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Intervista a Leonora Sartori

Creato il 22 dicembre 2011 da Temperamente

Intervista a Leonora Sartoridi Angela Liuzzi                                                                                                                  *

Ha esordito con La forma incerta dei sogni, edito da Piemme, e oggi è ospite del salotto letterario virtuale di Temperamente. Stiamo parlando di Leonora Sartori, trentenne vicentina, che vogliamo conoscere meglio ponendole qualche domanda sul suo romanzo e su di sé.

L’idea del romanzo è nata all’improvviso, oppure l’hai maturata lentamente, al ritorno dal viaggio in Sudafrica del 2004?

È nata durante il viaggio stesso. Ero partita con carta penna e registratore e al ritorno sapevo che tutto quel materiale non doveva essere lasciato a se stesso, era carico di senso come una pistola pronta ad esplodere un colpo. Sentivo una sorta di senso di responsabilità verso le persone che avevo incontrato. Ed è ache stato un modo per mettere in ordine le idee e le emozioni.

Sei giornalista per D la Repubblica e prima del romanzo avevi già scritto i testi per Ustica, scenari di guerra: qual è e come è cambiato nel corso del tempo il tuo rapporto con la scrittura? Nel romanzo, tra l’altro, fai riferimento a un classico della letteratura per ragazzi, La storia infinita, che la piccola Leo adora: quanto è importante per te la lettura, in funzione della scrittura?

Gli scrittori sono prima di tutto dei lettori, insoddisfatti dei libri che leggono o affascinati al punto da voler tentare di raccontare una storia a loro vicina e che gli assomigli. Sceneggiatura e scrittura sono abbastanza diverse per me, richiedono abilità e parti di cervello diverso. La sceneggiatura è un lavoro di squadra, anche quella per fumetti, la scrittura di libri è un lavoro solitario a tu per tu con se stessi e le proprie paure.

Sul tuo sito (mysharpeville.it) ti descrivi come «amante delle persone coraggiose, delle tazze di tè e delle urla di battaglia». È un riflesso dell’impegno politico e umanitario dei tuoi genitori, cui dedichi parecchio spazio nel romanzo?

Direi di no. E mentirei. Tutti noi siamo ovviamente il frutto delle persone con cui siamo cresciuti. Direi che, nell’ordine, le persone coraggiose sono il riflesso di: catechismo, gesù che fa i miracoli, film fantasy, i goonies, etica familiare. Le tazze di tè, no, quelle sono tutte mie, passione assolutamente personale. Le urla di battaglia nascono da: giochi rocamboleschi durante l’infanzia, sport adrenalicini, teatrodanza, saltuarie presenze nei cori, malcelati geni di gengis khan nelle vene.

Nel romanzo racconti del rapporto conflittuale della piccola Leo con le manifestazioni, i cortei, le mostre, gli adesivi sulla non violenza: tutte cose distanti, insensate per una bambina che la domenica mattina voleva solo dormire un po’ di più. Hai risolto il “conflitto” con il viaggio in Sudafrica, quando hai conosciuto di persona alcuni dei “Sei di Sharpeville” (Fransis era già marto per un attacco cardiaco). Cosa speravi di trovare e cosa, poi, hai effettivamente trovato?

Non avevo aspettative ma non avrei comunque saputo aspettarmi quello che ho trovato. Era tutto diverso, nuovo, difficile e profondo.

È importante, secondo te, che la letteratura dia spazio a temi impegnati?

È importante che gli scrittori ascoltino anche le voci che arrivano da fuori, non solo la propria. È importante che tutti siano impegnati, non solo la letteratura. Oggi più che mai.

La forma incerta dei sogni è un titolo che può trarre in inganno: senza leggere la quarta di copertina, difficilmente si può pensare che il romanzo tratti un tema così importante come quello dell’apartheid. Come mai questa scelta?

In questa scelta c’è molto dell’editore che ha preferito questo titolo ad altri proposti. Basti pensare che l’edizione francese di Liana Levi ha un titolo completamente diverso, l’autocollant, l’adesivo.

Leo, il nome della protagonista, è un evidente diminutivo di Leonora. Leggendo il romanzo, tra l’altro, si ha la netta percezione che la storia sia autobiografica: quanto c’è di vero in questa affermazione?

Gli spunti sono molto autobiografici. Ho iniziato raccontando la storia che conoscevo più da vicino, la mia e quella della mia famiglia, per farla diventare un romanzo.

Per concludere, vorrei chiederti se c’è un nuovo romanzo in cantiere.

C’è. Ed è molto bello, anche perché è nato insieme alla mia bambina, rita che ora ha otto mesi.

Ringraziamo Leonora Sartori per la disponibilità, facendole un grosso in bocca al lupo per il suo nuovo progetto.
Vi rimandiamo, inoltre, al
sito dell’autrice e al booktrailer del romanzo.

* Foto realizzata da Giacomo Cosua per la fondazione Claudio Buziol


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