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Intervista a Giuseppe Isoni

Creato il 03 ottobre 2011 da Temperamente

Intervista a Giuseppe IsoniEcco l’intervista a Giuseppe Isoni, giovane autore di Red Hyding Hood, sua prima opera, recensito qui.

Hai scritto Red Hyding Hood, la storia capovolta e riscritta di Cappuccetto Rosso. La domanda è d’obbligo qual era la tua favola preferita da bambino?
Quella del drago Rosso, del drago Verde e del drago Nero. Non è una favola “ufficiale”. Ne parlo anche nel romanzo, mio padre la raccontava ogni notte e ogni notte variava. Stessi personaggi, trama diversa. Che poi è un po’ quel che succede con Cappuccetto Rosso nel mio Red Hyding Hood.
La tua opera prima è enciclopedica, sei un pozzo di citazioni cinematografiche e letterarie, cosa che hai in comune con la protagonista, cui fai recitare e mescolare pezzi di Shakespeare, della Bibbia, della Divina Commedia, e altre opere ancora. Si suppone che possiedi una solida cultura umanistica di fondo….
Ho cercato di mettere tutto me stesso in questo volume. Le mie conoscenze, le mie passioni, dal Cinema al Fumetto. Dalla letteratura ai miti classici. Questi tipi di omaggi erano molto usuali nei romanzi antichi render merito, citando, ad un opera o ad un autore era un passaggio quasi doveroso, soprattutto se si andava a trattare un argomento comune. Ad esempio Stevenson ne “lo Strano caso del Dr. Jeckyll e il Sig. Hyde”, per descrivere quest’ultimo, costruiva frasi in modo che ricordassero indubitabilmente il modo in cui Shakespeare ci descriveva il Macbeth, tormentato dal rimorso e dalla colpa. È come se fossero linee guida più o meno nascoste che vogliono parlare – tacitamente – al lettore, comunicandogli qualcosa che magari narrativamente non è pronto ancora a comprendere, e al tempo stesso, queste linee guida, vogliono inquadrare l’opera in un determinato filone letterario.
Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
Tre anni e mezzo. Quasi un’odissea.
I refusi, più o meno costanti per tutto il libro e sicuramente più abbondanti nell’ultima parte, sono un espediente letterario per rendere il lettore più partecipe emotivamente e indurlo contemporaneamente alla riflessione. Di chi è stata questa idea? E da dove è venuta?
I refusi e le altre trovate stilistiche, assieme alla favola dei Grimm, sono state le fondamenta dalle quali ho costruito il progetto RHH. Quel che ho cercato di fare, è stato di scrivere un romanzo che fosse grafico. Viviamo in un mondo dominato dall’immagine. La mia speranza è di riuscire ad avvicinare la letteratura alle altre forme d’arte della narrazione. Le onomatopee con font da fumetto, la rappresentazione visiva dei flashback, la caratterizzazione dei pensieri della protagonista con i corsivi, sono tutti espedienti che spero rendano il mio romanzo una storia non solo da leggere, ma da vedere e vivere.
Nel tuo romanzo ci sono morti, lupi, dei, maniaci, poliziotti e federali, suore, croci, mostri e zingari. L’unico bacio da te descritto scocca per motivi non proprio passionali. E questo nonostante la forte attrazione che la protagonista sente verso il cacciatore. Perché questa scelta?
RHH è un romanzo sul doppio, sul rapporto con la parte oscura che ognuno di noi si trascina dentro. L’idea nell’immaginario collettivo del lupo celato sotto le vesti della nonna è già di per sé una perfetta metafora. L’aggiunta dei licantropi la valorizza ancor di più. Sin dalla scelta del titolo ho cercato di rimarcare questo aspetto. Ho sostituito il RIDING originale con HYDING, cercando di richiamare il verbo inglese to hyde, nascondere. Per quanto riguarda il bacio e l’amore più in generale, diciamo che ho voluto che in qualche modo anche questo fosse… doppio, come tutto in RHH.
Da dove proviene la teoria delle sigarette come rappresentazione materica del mostro Idra?

Dal mio essere non-fumatore convinto e dal mio vedere le cose mai semplicemente per quello che sono. Penso che la scena della morte di Eracle possa render bene il concetto di… destino.
In tema di letteratura dell’orrore, quali sono i tuoi idoli – a parte l’ovvio Stevenson?
Adoro il Dracula di Stoker, non apprezzo molto Mary Shelley, ho sempre considerato Poe un visionario nato almeno un secolo in anticipo e rimango tutt’ora stupito dalla quantità di idee geniali di cui è zeppa la mente Stephen King. Per il resto, a parte quest’ultimo, non vado pazzo per nessun autore di genere moderno. Sono un romantico, trovo la letteratura pre 1940 di un’altra categoria.
Leggendo Red Hyding Hood ogni tanto sembra di star vedendo un film – per la velocità dell’azione, i dialoghi dei personaggi, i segni grafici e le dissolvenze nelle pagine. Se il tuo libro diventasse un film chi ti piacerebbe che fosse il regista?
Bestemmierei se dicessi Tarantino, anche se indubbiamente – vista anche l’innumerevole quantità di volte in cui cito lui e le sue opere – sarebbe il massimo per me. Il più adatto comunque penso possa essere Robert Rodriguez, per il suo saper essere sopra le righe in maniera esilarante, mai stucchevole o disgustosa.


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