Qual è la genesi di brutta storia?
Brutta storia è nato subito, senza gestazione. Così. Strappato dal mio cervello e costretto a camminare quando era ancora insanguinato. Ero in un parco di Granada, in mezzo a gitane che volevano leggermi le mani mentre cercavo di riprendermi dalla sera prima.
All’inizio pensavo fosse un racconto, perché la storia non era così lungimirante. Poi le cose non sono andate così diversamente, in fondo. Ma Brutta storia deve essere raccontato così, in modo rapido, come un colpo di fucile: ferisce e sanguini, e dopo un po’ è tutto finito.
L’idea all’origine era di affiancare al protagonista un complice. Allora mi sono messo nei suoi panni e ho pensato a chi tra le mie conoscenze avrebbe potuto esserlo. Ecco perché, alla fine, lui è sempre solo. Nessuno sarebbe stato in grado di starmi (e stargli) vicino in quelle occasioni. Meglio soli… dice il proverbio. Ma a dir il vero, tutti coloro che conosco sono presenti nel romanzo: sono il protagonista, siamo il protagonista.
Perché hai deciso di affrontare la periferia di Roma?
Innanzitutto perché io non abito a Roma, non la vivo molto e né vorrei farlo. In secondo luogo perché la periferia spesso diventa il centro di un altro mondo: quello degli immigrati, dei reietti, degli emarginati, dei poveri sfigati che non arrivano a fine mese e di tutti coloro che, per scelta o per costrizione, vivono sulla scia della Capitale. Ed è quello il mondo che mi interessa: di pariolini fighetti e saccenti professionisti me ne frego, così come di eroi e dei. Tra luce e ombra, mi interessa il grigio, la penombra, il chiaroscuro. È lì che si compie la vita.
Ci potresti dire quanto tempo è passato dalla stesura delle prime righe alla pubblicazione presso Round Robin Editrice, spiegandoci le diverse fasi?
Brutta storia lo scrissi mentre ero in Spagna: iniziai a febbraio 2010. L’ho dato all’Agenzia Letteraria Sul Romanzo a metà dicembre del 2010 e neanche due mesi dopo mi hanno scritto dicendo che era piaciuto. Il mese seguente, quindi marzo 2011, mi aveva già trovato l’editore. Ho parlato con Stefano Milani, il libro gli era piaciuto. E se piaceva a lui…
Da quel momento abbiamo cominciato a punzecchiare il culo di questo dinosauro lento e rincoglionito che si chiama sistema editoriale. Un anno dopo avevo il libro stampato e fresco in mano; anche se c’è un cesso in copertina.
Quali sono stati i tuoi scrittori ispiratori?
Mi piacerebbe scrivere un elenco di scrittori, famosi eh. E poi magari partire con citazioni e elucubrazioni di genere letterario. Ma di cazzate ne scrivo tante nei miei libri, quindi per una volta vorrei fare il serio. Di scrittori che mi hanno ispirato ce ne sono decine e decine; ma non direttamente, diciamo che hanno contribuito a creare quel fondo letterario che vive in me. Un po’ come quando si fa il fondo per il coniglio alla cacciatora: si fanno arrostire le ossa in una pentola e si aggiunge vino e farina. Poi viene fuori una salsa densa e scura: quello è il fondo.
Ecco, le parole di molti scrittori hanno fatto un fondo dentro me. Quasi fosse una lettiera di carta.
Se una persona ti chiedesse la ragione per la quale leggere brutta storia, che cosa diresti?
Perché l’ho scritto io, ovviamente. Poi, parlando seriamente, glielo ripeterei. Io leggerei un libro scritto da uno come me, sarei curioso.
Ma a parte questo, Brutta storia andrebbe letto perché è la storia di tutti, è una panoramica di come spesso vanno le cose. Anche io non me ne rendevo conto: poi come una bottigliata alla nuca in una sera ubriaca mi è arrivata la consapevolezza che le cose vanno in quel modo. E allora l’ho scritto.
Che libro hai nel comodino in questo periodo?
A parte quel paio di libri a settimana che devo leggere per lavoro intendi? Ho appena finito di leggere La strada di Cormac McCarthy, consigliato da un autore che ho curato e a cui tengo molto (che sicuramente conoscerete a breve). Per il resto, amo i libri non scontati, che ti prendono a pugni lo stomaco. Quelli che non hanno una fine soprattutto, non perché odio le cose che finiscono, ma non credo nella logica dell’inizio e della fine. Non credo alle linee. Credo al cerchio.
Qualche consiglio per chi desidera esordire con un romanzo.
Rendetevi innanzitutto conto che una volta scritto qualcosa rimane lì. Fermo. Quindi se vi sputtanate, sono affari vostri!
Dopodiché gli direi di scrivere e non pensare. Non impaginare, non fare paragrafi, non pensare agli editori, alla pubblicazione e a tutte le menate che vengono dopo.
Ascoltati e scrivi! Butta giù tutto. Una volta finito, raccogli solamente quello che ti serve. Non sottovalutare mai il lettore, ma non sopravvalutarlo nemmeno, di questi tempi.
Pensa che quello che hai da dire non frega un cazzo a nessuno. Ma scrivilo perché è giusto così. A qualcuno servirà. E se anche fosse solo una persona, vale comunque la pena.
Un’ultima cosa: non scrivere per soldi. Hai toppato alla grande altrimenti.
Jacopo Lubich è nato a Frascati (RM) nel 1983. Ha studiato tanto e poi ha messo in tasca il tutto. Ora lavora come Responsabile dei servizi editoriali per l’Agenzia il Segnalibro. Ha pubblicato svariati racconti e articoli. Nel 2012 ha esordito con il suo primo romanzo: “Brutta storia” (Round Robin editrice).
Media: Scegli un punteggio12345 Il tuo voto: Nessuno Media: 4 (1 vote)