tecnologie diverse da quelle ormai consolidate dei sistemi ERP o CRM. PWC ed altri hanno ceduto rami di azienda che non avevano prospettive di redditività e che avevano sviluppato competenze ormai lontane dalla consulenza direzionale vera o dai servizi di audit.
L’introduzione dei sistemi ERP è stata accompagnata da lamentele ed insoddisfazioni per l’effetto negativo sul cambiamento rispetto alti costi sostenuti dalle imprese? Quali sono i motivi di queste reazioni? Può descrivere i rapporti tra l’introduzione di sistemi ERP, il change management, l’innovazione dei processi e la riduzione dei costi dell’impresa?La introduzione degli ERP e dei CRM è controversa. Le caratteristiche fondamentali degli ERP - la unicità delle informazione, la modularità e la prescrittività dei comportamenti - sono necessarie per la globalizzazione ma possono indurre reazioni forti degli addetti operativi. Estremizzando un poco, non è il sistema ERP che si adatta alla azienda, ma è la azienda che si adatta al sistema ERP. I package integrati incorporano infatti una logica gestionale. Per esempio, in un classico sistema ERP, il ricevimento dei materiali presuppone un ordine al fornitore: un materiale non entra in azienda se non è stato ordinato e non può essere ordinato se non è stato richiesto da un ente aziendale autorizzato. Il software quindi norma il comportamento degli addetti. Certamente, il cambiamento non sempre è gradito dagli addetti operativi. Inoltre lo ERP è spesso usato per razionalizzare attività di amministrazione, centralizzandole e sopprimendo uffici locali, secondo il modello organizzativo tipico della globalizzazione. Anche questo cambiamento non sempre è benvenuto per gli addetti. In generale, il successo o l’insuccesso degli ERP dipende da come è condotto il cambiamento (change management); i fallimenti sono numerosi. Non parlerei proprio di innovazione ma di standardizzazione dei processi su un modello predefinito, che è incorporato nel software del package integrato e/o nei manualoni delle società di systems integration. La riduzione dei costi è argomento ancora più controverso. Scrivendo un articolo proprio su questo argomento, ho paragonato varie ricerche. Risulta che gli ERP hanno dato al management vantaggi unanimemente riconosciuti, aumentandone la capacità di governo; analogamente i CRM hanno dato vantaggi ai clienti diminuendo tempi e costi della interazione con la impresa; la riduzione dei costi dei processi non amministrativi è invece limitata.
Come vede in prospettiva l’offerta di consulenza integrata con la tecnologia dell’informazione? Forse occorre un’offerta più personalizzata al cliente e meno standardizzata?La consulenza dovrebbe tornare a scuola a ristudiare l’azienda e i suoi processi. La consulenza dovrebbe proporre una innovazione organizzativa e sostenibile nel tempo. I sistemi ERP hanno razionalizzato le attività a basso valore, hanno dato più potere al management ma non hanno innovato il modo di funzionare della azienda. I sistemi CRM hanno innovato il modo con cui il cliente si rapporta alla azienda, diminuendo costi di transazione del cliente, quindi con un beneficio economico vero. Tuttavia la innovazione CRM si ferma al contatto. Il retrobottega (o per dirla in modo gergale, il backoffice) non cambia e le prestazioni della azienda nel rispondere al cliente restano antiquate. Per esempio, nello e-government, puoi richiedere via web i permessi per costruire una casa, ma l’ iter di approvazione resta quello di prima. La vera innovazione richiede di riprogettare i processi per ottenere prestazioni superiori verso tutti gli stakeholder, verso il management, per garantire la sostenibilità economica, verso gli addetti del processo, per assicurare la eseguibilità, verso il cliente, per ottenere la competitività. Occorre quindi una nuova ingegneria dei processi che sostituisca la ormai obsoleta ma non sostituita organizzazione del lavoro inventata da Taylor e Ford per la epoca delle tecnologie meccaniche. Incidentalmente questa è proprio la area della mia ricerca. Occorre inoltre avere moduli software che possono essere combinati a piacimento come in un Lego. Oggi invece le suite software sono quasi monolitiche ed incorporano logiche di processo antiquate. Una certa evoluzione in questa direzione è data dalle cosiddette tecnologie BPM (Business Process Management), ma siamo ancora a stadi molto iniziali.
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