La forma incerta dei sogni. PIEMME
Leonora Sartori, bella trentenne di Vicenza, giornalista per “D la Repubblica”. Vive a Milano, va a lavoro con una bicicletta rossa. Nel 2007 ha scritto i testi di Ustica, un fumetto dedicato alla strage omonima, pubblicato da BeccoGiallo. “La forma incerta dei sogni” è il suo primo romanzo, edito da PIEMME.
La protagonista del tuo romanzo è una bambina di nome Leo, che ha sette anni. Il nome richiama il tuo (Leonora), è una strana coincidenza, oppure la storia è po’ “autobiografica”?
La partenza e l’ispirazione del libro sono molto autobiografici. Trovano un posto d’onore i membri della mia famiglia, ed io stessa, in veste di bambina di sette anni. Ogni volta però che ci si racconta si parte da qualcosa di personale e nel farlo si diventa un’altra cosa.
La bambina sogna un’infanzia “normale”, come leggere Topolino, ascoltare la canzone de “La storia infinita”, avere due genitori presenti e premurosi, e invece?
Leo fa tutte queste cose, ma il suo mondo ordinato di bambina, viene spesso messo in crisi dai genitori che la portano a manifestazioni di protesta per le cause più diverse, contro l’apartheid in Sudafrica, o contro i pesticidi. Leo non capisce, rimane in disparte e osserva i grandi darsi da fare, cantare e imbracciare manifesti per Paesi lontani che sono fuori dal suo piccolo mondo perfetto e all’inizio disturbano solo il tranquillo incedere nel mondo.
Che rappresentano per i genitori di Leo, Martin Luther King, Nelson Mandela? E che rappresentano invece per Leo?
Sono eroi, miti veri e propri, degni di mobilitazione, attenzione e venerazione dell’immagine. Le facce degli attivisti sudafricani ad esempio diventano una sorta di santini attaccati a manifesti o volantini che girano per casa. Nell’immaginario di Leo si mescolano ad altri perosnaggi mitici della sua infanzia e dei cartoni animati. Si crea così nella testa della protagonista un fanta-mondo un po’ strano dove Kiss me Licia dialoga con Nelson Mandela.
Un elemento curioso e al tempo stesso significativo, direi la chiave del romanzo dal quale parte il c.d. “viaggio”, è un adesivo arancione, anzi tanti adesivi, tutti uguali, appiccicati ovunque. Che figure c’erano disegnate su questi adesivi, e cosa c’era scritto?
Gli adesivi negli anni 80 erano un vero mezzo di comunicazione che spaziava dalle proteste al mondo leggero dei bambini. Tra i diversi adesivi di protesta che popolano la cassettiera di Leo, ci sono i puffi, magica Crimey e altri che arrivano dai genitori, come quello “No nuclear power“: una testa – un voto per elezioni democratiche, o quello, determinante per il viaggio che compirà da grande: “Salviamo i sei di Sharpeville“, particolarmente efficace perché arancione fosforescente e con cinque uomini e una donna di spalle con le mani legate. L’adesivo, realmente esistito, era disegnato da Crepax. Si può vedere sul sitowww.mysharpeville.it
Chi sono i sei di Sharpeville?
Sei residenti della Township nera di Sharpeville, 80 km da Johannesburg, condannati a morte quasi senza prove per aver partecipato ad una manifestazione di massa in cui la folla aveva ucciso il console governativo Dlamini. I sei, appunto, cinque uomini e una donna, erano giovani tra il 25 e i 32 anni, rimasero nel braccio della morte per diversi anni fino a che, ad inizio anni novanta, vennero liberati, grazie, anche, alle pressioni di molte Organizzazioni internazionali.
Quindi, a un certo punto, Leo decide di scoprire chi sono i sei di Sharpeville e vola in Sud Africa, giusto? Ormai è cresciuta. E’ abbastanza matura. Ha vent’anni. E Cosa scopre?
Scopre eroi involontari ancora segnati dagli anni passati nel braccio della morte dove giornalmente il tuo vicino di cella può essere impiccato. Un Paese travagliato e tragicomico con qualcosa di grandioso ancora nascosto sotto pesanti macerie.
E per Leonora Sartori quindi, esistono o non esistono gli eroi? Chi sono gli eroi?
Quello che ho capito è proprio che non si può rispondere a priori a questa domanda facendo una lista di caratteristiche necessarie per essere eroe o non esserlo affatto. La vita a volte decide per noi e trasforma persone apparentemente normali in guerrieri coraggiosi. Il concetto di eroe è democratico. Lo siamo tutti. Potenzialmente.
Direttamente dal titolo del libro: “La forma incerta dei sogni”, il domandone finale che ti avranno fatto e che ti aspetterai sicuramente dovrebbe essere il banalissimo quesito: “Che forma hanno per te i sogni?”, ma la mia domanda è diversa: “Per te i sogni sono una finta rappresentazione della realtà? O, altrimenti, cosa rappresentano?”. E poi ancora, una domanda alla Marzullo: “I sogni, in questo caso, nella posizione di Leo, aiutano a vivere meglio oppure sono distruttivi?”
I sogni sono cibo per la realtà, che a volte necessita di trasfigurazione e interpretazione per non diventare un piatto reality di noi stessi. Allo stesso tempo, però, meglio non far diventare i nostri sogni lo schema e la griglia per interpretare la realtà che ci circonda, altrimenti rischiamo di perderci dei pezzi, dei lati inaspettati, delle piccole sorprese, che spesso arrivano proprio dalle eccezioni inattese alle nostre sovrastrutture.
Grazie mille e in bocca al lupo.
Ps: consiglio a tutti di acquistare il libro, e di visitare la pagina internet dove potete trovare info sull’autrice e vedere il book trailer del romanzo: http://www.mysharpeville.it/index2.html